Ambiente

L’indiscreto fascino della catastrofe. Come scegliere la propria à la carte – 2

2 Maggio 2019

(Continua da “L’indiscreto fascino della catastrofe. Come scegliere la propria à la carte – 1”)

 

La soluzione per riempire quel vuoto noioso e insistente è, oggi, una diretta filiazione del consumismo, diventando la sua negazione da un lato ma producendo dall’altro un ulteriore consumo, di supposta origine “buona” e “pulita”, assai più costoso del precedente e non necessariamente meno impattante sul pianeta. Il consumatore deve esserci sempre in questa nuova realtà: è la presenza necessaria perché possa avverarsi, e il bello è che è anche disposto a pagare di più se gli si fa credere di essere parte di un progetto per salvare il mondo. Un travestimento, alla fine. O meglio, un’astuta mossa d’illusionismo dove lo pseudo mago conduce verso un’apparente visione prodigiosa distraendo l’osservatore dai suoi abili e non percepibili trucchi. E arriva il metodo, vecchio come il mondo, che certamente parte da problemi evidenti e reali ma che fanno parte di un altro settore dell’ecologia, l’inquinamento, passato in secondo piano rispetto alla nuova religione in arrivo pur strettamente collegato a quest’ultima. Il consumo produce inevitabilmente spazzatura. La spazzatura soffoca il pianeta. Il pianeta è rovinato dall’uomo consumatore. Il pianeta è giunto a un limite, ogni anno noi superiamo la sostenibilità del pianeta e consumiamo troppo. La foresta equatoriale è decimata. Il polmone della Terra langue. Le industrie e le metropoli emettono troppi gas serra. Il clima impazzisce. I ghiacci si sciolgono. Il pianeta ha i giorni contati. L’uomo è in pericolo! Ecco. Ci siamo arrivati. Tutto coincide. La nuova apocalisse è il cambiamento climatico. L’ambientalismo, questo tipo di ambientalismo, è la nuova religione che mette tutti d’accordo. La colpa di quest’apocalisse, come anche per le apocalissi religiose, è il comportamento umano. Che comoda coincidenza, si possono sovrapporre! Pertanto la prossima apocalisse bisognerà organizzarla per benino, in maniera da renderla la più credibile e al tempo stesso la più spaventosa. Perché abbiamo visto che è la paura che bisogna incutere per dominare però ormai la gente è un po’ più sgamata e ci vuole qualcosa in più del mostro a sette teste. Allora si comincia col dare delle scadenze. Tra dieci anni gli oceani saranno talmente invadenti che le nostre città costiere scompariranno. Allarme rosso!

Era il 1970, giornata della Terra e gli scienziati dell’epoca, colla faccia scurissima, danno la stura alle previsioni catastrofiche. Io c’ero negli anni ’70, e mi ricordo una per una tutte le battaglie ecologiste anche per avervi partecipato, appassionato difensore della Natura in erba e, come tutti, fidandomi di quegli appelli allarmistici. Ognuno nella sua specialità cominciò a inanellare i funerali di questo e di quello. Peter Gunter (New Texas State University) si dilungò sulla demografia e sui disastri che sarebbero iniziati in India nel 1975 e che poi si sarebbero estesi ovunque fino al 2000, quando tutto il mondo sarebbe stato in carestia permanente, eccezion fatta per l’Europa Occidentale (il muro di Berlino era ancora lì bello solido), Australia e Nord America (chissà se con o senza il Messico…). Kenneth Watt, ecologista, fu uno di quelli che predissero che entro il 1990 ci sarebbe stato un abbassamento di ben 4° C ed entro il 2000 di 11° C, un mondo di ghiaccio, se non fossero cambiate le tendenze al consumo di petrolio, peraltro in esaurimento, secondo lui e secondo molti altri; non mi pare che da allora si sia consumato meno petrolio, anzi, né che si sia esaurito. George Wald, biologo dell’Università di Harvard, ancora più apocalittico: se non si fossero cambiate le allora attuali tendenze (che non furono minimamente cambiate) entro 15 o 30 anni (ossia il 1985 o il 2000) l’intera civiltà umana sarebbe scomparsa. Ci furono molti interventi in più, uno più apocalittico dell’altro: desertificazioni, carestie, pandemie… Aiuto!

