Ambiente

Planet First, Mr President! Make the World great again

2 Giugno 2017

Epocale la decisione del Presidente USA di uscire dal patto dei paesi che vogliono riparare i guasti ambientali ( COP 21 Parigi dicembre 2015). Per dimostrare quanto stia soffrendo il pianeta basta esporre un grafico (Fig. 1) del NOAA (National Oceanic Atmospheric Administration, Climatic Data Center).

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In particolare, a preoccupare gli scienziati sono le previsioni sul periodo 2020-2030. Già nel 1999, Von Storch e Zwiers indicavano che dopo venti o trent’anni, ossia al limitare della nostra contemporaneità, il clima sarebbe stato molto più caldo. Secondo Romm J. (2008, Hadley Center for Climate Change) gli 8 anni più caldi, rispetto ai precedenti 150 di osservazione, sono stati il 1998, ed a far tempo dal 2002, con assoluta continuità fino al 2008. Il 2007 è stato uno degli anni più caldi dall’inizio delle rilevazioni a livello mondiale dal 1850 con un degree di temperatura pari a 0,4 ° C al di sopra della media. Ma quello che il grafico non dice è che gli anni più caldi li abbiamo già appena alle spalle, il 2015 e il 2016.

E quel che forse il Presidente USA non conosce è che la politica ambientale planetaria deve mettersi a confronto con la diversa realtà dei Paesi produttori di CO2. La costante tendenza alla ripresa industriale per uscire dalla crisi epocale è l’incentivo industriale. In effetti, dati i vantaggi sui prestiti alle imprese concessi dalla BCE, (Quantitative Easing) la produzione industriale è apparsa in ripresa. Infatti lo testimonia il dato di un incremento di produzione di CO2 pari allo 0.7%. Nella media dei dati sono compresi gli aumenti della Slovacchia (+9.5%), Portogallo (+8.6%), Ungheria (+6.7%), Belgio (+4.7%) e Bulgaria (+4.6%).Stabili la Germania, Gran Bretagna (12.5%), Italia (10.6%), Francia (9.9%) e Polonia (9.2%). Ma proprio in questo ambito si osserva un diverso comportamento tra i Paesi industrializzati. Alcuni immettono risorse nell’Industria e diventano produttori di CO2 per sopravvivere. Sono i Paesi Users, alcuni dei quali grandi produttori di CO2 come quelli asiatici, Canada e Australia. Ma altri finiscono per diventare Paesi Consumers laddove la produzione di CO2 è prevalentemente antropica  e legata allo stile di vita, Oil lifestyle. Infatti come si osserva nel grafico della Fig. 2 la produzione del CO2 dei Paesi industrializzati e non, al 2012 è data dal valore del consumo pro-capite, calcolato in base agli abitanti, si rivela come indice di consumismo. (Fonte German Advisory Council on Global Change).

A fronte di quest’emergenza planetaria, il Presidente USA non può arroccarsi in una condizione di isolamento colpevole mentre dovrebbe dimostrare invece quanto la ricerca statunitense possa contribuire per mantenere a 1,5 C il riscaldamento planetario. L’estremizzazione del Clima, per la sola Italia, ha comportato 7.6 mld di euro di danni al territorio nel periodo 2013-16  e la nube tossica, che non può considerarsi confinata ai soli Paesi Asiatici, comporta ogni anno 7 milioni di decessi in tutto il mondo (rapporto OMS del 2016). Ogni anno scompare una città come Londra. In Italia registriamo 36 mila morti per smog e 40 mila in Gran Bretagna (Report of Royal College of Physicians, 2016). Il recente Rapporto del WHO (Ambient Air Pollution: a global assessment and exposure and burden of Disease, Genève, 2016) pone in risalto il problema dell’inquinamento atmosferico urbano sottolineandone la valenza planetaria. Inoltre appare drammaticamente emergente la condizione di insostenibilità ambientale nelle Megalopoli Urbane con più di 14 milioni di abitanti.

Sono realtà dove i fattori antropici e di traffico, peculiari delle città europee e americane, vengono potenziati nelle regioni asiatiche dalle tipologie di fossili utilizzati a scopo industriale, come a esempio l’uso del carbone nelle industrie cinesi e indiane. Appare dunque palese infatti l’indipendenza del fattore-popolazione nei confronti della quantità dei polluttanti, nel segno che in alcune megalopoli come Shanghai e Beijng prevalgano, oltre al traffico veicolare, anche componenti industriali a ciclo termico non sostenibile e riscaldamento domestico(Fig. 3).

Numeri da capogiro e che indicano precise responsabilità. Numeri che indicano quanto complessi siano i problemi di natura industriale, sociale ( basti pensare alla dilagante crescita delle realtà urbane), sanitarie con costi fuori controllo ( In Italia per smog e inquinamento paghiamo altri 5/6 mld).  Non si sottragga, Signor Presidente USA, partecipi alla clearance del Pianeta e non passi alla Storia come il Presidente Donald Duck Trump ovvero DDT. L’intensiva ricerca di investimenti nei fossili, ricerca mineraria e di greggio in Pennsylvania e lo spasmodico tentativo di autarchia possono far esplodere contraddizioni epocali. Indipendentemente dal riesumare fonti energetiche obsolete, caro Presidente, in questo modo ci si pone fuori dalla Storia e dalla evoluzione del genere umano.

 

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Bibliografia

La vita al tempo del petrolio, Oil lifestyle, a cura di European Research Group on Automotive Medicine, Agorà & Co, Lugano 2017

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WHO, Ambient Air Pollution: a global assessment and exposure and burden of Disease, Genève, 2016

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