Ambiente
«Noi genitori di tutti, nella Terra dei Fuochi dimenticata da molti»
«Antonio è andato via il 2 giugno del 2013» a causa di un glioblastoma multiforme, un tumore del sistema nervoso, che nella maggior parte dei casi viene diagnosticato ad adulti e a chi vive in zone particolarmente inquinate. Antonio ha nove anni per sempre, e viveva a Casalnuovo di Napoli, paese a nord del napoletano, parte di quel territorio denominato oggi Terra dei Fuochi. Una zona, quest’ultima, che comprende una sessantina di Comuni tra Napoli e Caserta. Il territorio è storicamente caratterizzato dallo sversamento illegale di rifiuti speciali, anche tossici, da parte di organizzazioni criminali. I rifiuti illegalmente riversati nelle campagne o ai margini delle strade vengono incendiati, dando luogo a roghi, i cui fumi diffondono sostanze tossiche, tra cui diossina; in altri casi i rifiuti sono stati e sono “intombati” nel suolo, contaminando i terreni agricoli e le falde acquifere. Le indagini della polizia e in particolare di Roberto Mancini e le dichiarazioni del pentito di camorra del clan dei casalesi, Carmine Schiavone, hanno evidenziato come la Campania fosse destinata a diventare una discarica a cielo aperto. Abbiamo intervistato Marzia Caccioppoli, madre di Antonio e fondatrice con altre mamme “orfane”, insieme al prete Maurizio Patriciello, dell’associazione noi Genitori di tutti Onlus.
Come nasce l’associazione?
L’associazione nasce nel dicembre del 2013 per volontà di alcune mamme che hanno perso i bambini in Terra dei Fuochi. Ha sede nella parrocchia di padre Maurizio Patriciello a Caivano, in quanto lui stesso mandava a chiamare gli attivisti del territorio e alcune mamme orfane e li invitava a intraprendere una lotta per capire cosa stava e sta ancora accadendo qui. Quando l’associazione è nata il nostro grido di dolore non era ancora fortemente sentito. Nessuna di noi arrivava a dar voce da sola a questo biocidio. Da allora sono passati circa 4 anni e portiamo avanti questa battaglia per contrastare le ingiustizie nei confronti dei bambini, andiamo nelle scuole a parlare di legalità, denunciamo le discariche, intraprendiamo azioni legali insieme ad un pool di medici ed avvocati che ci sostengono.
Quando si è accorta che la malattia di suo figlio Antonio poteva essere correlata all’inquinamento ambientale?
È stata l’oncologa del Gaslini di Genova a farmi aprire gli occhi. Io sono del centro storico di Napoli e non conoscevo nulla di Terra dei Fuochi. Non era un momento in cui era sentito il problema dell’inquinamento ambientale. Mi sono spostata in provincia per far crescere Antonio in un territorio più salubre. L’oncologa mi disse che un glioblastoma multiforme di solito colpisce un adulto e che è un tumore cerebrale non riscontrabile nei bambini, tanto che mi mi domandava se vivessimo vicino a siti inquinati, a discariche, industrie… Io non capivo perché vivevo in campagna, un luogo in cui pensavo si respirasse un’aria salubre. Anche se devo dirti che la sera ogni tanto correvo in cameretta di mio figlio e chiudevo la finestra perché c’era una puzza nauseabonda. C’era un odore acre che faceva bruciare la gola, ma tu comunque credi che alle spalle ci sia uno Stato che ti protegge, non pensi che dietro ci sia un processo di delinquenti, imprenditori collusi che scendono a patti scellerati con la camorra, nascondendosi dietro a colletti bianchi, rovinando i nostri territori. Quando mio figlio Antonio è andato via, il 2 giugno del 2013, tornando a casa, trovai un post su Facebook di padre Maurizio Patriciello che raccontava di un altro bambino vittima della Terra dei Fuochi, così leggendo scoprii che erano emersi tutti questi intombamenti di rifiuti tossici e allora capii che aveva ragione l’oncologa.
Che tipo di situazione vivete adesso in quei territori?