La Brianza e le Prealpi lombarde come sarebbero potute apparire dopo il 2000 secondo la profezia di Kenneth Watt

Siamo nel 2019 e mi pare che il mondo non sia poi malaccio, a parte le dittature manipolate e le guerre accese dagli Stati Uniti, sempre loro, in Medio Oriente, in Africa, nell’America Latina nell’arco di 60 anni. Anzi, addirittura il manto boschivo e la quantità di fogliame, a dispetto delle distruzioni, del napalm e degli incendi, in tutto il pianeta è aumentato e non di poco, scongiurando anche le carestie e nonostante il parabolico aumento demografico. Le desertificazioni di cui le cassandre degli anni 70 vaneggiavano non sono avvenute (per fortuna).

(Aperta parentesi. Elemento fondamentale di qualsiasi apocalisse che si rispetti è la profezia dell’apocalisse stessa, o magari i segreti rivelati a monache folli che li rivelano dopo che sono avvenuti… mai fissare le scadenze, pericolosissimo! Ma di questo magari ne parlerò qualche altra volta. Chiusa parentesi)

Il mancato appuntamento colla fine del mondo non è bastato. Non avvenendo il congelamento, perché i ghiacci annunciati non sono avanzati fino al Tropico del Cancro, la voglia irresistibile di apocalisse si è ripiegata sul riscaldamento, ossia l’opposto. Apriti cielo! E saranno sufficienti 2° C in più da qui al 2100 per sciogliere tutti i ghiacciai del pianeta e inondare ogni cosa, trasformando per sempre la faccia della Terra. Naturalmente sempre accentuando tutto sul senso di colpa, perché la colpa è, in ogni caso, dell’uomo.

Ed eccoci al riscaldamento globale di inizio secolo. Però poi, a ben vedere, tutto ’sto scioglimento annunciato non si sta verificando e in realtà le variazioni della temperatura sono veramente minime, nonostante gli allarmi delle estati più calde della storia. Ma cosa succede, allora? Succede che si scopre sempre con maggiore evidenza che il pianeta si comporta come vuole, senza che si possano fare previsioni azzardate, ma succede anche che si devono cavalcare le paure dell’uomo, soprattutto dell’uomo medio, ignorante come una capra (povera capra, ormai sdoganata da Sgarbi come animale assolutamente refrattario a uno sforzo intellettivo mentre è intelligentissimo), per indirizzarlo verso questo nuovo culto ambientalista millenaristico, unico movimento transnazionale, transpolitico e transreligioso, dove tutti possano riconoscersi, credenti e non credenti, parlanti il cinese o il croato, e così convergere in un’unica orwelliana direzione, dove il bene e il male, categorie che pensavamo ormai messe in un cassetto ben chiuso a chiave, si ripresentano in pompa magna. Il bene e il male, il giusto e lo scorretto, il buono e il cattivo, chi non è con me è contro di me. Chi è contro Greta è contro l’ambiente.

Vecchia storia. Tutti vogliono appropriarsi dell’ambientalismo, soprattutto le forze di sinistra o, meglio, di ciò che oggi è chiamata sinistra non essendolo più da un bel po’, ormai, e le forze religiose, ma anche le destre subiscono il fascino del naturale e dell’ambiente, declinandolo diversamente. Noi siamo i buoni e gli altri i cattivi, paradigma usato ora dall’uno ora dall’altro. Sembra incredibile ma il manicheismo funziona sempre. Salvare la Terra significa innanzi tutto partire dal salvataggio dell’Uomo, che della Terra è il custode per volontà divina. Essere così i custodi della vita dell’Uomo, significa riappropriarsi della sua funzione, che è tipica delle religioni: quando finisce il corpo finisce la vita, se non si salva prima l’uomo la Terra muore, ignorando o facendo finta di ignorare che la Terra aveva al suo attivo miliardi di anni di vita senza l’uomo e che ne avrà altrettanti, almeno, anche dopo la sua estinzione. E qui rientra di sguincio la famiglia “naturale”, la base della società, e tutti gli orrori gender che la minaccerebbero, e così via, e, in questo loop, si ritorna al punto di partenza, il controllo del corpo dell’uomo da parte delle religioni, problema che pensavamo ormai superato ma che si riaffaccia in maniera anche invadente, amplificato dalle reti sociali e dalla calata barbarica di ignoranti che esprimono invettive e opinioni senza passare dall’autocensura del proprio cervello. Iniziano a prendere corpo, pertanto, varie riflessioni sui personaggi di spicco degli ultimi tempi.

