Ambiente

Riciclare (terre rare, litio, cobalto) è un gesto di giustizia

Riciclare è il primo passo verso un’energia che ricorda

15 Aprile 2025

Dietro la parola “transizione” ci siamo messi in fila. Ordinati, convinti, come se cambiare colore fosse sufficiente a cambiare senso. Dal nero al verde, dal petrolio al litio. Dalla dipendenza dal gas russo a quella, lucida e opaca, da terre rare e cobalto. Il risultato? Cambia l’estetica. Non l’etica. Paolo Brambilla, su La Mia Finanza, ha avuto il merito di raccontarlo senza pudori: “La transizione verde rischia di trasformarsi in una nuova trappola geopolitica.” Le sue parole, colme di dati e scenari, disegnano un paesaggio che non ha nulla di ecologico. La Cina controlla oltre il 90% della raffinazione di terre rare. Il Congo che produce da solo il 70% del cobalto. Europa quasi del tutto priva di autonomia. Miniere, bambini, foreste. E poi numeri, previsioni, grafici. Tutto vero. Ma tutto troppo poco.

Perché manca il corpo. Manca la mano che scava. Manca il prezzo che non compare sul bilancio. E manca, soprattutto, la domanda vera. Possiamo davvero continuare a chiamarla “transizione” se la destinazione è un’altra dipendenza?

Siamo passati dalla dipendenza fossile a quella mineraria. Abbiamo tolto il petrolio dal centro, ma abbiamo lasciato intatta la logica. La logica dell’estrazione, dello sfruttamento, della colonizzazione energetica. Solo che ora l’oro non è più nero. È bianco, è grigio, è raro. Ma sempre oro è. E qualcuno continua a morire per portarlo in superficie.

Eppure, un’alternativa c’è. Non perfetta. Non immediata. Ma reale. È il riciclo. È la memoria delle materie. È la possibilità, fragile e forte, di rompere la catena coloniale e trasformarla in ciclo. In rispetto. In scelta.

Riciclare non è solo uno slogan ecologico. È un gesto tecnico, scientificamente fondato, già oggi praticabile. Il litio e il cobalto, ad esempio, possono essere recuperati dalle batterie esauste. Le tecnologie per farlo esistono, si stanno evolvendo, e stanno raggiungendo rendimenti industriali significativi. L’Europa stessa lo riconosce. Ha inserito il riciclo di questi materiali nei suoi piani strategici, consapevole che senza recupero non ci sarà alcuna autonomia.

Anche le terre rare, spesso considerate irrecuperabili, possono essere riciclate. La difficoltà non è nella materia, ma nel costo. Separarle, purificarle, rigenerarle richiede tempo, ricerca, volontà politica. Ma in Europa e in Giappone ci sono già progetti attivi, in crescita. Riciclare terre rare significa ridurre la dipendenza da chi oggi le controlla quasi in monopolio. Significa non accettare che la pulizia apparente del nostro mondo dipenda dallo sfruttamento di altri.

Ogni grammo di litio recuperato è una miniera non scavata. Ogni metallo riciclato è un bambino non sfruttato. Ogni sistema circolare è una catena che si spezza prima di stringere. Riciclare non è solo una tecnica. È un gesto di giustizia. È la sola possibilità per non essere complici, pur restando dentro la storia.

L’Europa parla di autonomia. Ma l’unica autonomia possibile passa per la rigenerazione, non per l’accumulazione. Serve un’energia che ricorda. Che sa da dove viene. Che conosce il prezzo reale del silenzio.

O ricicliamo, o resteremo dipendenti. Ma sarà una dipendenza elegante, pulita, certificata. Eppure, pur sempre una catena.

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