Ambiente

L’ultima Thule, capolinea dell’umanità

20 Febbraio 2022

Mentre aspettiamo con terrore che i primi colpi di cannone raggiungano l’Ucraina, e la valanga russa tenti di dimostrare che la democrazia e la libertà sono valori negativi ed inefficienti, perché deboli e pacifisti, cerchiamo di mantenere una visione d’insieme di ciò che non solo Vladimir Putin, ma tutte e tre le grandi potenze militari stanno cercando di fare: riaffermare con le armi una supremazia che non sono più in grado di sostenere con la forza sociale, economica e culturale. Come nel 1939, l’Imperialismo ha diverse facce, ma tutte truci, e continuano a dare spallate contro la pace. Ma il centro di questa guerra non è in Ucraina, ma nel Mare Artico.

Non oso immaginare il volto del marinaio greco Pilea, nel 325 avanti Cristo, quando, avendo superato le colonne d’Ercole e sfidato gli Dei per trovare terre fertili e ricche di minerali, finisce contro queste immense montagne di ghiaccio eterno, e capisce che più avanti non si sarebbe potuto andare. Il suo è un mondo diverso, immutabile, sconosciuto. Alessandro Magno sta per lasciare la vita nel pieno della sua folle campagna militare orientale. A Roma è finita la monarchia ed è nata la repubblica. In Cina, Gongsung Long insegna il razionalismo e cerca una correlazione metafisica tra nome ed omen. Tutto è ancora possibile, e Zeus siede ancora sul trono delle nostre paure, da dove scaglia i fulmini che fanno tremare la terra.

Ho invece davanti agli occhi le immagini documentarie della prima missione di soccorso al polo Nord. Siamo nel 1928: due anni dopo il primo viaggio insieme a Roald Amundsen, l’esploratore Umberto Nobile ha compiuto un secondo viaggio fino alla fine del mondo, ed il suo dirigibile si è schiantato al suolo. Lo trovano dopo sette settimane, per sua fortuna, perché ha colorato la tenda in cui lui ed alcuni membri del suo staff, scampati alla caduta del dirigibile, hanno dipinto di rosso la tenda in cui passano le giornate pregando e digrignando i denti. Un puntino rosso in un’immensità bianca disumana ed immutabile.

E ragiono su come sarà il polo tra meno di cento anni, quando i ghiacciai non ci saranno più, ed i narvali non avranno più bisogno del corno per spezzare il ghiaccio e tornare in superficie. Quando ci saranno ovunque umani con macchinari mostruosi che scavano miniere, sommergibili atomici che si guardano in cagnesco, pescherecci simili ad astronavi che sterminano il poco pesce rimasto sul pianeta. L’ultimo angolo del pianeta ancora vivibile, mentre il resto arde nei deserti, viene spazzato via dagli uragani o affoga nelle mareggiate che cancellano isole intere.

Mi rendo conto del fatto che la battaglia sull’Artide, che viene combattuta soprattutto dalle tre grandi potenze militari, è il simbolo del suicidio di massa dell’umanità – l’estrema follia di governi che credono ancora che il progresso ed il consumo siano una linea che punta verso l’alto e non vada più fermata – e che sognano di portare gli scampati di quella che loro credono cia una razza superiore, su Marte, o chissà dove altro, a ricostruire su un pianeta impossibile la vita meravigliosa che ci era stata donata sul pianeta blu. La nostra madre terra, tradita e ferita a morte.

Penso che, mentre ci prendono in giro con la “tassonomia” e, dopo averci spiegato come i cambiamenti climatici stermineranno la vita, stiano investendo sul gas e sulle centrali nucleari, e preparino guerre locali simi a quelle medievali, sia necessario avere uno sguardo estremamente attento a ciò che accade lassù, dove non guarda mai nessuno, e dove stanno accadendo cose tremende, e non solo perché si sciolgono i ghiacciai, ma anche perché i russi ci gettano i bidoni dei rifiuti radioattivi e il metano nascosto sotto il gelo eterno, una volta liberato, si trasformi in idrato di metano e, in questa forma, costruisca in pochi anni una pellicola che cingerà il pianeta, riscaldandolo a temperature che nemmeno la scienza di oggi è in grado di calcolare.

Francesco Guccini cantava: noi non ci saremo. Vero. Ma ci saranno i nostri figli ed i nostri nipoti, e sarebbe bello se volessimo bene a loro, e ci preoccupassimo per il loro futuro, anche se l’ingannevole apparenza di normalità ci coccola nella nostra pigrizia ed il nostro egoismo quotidiano.

 

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