Beni comuni
Cambiamento climatico e protezione sociale sono in cima ai pensieri dei giovani
Quali sono i temi di cui si preoccupano maggiormente gli europei? Quanta fiducia hanno i giovani nel futuro?
Ambiente e sicurezza sociale sono alcune delle questioni più urgenti da affrontare. Un gruppo di ricerca chiamato Europe’sStories, che vede coinvolti St Antony’s College e University of Oxford, ha condotto un sondaggio proprio su questi due temi. Lo ha fatto tra il 5 e il 25 marzo di quest’anno su un campione di circa 12 mila persone di età compresa tra 16 e 69 anni che vivono negli Stati membri dell’Ue più il Regno Unito. I risultati sono stati spiegati in un lungo articolo che porta la firma di Timothy GartonAsh, docente all’Università di Oxford e che proprio lì dirige il progetto di ricerca Europe’s Stories e Antonia Zimmermann del St Antony’s College.
Le domande si dividono in due serie, la prima riguarda il cambiamento climatico e la seconda, lavoro e protezione sociale. Partiamo dal primo. La maggior parte degli europei pensa che l’ambiente non possa più aspettare e che i cambiamenti climatici richiedano azioni veloci. In particolare, gli abitanti del vecchio continente ritengono che le emissioni di carbonio debbano essere ridotte molto più di quanto indicato a livello comunitario. Agli intervistati è stato chiesto di indicare chi, tra individui, imprese, istituzioni locali, governi nazionali, Unione europea o istituzioni internazionali, debba assumersi la responsabilità di affrontare questo tema. Ebbene, dal sondaggio emerge che la scelta ricade sui governi nazionali, poi sull’UE e via via su altri soggetti. Si tratta di risposte più o meno omogenee per tutte le fasce d’età. Il 35% dei cittadini europei è disposto a rinunciare a un volo non necessario e un quarto a rinunciare a veicoli a benzina o diesel ma solo il 6% sarebbe disposto a cambiare le proprie abitudini alimentari pur di incidere positivamente sull’ambiente. Fondamentale poi sono ritenuti l’investimento sulle fonti energetiche rinnovabili e la riconversione industriale. Uno dei dati più sorprendenti però è quel 53% di giovani che afferma di averepiù fiducia in uno Stato autoritario rispetto a una democrazia per gestire la crisi climatica. Solo il 35% di chi è più in là con gli anni la pensa allo stesso modo.
Non ci sono differenze d’età, invece, nel ritenere positivo un sussidio di base. Valuta infatti con favore l’introduzione di un reddito di base il 71% degli europei di età compresa tra 16 e 29 anni, la stessa percentuale di chi ha tra 30 e 49 anni e il 70% di chi ha tra 50 e 69 anni. Per quale motivo si rischia di perdere il lavoro? Innanzitutto a causa di una crisi finanziaria, di una crescita economica non sufficiente o di una recessione. In particolare, le giovani generazioni temono una crisi finanziaria seguita dalla disuguaglianza. Per chi ha più anni di esperienza sulle proprie spalle, le motivazioni sono simili ma in più c’è l’immigrazione. Eppure i giovani sono ottimisti sulle proprie prospettive di lavoro, lo è il 66% di chi ha tra 16 e 29 anni. Lo studio è stato condotto a marzo e gli effetti drammatici della diffusione del coronavirus non si erano ancora palesati in maniera evidente ed omogenea. Sarebbe interessante capire se e come cambiano ora quelle stesse risposte. Ad esempio in Italia, proprio alla luce del periodo difficile che stiamo vivendo, i giovani sembrano essere molto sfiduciati e disillusi.
Comin&Partners, in collaborazione con IZI, ha sottoposto alcune domande a un campione di 1009 persone di età compresa tra 18 e 40 anni. Oltre il 52% è pessimista sul futuro a causa della situazione economica scaturita dalla diffusione del coronavirus. Solo il 20% è ottimista. In particolare si teme una minore retribuzione o, addirittura, la disoccupazione.
Anche oltremanica le opinioni delle persone sono notevolmente cambiate durante la pandemia e persino sulle misure adottate proprio per contenere il contagio. Basti pensare che, come riportato dal Guardian, solo il 23% degli inglesi sarebbe favorevole a una ripartenza di economia e imprese anche a virus non completamente contenuto. Lo rileva Ipsos Mori ed è una percentuale più bassa se confrontata con quella di altri Paesi. Sono vari i fattori che spiegano questo dato. L’Italia ha conosciuto prima di altri Paesi la presenza dannosa del virus, potrebbe quindi sorprendere adesso il grado di accettazione da parte degli inglesi della necessità di limitare le proprie attività e la socialità. Secondo James Johnson, ex sondaggista di Downing Street, questo atteggiamento è imputabile solo in parte alla paura. Un ruolo importante l’hanno giocato da un lato, la sostanziale omogeneità di opinioni in merito al blocco da parte di elettori laburisti e conservatori, dall’altro, la strategia di comunicazione del governo che ha posto l’accento sulla difesa del sistema sanitario nazionale. In altre parole, quest’ultimo è considerato così importante da poter accettare anche sacrifici. Il personale medico-sanitario è equiparato un po’ ovunque a una categoria di supereroi. Non a caso, proprio l’artista inglese Banksy ha reso omaggio a medici e infermieri con una nuova opera chiamata “Game Changer”. Il disegno raffigura un bambino che, tra i giocattoli, invece di afferrare Batman o l’Uomo Ragno, sceglie un’infermiera con il grembiule della Croce Rossa. Peculiarità britannica a parte, già prima che il mondo conoscesse l’orrore di una pandemia dalle molteplici conseguenza, ambiente, lavoro e protezione sociale erano ritenuti temi prioritari. Trovare nuovi modelli efficaci di sviluppo e soluzioni veloci era considerato necessario, ora sembra essere l’unica strada percorribile.
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