Emerge dal nulla Greta Thunberg, la bambina svedese (ormai venuta a noia perché ne ho scritto fino alla nausea, chi vuole vada a leggersi le mie note precedenti) candida e innocente, blatera sul cambiamento climatico, basandosi furbamente sui rapporti dell’ONU e sulle consulenze di due tra i più quotati esperti climatici, Kevin Anderson e Glen Peters, e, attraverso un marketing oculato ma marchiano in nome dell’ambiente e dell’effetto serra, ha contribuito a raccogliere un bel gruzzoletto per i suoi manipolatori. Greta, che parla solo di emissioni di diossido di carbonio da limitare, viene vista come il veicolo per far stringere tutti intorno all’argomento del cambio climatico, l’orrenda catastrofe incombente, dimenticando tutti gli altri problemi che affliggono il mondo, come le guerre, le conseguenti migrazioni, la trasformazione del lavoro attraverso la tecnologia, le ineguaglianze sociali, la polverizzazione del welfare, lo sfruttamento dei più deboli, e così via. A Greta – e a chi la manipola – il capitalismo non dice nulla, sembra non rendersi conto che è il sistema capitalistico a causare inquinamento e disuguaglianze, a lei basta limitare le emissioni e poi il capitalismo può continuare a prosperare producendo le cose che vuole lei. Il papa la riceve e la benedice, accogliendola come la più saggia di tutti. Sembra quasi un esperimento di manipolazione globale, per vedere fino a che punto la gente sia rimbambita.

Incremento della vegetazione planetaria dal 2000 in poi

Cervello azzerato in nome delle emissioni “eccessive” di CO2 (che si vorrebbero azzerare) senza minimamente essere informati su cosa realmente sia il diossido di carbonio, della sua funzione e della sua metabolizzazione da parte del pianeta stesso attraverso piante, oceani e animali. ’Ste cose le insegnavano alle scuole elementari, una volta: la fotosintesi per le piante e la respirazione umana e animale. Ma saltando le lezioni, come fa Greta e anche i suoi seguaci, forse si perde qualcosa d’importante… Si scoprirebbe, per esempio, del perché le piante hanno in poco tempo aumentato il loro fogliame e alcune foreste si sono estese ovunque, soprattutto in questi ultimi decenni (due milioni di miglia quadrate in più rispetto al 2000!), a dispetto delle desertificazioni cassandriche dei famosi scienziati nei lontani anni 70. Il link https://science.sciencemag.org/content/360/6384/58 rimanda a un articolo dell’aprile 2018 della prestigiosa rivista Science. Il seguente brano è solo l’introduzione all’ampio ed esauriente articolo, molto più dettagliato nelle indagini chimiche e fisiche, che spiega cos’hanno scoperto gli scienziati e dove le previsioni erano errate, in quanto non consideravano che:

“Nitrogen availability is a central controller of terrestrial plant growth and, thereby, of the carbon cycle and global climate change. It has been widely assumed that the atmosphere is the main source of terrestrial nitrogen input. Surprisingly, Houlton et al. now show that bedrock is just as large a nitrogen source across major sectors of the global terrestrial environment.”

La disponibilità di azoto è soprattutto ciò che regola la crescita delle piante terrestri e, pertanto, il ciclo del carbonio e il cambiamento climatico globale. È stato ampiamente ipotizzato che l’atmosfera sia la principale fonte di produzione dell’azoto terrestre. Sorprendentemente, Houlton et al. dimostrano adesso che il substrato roccioso è assolutamente una grande sorgente di azoto nei principali settori dell’ambiente terrestre globale.

L’azoto. Ecco perché le piante continuano a crescere e riescono di conseguenza a consumare il diossido di carbonio, riequilibrando le cose. Fino al 2003, nella stessa rivista Science, in un altro articolo, gli scienziati pensavano che l’azoto, necessario alla vita delle piante nel loro ambiente naturale – tant’è che in agricoltura e floricoltura si usano i concimi azotati per garantire un buon apparato radicale e fogliare – e quindi per l’assorbimento del carbonio da parte delle stesse, attraverso la fotosintesi, fosse disponibile solo nell’atmosfera. Assai limitato, quindi. Invece, più azoto, più piante e più foglie. Voilà: come in un attimo tutto può cambiare, grazie a una lettura più accurata dei dati e all’osservazione, e come anche la scienza, non essendo una religione, torni sui propri passi, soprattutto dopo aver azzardato delle previsioni funeste infrante dal principio di realtà.

Lo stesso accadde a Galileo Galilei, contro il quale si mosse tutta la scienza ufficiale dell’epoca, influenzata massivamente dalla teologia, perché la rivoluzione che le osservazioni dello scienziato avrebbero portato sarebbe stata fatale per il potere. Ma l’evidenza fu più forte e si dovette ammettere che la Terra non era più il centro dell’universo.

