Ambiente

Tutto ciò che sarebbe utile sapere sul turismo sostenibile

21 Marzo 2023

“Handkerchiefs and collars,” screamed Harriet, “in my inlaid box! I’ve lent you my inlaid box.”
( Where Angels fear to tread, Edward Morgan Forster)

Cosa significa lavorare in una scuola?
In quinta sto affrontando come argomento l’impatto della globalizzazione sul turismo e da un po’ di tempo sto cercando di approfondire concetti di turismo responsabile equo e solidale. Non so se ci sono riuscita, ma ho provato a spiegare tra l’altro che a farne le spese sono i paesi del Sud del mondo, dove la perdita di valori e tradizioni, la sottrazione di risorse, il disagio sociale dovuti all’invasione del turismo di massa non viene nemmeno compensata da un’equa redistribuzione del reddito generato, gran parte del quale va a finire nelle tasche dei grandi operatori internazionali. Anche le possibilità di incontro e di scambio tra turisti e popolazioni locali sono, nella maggior parte dei casi, fittizie o limitate ad esperienze frettolose ed artefatte, quando non irrispettose delle realtà ospitanti.
Contro questa forma di turismo usa e getta e poco rispettoso della cultura e delle economie locali, negli ultimi anni è cresciuto un modo nuovo di viaggiare la cui prima caratteristica è la consapevolezza: di sé e delle proprie azioni – anche quando sono mediate dal comprare (un biglietto, un regalo, una stanza per dormire) -; della realtà dei paesi di destinazione (sociale, culturale, economica, ambientale); della possibilità di una scelta meditata e quindi diversa. Questa nuova forma di viaggiare viene genericamente denominato “Turismo Responsabile” perché costituisce un viaggiare etico e consapevole che va incontro ai paesi di destinazione, alla gente e alla natura con rispetto e disponibilità. Un viaggiare che sceglie di non avallare distruzione e sfruttamento, ma si fa portatore di principi universali: equità, sostenibilità e tolleranza.
Ho raccontato ai ragazzi cose viste nei miei viaggi, cose che si possono apprendere soltanto visitando un luogo. Ho detto loro, ad esempio, del decoro che caratterizza i cubani che non eccedono mai nel voler approfittare del turista, ho spiegato che sono naturalmente servizievoli e ho raccontato del mio incontro con un professore che voleva la mia biro non senza donarmi, però, un suo sigaro. Ho raccontato di Bankok, città infernale, dove a ampi centri commerciali in cui campeggiano grandi firme per portafogli robusti, si affianca la povertà di chi su bancarelle improvvisate sbarca il lunario. L’aria di Bangkok è pesante. Fa caldo, è umido e c’è tanto smog. Se si è disposti a tanto sacrificio, si ha la possibilità di comprendere meglio le due facce di una stessa medaglia. Ai quartieri eleganti, composti di grattacieli, si alternano vie dove percepisci un altro modo di vivere, magari anche più onesto rispetto al tanto apparire. Lì, la gente vive come può, in un evidente stato di povertà. Il contrasto, però, sta anche qui. Tra mucchi di immondizia accatastata, odori nauseabondi e case fatiscenti, c’è sempre chi ti sorride.
Ho anche raccontato ai miei studenti che nel 2019, anno in cui furono introdotti varie modifiche al tradizionale esame di maturità, e mi pare sia stato l’ultimo esame in cui gli scritti si svolgevano in presenza prima che irrompesse la pandemia, fui commissario esterno alla maturità. Gli studenti si trovarono ad analizzare un testo di Forster in cui l’autore faceva dire ad uno dei personaggi che viaggiare è sicuramente visitare musei, chiese, monumenti, ma anche conoscere le persone, il loro modo di pensare, tratti culturali talmente personali che non possono essere studiati nei libri.
Il testo così recitava:

