Beni comuni

TTFF 2023: attivismo ambientale, resistenza e resilienza protagoniste

18 Ottobre 2023

In un’epoca della storia umana divisa tra il proliferare di conflitti ed una rincorsa sempre più folle al profitto economico a tutti i costi, la necessità di un pacifismo pragmatico, di coesione sociale e di attivismo ambientale appaiono quanto mai urgenti. È necessario ribadire che un altro mondo non solo è possibile, ma è urgentemente necessario, perlomeno se vogliamo permanere come genere umano sulla Terra.
Il Terra di Tutti Film Festival, la cui XVII edizione si è appena conclusa a Bologna, porta alla ribalta tutto questo. Lo fa attraverso documentari e docufilm, mostre e dibattiti, che sono comunque la rappresentazione di esperienze virtuose, sempre più frequenti, ma non abbastanza frequenti.
Per poter rendere più consapevoli le scelte politiche e le scelte di consumo dei cittadini, è indispensabile fornire una informazione rigorosa, scientificamente corretta e scevra dagli asservimenti al potere, sia esso economico o politico.
Tra le 23 opere in concorso, l’Illusione dell’abbondanza (The illusion of abundance) e la Terra mi tiene, hanno rappresentato in modo poetico ed efficace, esperienze di cura dell’ambiente e del patrimonio naturale, difesa dei saperi, dei valori locali e tradizionali e difesa dei diritti civili, senza cadere in un mood nostalgico rassegnato.
The illusion of abundance, dei registi Erika Gonzalez Ramirez e Matthieu Lietaert, presenta tre storie di resistenza e di attivismo ambientale, tratte da altrettanti paesi dell’America Latina. Dal Perù, al Brasile e all’Honduras la difesa dell’ambiente è guidata da tre donne coraggiose che hanno presidiato la propria terra, denunciato crimini ambientali e disastri che hanno causato la morte di centinaia di persone, mettendo a rischio la propria stessa vita. Carolina in Brasile denuncia non solo la Vale, la terza impresa brasiliana per fatturato, ma anche l’anglo-australiana BHP e persino la TUV South, per il disastro della diga di Brumadinho, nello stato di Mina Gerais, dove persero la vita 272 persone. Il collasso di questo invaso, contenente le tossiche acque reflue dell’attività estrattiva, che seguì di 4 anni un incidente simile accaduto alla diga mineraria di Mariana, è ancora più paradossale in quanto la stabilità e sicurezza dell’invaso era appena stata certificata dalla TUV South, filiale Latino Americana della celebre azienda di certificazione tedesca. Carolina, Maxima e Bertha, tre donne coraggiose che si spingono a portare la propria denuncia presso le più alte istituzioni, dalle sedi parlamentari dei rispettivi paesi, alle istituzioni dei paesi in cui hanno sede le aziende corresponsabili di questi disastri.

Di tutt’altro registro è la storia narrata da Sara Manisera, una storia che narra delle nostre radici più profonde, quelle di un passato rurale e povero, così impresentabile nel luccicante mondo dei consumi, ma dal quale è necessario trarre ispirazione per andare verso una pacificazione tra l’uomo ed il pianeta che lo ospita. Un termine ormai abusato e forse banalizzato come “sostenibilità” fa rima e spesso corrisponde nel significato a “sobrietà”. Nella Terra mi tiene c’è posto per la memoria, lucida e non nostalgica, della nonna della regista, ma anche per il progetto di “restanza” della famiglia di Ivan, che dopo aver conosciuto il “mondo altro” ha deciso che fosse utile, necessario tornare, anche per non far morire quei saperi e quel patrimonio di diversità, dai quali ci sarà sempre più bisogno di attingere anche in futuro.

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