La situazione non è cambiata granché. I roghi tossici ci sono ancora e non sono altro che uno smaltimento illecito in regime di evasione fiscale. Qui lontano dagli occhi del cittadino vengono abbandonati scarti di pellami, tessuti, auto, gomme, solventi, e di notte qualcuno va a bruciarli. Il fetore lo sentiamo. Noi chiediamo che si facciano controlli sulle industrie e sullo smaltimento. Da metà dicembre a inizio febbraio sono morti nel nostro territorio 11 bambini, non è un dato allarmante? Lo Stato ci lascia soli, anche quella parte di Stato che un tempo ha guadagnato per far avvelenare i nostri territori girandosi dall’altra parte per interesse. Con l’associazione ci sosteniamo da soli facendoci prevenzione. Abbiamo vinto un concorso e così abbiamo comprato un macchinario ecografico portatile. A breve partiremo per fare screening tiroidei nelle scuole. Non mi sembra giusto che il cittadino debba organizzarsi per tutelare il bambino.
A chi vi dice che non c’è un vero nesso di causalità tra l’inquinamento e le malattie nella Terra dei Fuochi cosa risponde?
Non abbiamo un registro tumori e quello che c’è è vecchissimo. Inviteremo la popolazione a segnalare i casi e credo che una sorta di registro tumori dobbiamo farcelo da soli. Le Istituzioni cercano di smentire ma invito tutti a venire con noi e ad entrare negli archivi dei computer del nostro ospedale pediatrico oncologico e a verificare coi loro occhi quanti bambini vanno via. I vertici fingono di non sapere. Un giorno in questo paese forse commemoreremo le vittime della Terra dei Fuochi.
Di cosa avrebbe bisogno la vostra terra oggi?
I nostri attivisti chiedono di essere ascoltati, chiediamo alle istituzioni di non mentire e di scendere in piazza con noi, di girare a fare ronde con gli attivisti per verificare la situazione. Chiediamo più forze dell’ordine sul nostro territorio per tutelarlo. Su un fronte di 800 militari dell’esercito previsti ce ne hanno inviati solo 100 e non li ho mai visti sui luoghi dei roghi a sorvegliare. Noi ci siamo messi in macchina per sorvegliare affinché non venissero a sversare rifiuti tossici rischiando la nostra incolumità. E poi c’è il problema enorme della sanità. La Campania è la regione più giovane d’Italia con meno fondi stanziati per la sanità. I nostri bambini si trovano senza poter fare una risonanza magnetica, e molti li portiamo noi a fare risonanze private per una prognosi veloce che può salvare la vita. La legge di stabilità ha complicato le cose, ma laddove già una situazione è complessa diventa tragica così. Chiediamo dei fondi straordinari per monitorare i nostri bambini perché nel sangue e nei capelli dei nostri figli sono state trovate sostanze altamente tossiche. Addirittura nel sangue di un nostro attivista (Vincenzo Tosti, portavoce Rete di cittadinanza e comunità, rete di associazioni regionali che fa anche gemellaggio con Taranto e Brescia, ndr) che accompagna i giornalisti nei siti inquinati sono stati trovati veleni che sono peculiarità della Caffaro di Brescia, peccato che lui a Brescia non c’è mai stato. Si è ammalato di leucemia. Ci hanno condannati a morte. Lo Stato non risponde, quello Stato che è sceso a patti scellerati con gli industriali. I primi tir con i rifiuti tossici sono arrivati scortati dalle forze dell’ordine qui. Tu pensi che in quei tir ci sia composto per l’agricoltura e invece c’è la tua condanna a morte.
Se poi non puoi nemmeno spostarti per curarti le cose si complicano…
Certo, io sono potuta andare con mio figlio al Gaslini di Genova perché a mio marito hanno dato un trasferimento al lavoro. Ma gli altri che non possono come fanno? Dobbiamo supportarli noi come associazione? Solo per inviare un documento di una nostra bimba negli Stati Uniti abbiamo speso seimila euro, per capire se davvero valeva la pena insistere con le cure o dovevamo arrenderci. Per trovare questi seimila euro abbiamo fatto i salti mortali.
La vostra storia ha avuto un forte impatto mediatico ma è finita lì oppure qualche risposta concreta è arrivata da parte dello Stato?
Alcuni nomi di quelli che ci hanno inquinato li conosciamo tutti, ad esempio Montedison e Pozzi Ginori, ma la legge non è retroattiva. Questa cosa è gravissima. Non pagherà mai nessuno, intanto i nostri bambini ce li hanno ammazzati. La legge per la quale ci siamo battuti con padre Maurizio sugli ecoreati, per inasprire le pene, (che Confindustria non voleva far passare) alla fine è diventata una presa in giro perché è stata aggiunta la parola abusivamente: “chiunque inquini abusivamente”… quindi Pozzi Ginori, Montedison, erano e sono legalmente autorizzati ad avvelenare. Che risposta è?