“The good-natured young man hurried away, and Philip, taking his place, flooded her with a final stream of advice and injunctions—where to stop, how to learn Italian, when to use mosquitonets, what pictures to look at. “Remember,” he concluded, “that it is only by going off the track that you get to know the country. See the little towns—Gubbio, Pienza, Cortona, San Gemignano, Monteriano. And don’t, let me beg you, go with that awful tourist idea that Italy’s only a museum of antiquities and art. Love and understand the Italians, for the people are more marvellous than the land………

And Philip, whom the idea of Italy always intoxicated, had started again, telling her of the supreme moments of her coming journey—the Campanile of Airolo, which would burst on her when she emerged from the St. Gothard tunnel, presaging the future; the view of the Ticino and Lago Maggiore as the train climbed the slopes of Monte Cenere; the view of Lugano, the view of Como—Italy gathering thick around her now—the arrival at her first resting-place, when, after long driving through dark and dirty streets, she should at last behold, amid the roar of trams and the glare of arc lamps, the buttresses of the cathedral of Milan”

Ho, inoltre, raccontato del mio viaggio in Albania disseminata da bunker, un retaggio grigio, fatto di cemento armato, del quasi mezzo secolo di regime stalinista e isolazionista del dittatore Enver Hoxha che ne ordinò la costruzione negli anni Ottanta, in un delirio paranoide. Oggi i bunker hanno nuovi e originali utilizzi. Fienili, stalle per il bestiame, bar e ristoranti sulle spiagge, ma anche musei, come il Bunk’s Art di Tirana, e persino bed&breakfast. Quando ci sono stata si potevano notare cantieri, gru, ponteggi, architetti, una vivacità che ben esprimeva l’impegno a riqualificare una città che aveva voglia di mettersi in mostra e che, oggi, tiene testa alle capitali europee più di tendenza. Per cogliere l’atmosfera di Tirana, dove i più importanti studi di architettura di tutta Europa stanno investendo idee e progetti, occorre raggiungere Piazza Skanderbeg, dedicata all’eroe albanese che nel ‘400 difese strenuamente l’Albania e l’occidente dall’avanzata dell’impero ottomano. La nuova piazza è stata oggetto di un piano di riqualificazione, mentre il piano regolatore per la nuova area metropolitana è stato firmato Stefano Boeri Architetti e prevedeva aree verdi e parchi urbani che ridisegnano la mobilità urbana e ampliano i collegamenti.
Ad un certo punto la via di tutti si è arrestata: abbiamo dimenticato cosa significasse viaggiare poiché il 21 febbraio del 2020 viene identificato quello che verrà denominato come il paziente zero, e allora, oltre il viaggio, abbiamo dimenticato anche l’etica del viaggio che è diverso da un’etichetta, un brand, un marchio.
Lo scrittore Blaise Cendrars diceva che le stazioni erano le più belle chiese del mondo. Tra queste menzione particolare, a mio avviso, merita il Museo d’Orsay, opera di Gae Aulenti, uno splendido esempio di riutilizzo e di riconversione di importanti strutture in ferro e di un ricco apparato decorativo, nella fattispecie uno dei primi esempi di conversione da stazione ferroviaria a museo che si colloca in una zona strategica della città, nelle vicinanze del Louvre.
Tra le tante opere pittoriche che in questo splendido museo costituiscono un patrimonio di inestimabile valore c’è “L’Origine del mondo” di Gustave Courbet, un’opera prodotta con una grande abilità tecnica. Il significato potenzialmente scandalistico del dipinto si deve contestualizzare nel tentativo di Courbet di proporre una rappresentazione più aderente al vero della realtà, il pittore non ricorse ad artifici stilistici storici o classici già consolidati per rappresentare il soggetto. Al contrario, per rendere ancora più reale l’immagine compì uno studio molto attento delle tonalità dell’incarnato per sedurre lo sguardo dell’osservatore.

In foto: L’Origine del mondo, Gustave Courbet

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