Ambiente
Un albero è un atto di fede. Così ci insegna la Famiglia Spaggiari
I vecchi piantano alberi come atto di fede, proprio perché sanno che essi stessi non potranno sedersi alla loro ombra.
Roberto lavora in centro a Parma. L’estate africana incombe nelle strade e nelle piazze cittadine gettando sconforto: 39° all’ombra sono troppi per questo 27 giugno 2019, “il giorno più caldo del mese mai registrato in città dal 1878” recita l’inviata del TG regionale con voce metallica, appena percettibile dalla porta a vetri del bar. Roberto si affretta verso casa. Non abita molto distante, una manciata di Km alle porte della città, lungo la Via Emilia. Entra nel vialetto di casa e già può togliersi gli occhiali da sole. Ti stavamo aspettando, gli dice la grande quercia monumentale, 4 metri e passa di circonferenza. I noci, i frassini, i gelsi, i meli, gli olmi, i noccioli le fanno eco. Ciao Roberto, vieni, papà è qui. Il papà Giancarlo è seduto, insieme ai suoi 87 anni, i segni sul viso che raccontano i sacrifici di una vita e lo sguardo dolce. Ciao papà, come stai? In centro a Parma si muore di caldo. Ma qui no, vero, papà? Fammi vedere il termometro che cosa segna. 30 gradi. 30 gradi, ombra e arietta, così gradevoli che mi vien voglia di aspettare il tramonto qui seduto accanto a te.
La famiglia Spaggiari, tanti anni fa, decise di non vendere i suoi ettari di terra. Facevano gli agricoltori, e un colpo che molti chiamerebbero di fortuna trasformò quegli ettari di campi agricoli in terreno edificabile. In tanti chiamarono la famiglia Spaggiari, offrendo denari per quell’oro marrone. I soldi, tanti, potevano arrivare sul conto in pochi giorni e l’oro marrone sarebbe presto scomparso sotto una gettata di cemento. E invece no, la famiglia Spaggiari ha coccolato quell’oro marrone, lo ha seminato e piantumato, e ha dato vita a un meraviglioso bosco urbano, 14 ettari di piante e arbusti autoctoni alle porte della città.
Non ci sono recinzioni, non c’è un cancello o un campanello da suonare per chiedere il permesso di entrare e godere di tutto quel verde. I filari fanno da confine alla proprietà, come era la regola di un tempo, dove le piante custodivano il limitare dei poderi e, per quello, erano rispettate. Poi l’arrivo della meccanizzazione agricola spinta, l’idea che quei pioppi, quelle farnie, quelle siepi ostacolassero le attività nei campi e limitassero il guadagno; ma, a conti fatti, solo pochi metri quadrati di oro marrone lasciato riposare, e in cambio un baluardo contro le raffiche di vento che piegano il raccolto.
La pandemia di COVID che ha colpito il mondo in questo tragico 2020 sta lasciando dietro di sé tanta sofferenza. Il confinamento a cui tutti noi siamo stati costretti ha spostato il nostro baricentro. Molti hanno sperimentato disorientamento, ansia e depressione, e il Bosco Spaggiari dicono che abbia donato ristoro e conforto. Roberto se ne è accorto e ha consegnato una lettera ai vicini e a chi, timidamente, cercava un sentiero da percorrere:
“Gentile amico, Mi rivolgo a te che stai accingendoti a passeggiare nei miei campi. Penso che avrai notato che il loro accesso è libero. Non esistono né reti, né muri o divisori. Il loro orizzonte è delimitato da filari di alberi. Sei libero di passare il tempo che desideri. Abbi cura degli alberi che incontri, trattieni il tuo animale con te ed evita di lasciare l’incuria dopo il tuo passaggio. Trovo magnifico che tu senta ristoro nel passare del tempo nella mia campagna; la stessa che invoca a te l’esercizio del suo diritto principale.
Il silenzio.
Qui vige il regno degli alberi. Ti ringrazio.
Roberto”.
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