Beni comuni
Greenwashing Cinese e l’ipocrisia dei media
Da alcuni giorni a questa parte passa su alcune reti televisive uno spot che lascia un po’ perplessi in quanto non si capisce in prima battuta che cosa pubblicizzi. Si parla di città-giardino, di impegno per l’ambiente, di soluzioni avveniristiche.
Poi anche alla radio viene presentata, con maggiori dettagli, la notizia relativa a Dongguan, città pluripremiata ed esempio concreto di sostenibilità ambientale. Si fa riferimento ad un concorso di idee rivolto ai giovani che sapranno proporre delle “visioni”, su come potrà essere Dongguan nel futuro.
Ciò che più mi sorprende in questa vicenda di greenwashing cinese, dai toni trionfalistici, è l’ipocrisia (o miopia) con la quale alcuni media del nostro paese si prostrano servilmente alla manifattura del mondo.
Sarà forse che al paese che più inquina il pianeta, che si è detto impossibilitato a mettere il freno alle
crescenti emissioni di gas serra prima del 2030, non possa bastare uno specchietto per le allodole per rifarsi la coscienza?
La Cina, alla quale piace vincere facile, dopo aver colonizzato i vertici delle principali organizzazioni internazionali, si fa elargire dagli stessi riconoscimenti altrettanto internazionali.
Ma i giornalisti, i conduttori che si prodigano negli elogi di questo esempio e di questa iniziativa, non sono al corrente dell’esponenziale crescita degli impatti ambientali che la Cina sta producendo dentro e fuori il proprio territorio? Dal land grabbing in giro per il mondo, alla deforestazione causata dalle importazioni di soia, dalla continua crescita delle centrali a carbone, al cotone dello Xinjiang.
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