Oggi lo Stato italiano non ha i soldi per la nostra terra ma un tempo ha saputo prendere e fare il facile guadagno. Rispondono, annotano, fanno passerelle e vanno via, ma il problema è che non investono.
L’Istituto Superiore della Sanità ha fatto un aggiornamento di studio che si chiama Aggiornamento dello studio sentieri. Si evince che nei nostri territori si muore tre volte di più che a livello nazionale. E che ci sono due paesi in Campania (Terzigno e Casalnuovo di Napoli, dove vivevo io con mio figlio) dove si riscontra un’alta mortalità da 0 a 14 anni di tumori al sistema nervoso. Mio figlio è morto di un tumore al sistema nervoso. Le risposte le danno a modo loro. In Campania non si può morire di tumore come in Lombardia, la Campania non è industrializzata come Brescia.
Durante la nostra conversazione ha affermato spesso che lo Stato ha fatto patti scellerati con la mafia e gli imprenditori collusi…
Politica, Stato ed imprenditoria operavano insieme. Basta leggere gli atti finalmente desecretati del pentito Carmine Schiavone per farsi un’idea chiara. Lo Stato scortava tir che portavano materiale illegale qui. C’è una parte dello Stato sana, certo, eppure Giorgio Napolitano, allora ministro dell’interno, ha messo in un cassetto con il segreto di Stato gli atti di Carmine Schiavone: questo non è condannare una popolazione a morte? In quelle dichiarazioni ci sono storie di sversamenti terribili nei nostri territori. Abbiamo i rifiuti delle industrie di tutta Italia qui e Schiavone parlò anche di altre nazioni coinvolte nella cosa. Chi ha dato il permesso a quei tir di entrare in Italia con rifiuti speciali? Ecco dove lo Stato è colluso.
Legacoop Lombardia ha dato il via ad un crowdfunding creato per sostenere quattro progetti meritevoli dal punto di vista civile, sociale, scientifico e culturale. Tra questi ci siete anche voi. Come avete intenzione di utilizzare i soldi che raccoglieranno?
In questo momento useremmo i fondi per monitorare i bambini e fare incontri formativi nelle scuole, ma principalmente purtroppo per i famosi viaggi della speranza. Attualmente seguiamo sette bambini e seguiamo anche famiglie che hanno perso il lavoro e hanno figli molto piccoli. Dove ci viene sottoposto un caso di alta povertà non possiamo tirarci indietro. Vorremmo anche allargare la prevenzione, farla non solo in campo tiroideo. Dobbiamo sostenere negli spostamenti anche i medici (volontari dell’ospedale Cardarelli) che andranno nelle scuole a fare prevenzione.
Marzia, la sua vita com’è oggi?
La mia vita è una continua lotta. Non è una vita vera e propria, è sopravvivere. Sto sempre ad asciugare lacrime dagli occhi di mamme e a combattere a fianco di questo prete eccezionale. Non mi soffermo mai a guardare nel mio di dolore perché altrimenti non potrei trovare la forza. Io mi ritengo una donna oggi che vive nella follia, nella follia che mi fa credere di non aver perso totalmente mio figlio. Ho un forte bisogno di credere che esista un aldilà, un’entità, un Dio, o come ogni religione lo desideri definire, che me lo possa un giorno far ritrovare. Guarda, voglio poterlo ritrovare anche con l’anno della malattia, perché se devo credere un giorno di incontrarlo, devo però essere consapevole di averlo perso e averlo poi ritrovato, così da godermelo di più. Per ricordarmi sempre che in Terra dei Fuochi è di questo che mi hanno privato. Antonio era il mio unico bambino. Tutto è andato via con lui, vivo di speranza, sperando di trovare negli occhi degli altri bambini un pezzetto di lui. Un giorno, le future generazioni, come dice padre Maurizio, forse almeno non ci malediranno, diranno che ci abbiamo provato, che abbiamo fatto il possibile per loro e per questa terra.
Per sostenere e donare attraverso il progetto di crowdfunding promosso da Legacoop Lombardia clicca qui
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