Ambiente

Mentre Roma discute, l’Italia brucia il suo suolo

6 Luglio 2015

iI 20 gennaio scorso le commissioni Ambiente e Agricoltura di Montecitorio hanno approvato a larga maggioranza il nuovo testo base del disegno di legge sul “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato”. Il provvedimento ha poi subìto un rinvio nella seduta del 9 aprile, quando le Commissioni avevano iniziato l’esame degli emendamenti.

A fine giugno altri emendamenti sono stati presentati dai relatori Chiara Braga e Massimo Fiorio (entrambi del Pd) alle commissioni riunite Ambiente e Agricoltura della Camera, per migliorare il testo, ad esempio riguardo alla definizione di consumo di suolo, di superficie agricola e con riferimento al ruolo riconosciuto alle infrastrutture ai fini dell’individuazione del consumo di suolo.
L’impasse del provvedimento sembra dovuto a ritardi nell’interlocuzione con i ministeri competenti e nel calendario dei lavori parlamentari, dove altre sono state le priorità-

I nuovi emendamenti presentati dai relatori sono volti a recepire le istanze formulate nel corso del dibattito svoltosi sul provvedimento. In particolare, una proposta emendativa prevede la possibilità per le Regioni di adottare misure di semplificazione e di incentivazione, anche di natura fiscale, “al fine di prevenire il dissesto idrogeologico e il degrado dei paesaggi rurali e favorire il reinsediamento di attività agricole in aree interessate da estesi fenomeni di abbandono”.

Attualmente il testo base stabilisce invece che le misure di semplificazione e incentivazione sono possibili solamente per il recupero del patrimonio edilizio esistente.

Mentre Roma discute, però, ‘Italia “brucia” il suo suolo, come si evince dal rapporto 2015 dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, di cui i giornali hanno parlato al momento della sua pubblicazione, a inizi maggio, senza però approfondirne i contenuti.. Come spesso, accade, si è preferito il “sensazionalismo” di qualche dato che si prestava a un buon titolo ad effetto, rispetto all’approfondimento.

Il rapporto Ispra sul consumo di suolo in Italia, che è scaricabile in formato pdf dal sito dell’istituto, in quasi cento pagine di grafici, formule, tabelle, comparazioni, restituisce a chi lo legge un quadro desolante della situazione nel nostro Paese.
Il consumo di suolo in Italia, infatti, continua a crescere in modo significativo, pur segnando un rallentamento negli ultimi anni: tra il 2008 e il 2013 il fenomeno ha riguardato mediamente 55 ettari al giorno, con una velocità compresa tra i 6 e i 7 metri quadrati di territorio che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo.

“Un consumo di suolo”, si legge nel rapporto, “che continua a coprire, quindi, ininterrottamente, notte e giorno, aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici e capannoni, servizi e strade, a causa di nuove infrastrutture, di insediamenti commerciali, produttivi e di servizio e dell’espansione di aree urbane, spesso a bassa densità”.

I dati rilevati dall’Ispra mostrano come a livello nazionale il suolo consumato sia passato dal 2,7% degli anni ’50 al 7,0% stimato per il 2014, con un incremento di 4,3 punti percentuali6 . In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 21.000 chilometri quadrati del nostro territorio

L’area più colpita risulta è il Settentrione, con una differenziazione del pattern di crescita tra est ed ovest: se fino al 2008 il Nord-Est aveva velocità di crescita maggiore (in coincidenza con il boom economico del Triveneto, che ha cominciato ad accusare i primi colpi della crisi proprio in quell’anno), negli ultimi anni, il consumo di suolo è aumentato nelle regioni del Nord-Ovest.

A livello provinciale, la provincia di Monza e della Brianza risulta quella con la percentuale più alta di suolo consumato rispetto al territorio amministrato, con quasi il 35%. Seguono Napoli e Milano, con percentuali comprese tra il 25 e il 30%, quindi Varese e Trieste, che sfiorano il 20%.

A livello comunale, i maggiori valori di superficie consumata si riscontrano a Roma (quasi 30.000 ettari) e nei principali comuni capoluoghi di provincia (dopo Roma: Milano, Torino, Napoli, Venezia, Palermo, Ravenna, Parma, Genova, Verona, Catania, Taranto, Bari, Ferrara e Reggio nell’Emilia, tutti con oltre 4.000 ettari di suolo consumato).

Diverse sono le cause di consumo di suolo:le infrastrutture di trasporto rappresentano circa il 41% del totale del suolo consumato. Di queste, il contributo più significativo viene dalle strade asfaltate (10% in ambito urbano, 11,6% in ambito rurale e 2,9% in ambito naturale) e dalle strade sterrate (15,5%, prevalentemente in aree agricole). Le aree coperte da edifici costituiscono il 30% del totale del suolo consumato e si collocano prevalentemente in aree urbane a bassa densità (11,5%) e in ambito rurale (11,1%).

Gli edifici in zone residenziali compatte rappresentano solo il 2,5% del totale del suolo consumato. Le altre superfici asfaltate, impermeabilizzate o fortemente compattate o scavate, come parcheggi, piazzali, cantieri, discariche, aree estrattive e serre permanenti, costituiscono complessivamente il 28,7% del suolo consumato. Tra queste è significativa la crescita, tra il 2008 e il 2013, delle superfici destinate all’installazione di pannelli fotovoltaici a terra, nonostante i valori ottenuti siano soggetti a un’elevata incertezza nelle stime per percentuali così basse.

Il nuovo consumo di suolo ha inciso prevalentemente sulle aree agricole e, in particolare, quasi il 60%, tra il 2008 e il 2013 è avvenuto a discapito di aree coltivate (in gran parte seminativi). Il 22% ha riguardato aree aperte urbane e il 19% del consumo di suolo ha distrutto, per sempre, aree naturali, vegetate o non

I valori percentuali del suolo consumato tendono a crescere avvicinandosi alla costa. Tra le regioni con valori più alti entro i 300 metri dalla linea di costa si evidenziano Marche e Liguria con oltre il 40% di suolo consumato, e Campania 24 con circa il 31%. Tra i 300 e i 1000 metri si segnalano invece Abruzzo, Emilia-Romagna e Campania con oltre il 26% di consumato. Nella fascia tra 1 e 10 chilometri troviamo ancora la Campania con circa il 14% di consumato, e Veneto e Friuli Venezia Giulia con oltre il 10% di consumato.

I dati messi a disposizione dall’Ispra permettono, infatti, per la prima volta nel nostro Paese, di avere una mappa completa, accurata e omogenea, in grado di fornire una rappresentazione del fenomeno del consumo del suolo, dello stato del processo di artificializzazione del territorio e delle diverse forme insediative.

Fa riflettere il commento conclusivo del rapporto: “… dinamiche insediative non sono giustificate da analoghi aumenti di popolazione e di attività economiche. Il territorio e il paesaggio vengono quotidianamente invasi da nuovi quartieri, ville, seconde case, alberghi, capannoni industriali, magazzini, centri direzionali e commerciali, strade, autostrade, parcheggi, serre, cave e discariche, comportando la perdita di aree agricole e naturali ad alto valore ambientale, con un uso del suolo non sempre adeguatamente governato da strumenti di pianificazione del territorio e da politiche efficaci di gestione del patrimonio naturale”.

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