Ambiente

Riforestazione: il nuovo modello industriale, non un’operazione accessoria

20 Marzo 2025

C’era un tempo in cui la riforestazione era un gesto da calendario aziendale. Piantare alberi per salvare la coscienza, compensare l’aria bruciata dai motori, dare una spruzzata di verde a una storia già scritta. Ma il tempo degli alibi è finito. Ora la riforestazione non è più un vezzo, un’appendice, una foglia di fico che copre il nulla. È un’industria, un asse portante, una leva economica con ricadute ambientali, sociali e strategiche che ridisegnano la mappa stessa del fare impresa.

Non è questione di numeri, di ettari piantati e tonnellate di CO₂ sequestrate. La differenza non la fanno le statistiche, la fanno le radici che si allungano sottoterra, il legno che cresce, il paesaggio che cambia. Riforestare non significa riempire un suolo nudo di alberi a caso, significa costruire un ecosistema che duri, che non venga inghiottito al primo incendio, che non sia la scusa per un’altra concessione edilizia quando il vento gira. La riforestazione vera non è la compensazione di un danno, è un’altra idea di futuro.

Il mondo è pieno di piantumazioni fallite, di foreste nate su carta e morte prima di diventare bosco. Il punto non è piantare, ma far vivere. Non è lasciare un segno, ma farlo resistere. Dove la riforestazione funziona davvero, c’è una regia che guarda avanti. Non un’operazione una tantum, ma un sistema che integra la crescita delle piante con la crescita delle persone, che fa della natura un’economia reale, che trasforma un albero in una prospettiva di lavoro, di sviluppo, di autonomia.

Basta guardare la Grande Muraglia Verde africana per capire la differenza. Non una distesa di alberi lasciati a sé stessi, ma un argine alla desertificazione, un cantiere di agricoltura sostenibile, un’opportunità per chi resta in una terra che altrimenti sarebbe solo polvere e fuga. Qui non si pianta per vivere, per ridisegnare il confine tra possibile e impossibile, tra stagnazione e rinascita.

Il nodo è tutto qui. Smetterla di considerare la riforestazione come un atto di espiazione e cominciare a vederla come un atto industriale. Chi capisce questa rivoluzione non si limita a rimediare al passato, ma costruisce il futuro. Perché il tempo delle operazioni di facciata è scaduto. E il nuovo modello industriale, quello vero, quello che terrà insieme economia e sopravvivenza, si misurerà non solo in metri cubi di cemento, ma anche in ettari di foresta.

Chi oggi pianta solo per apparire, domani sparirà come polvere al vento. Chi pianta per costruire, lascerà foreste al posto del proprio nome

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