Desertificazione e glaciazione messe da parte, ma non archiviato il bisogno della catastrofe, si passò alla successiva minaccia di segno opposto, ossia del calore dell’inferno che squaglia lo squagliabile. E, come si è fatto in passato, si continua, nonostante tutto, a propagare la menzogna ribaltata, nelle stesse modalità terroristiche: l’apocalisse prossima ventura. E giù film, come quello di Al Gore, An Inconvenient Truth (2006), soggetto e sceneggiatura di Gore, regia di Davis Guggenheim, che ha sbancato e che ha moltiplicato le finanze del vice presidente, ricevendo anche l’Oscar nel 2007, nonostante le innumerevoli imprecisioni scientifiche, o quello, ancora più ridicolo, di Leonardo Di Caprio, Before the Flood (2016), di cui ho già parlato in un altro intervento. Oltre a tutti i film catastrofici (che però non hanno altra pretesa che di essere fiction) che hanno arricchito l’immaginario collettivo colle molteplici e “probabili” fini del mondo, dalle glaciazioni ai tornado – di vento, d’acqua, di ghiaccio, di fuoco, perfino di squali! – forza 100, dal nucleo terrestre che si blocca al forno a microonde che scioglie tutto, e così via. Più o meno sempre per colpa dell’uomo, calendario Maya incluso. Ad ogni modo, per non fare figuracce e per non dire bugie facilmente contestabili, dopo le clamorose smentite, ultimamente il “riscaldamento globale” è diventato “cambiamento climatico”: se farà freddo il clima sarà cambiato, se farà caldo il clima sarà cambiato ugualmente, noi lo avevamo previsto!

Il millenarismo fa comodo a certi poteri – la paura, grande espediente… – e quindi sono ancora relativamente pochi, ma non così pochi come la corrente principale dell’informazione vorrebbe far credere, gli scienziati che stanno gradatamente prendendo le distanze da quegli appassionati e depressivi allarmismi degli anni ’70, rivedendo un po’ tutto, grazie anche alle figuracce fatte in passato, dovute soprattutto alle mancate scadenze delle presunte catastrofi. Scadenze che continuano ad essere congetturate e postergate perché l’immensa mole di dati discordanti non consente ancora agli scienziati di dire realmente quanto influisca l’attività umana nei cambiamenti climatici mentre si può constatare come ce ne siano stati in passato di molto più drastici senza alcuna componente antropogenica. E questo si riallaccia ai culti apocalittici che fissano le scadenze e che paradossalmente si rafforzano, anche se l’apocalisse non si manifesta: se la catastrofe non è avvenuta, è stato a causa dell’influenza che quel culto ha avuto per cambiare le abitudini umane e quindi si deve fare proselitismo per garantire il mantenimento del risultato. Come volgere in successo la più grande débâcle, anziché far pace col proprio cervello e rendersi conto che era tutto una fandonia. Ci si ricorda di ciò che veniva descritto in 1984 di George Orwell riguardo all’informazione? In tv passavano sempre immagini di guerre inesistenti tra i blocchi continentali e non controllabili (così come oggi) e di tutto ciò che faceva comodo al potere del Grande Fratello, ossia ciò che era giusto che il popolo dovesse credere per manipolarlo facilmente. Ogni oppositore che avesse voluto vederci chiaro era catturato, torturato e condannato. Non somiglia straordinariamente alla vicenda di Assange?

I tre slogan di 1984: la guerra è pace – la libertà è la schiavitù – l’ignoranza è la forza

Il cambiamento climatico nei termini in cui viene ancora proposto aderisce a quell’immagine letteraria distopica di Orwell. Ciò che non viene fatto da chi ne avrebbe il potere è raccontare tutto questo ai poveri gretini adolescenti e meno adolescenti che nulla sanno, sia per ignoranza crassa sia per età anagrafica, e meno che mai di ciò che era stato predetto e che non si è avverato, provocando allarmi, austerità e depressioni, influenzando, attraverso le omissioni, il modo di pensare acritico della maggior parte della gente, distogliendola dai veri problemi, ben conosciuti dalla politica e dalle religioni in questi tempi di miscredenza. La gente ci crede perché confonde, come spesso fa anche il potere, per ignoranza – vedi lo svarione sul cobalto e sul carbonio del PD – o per calcolo, inquinamento e cambiamenti climatici, spesso sovrapponendoli, mentre i due problemi, in realtà, hanno solo alcuni punti in contatto e soluzioni diverse, quando le hanno.

Questa è la vera porcheria, che non è un complotto immaginario, ma una facile manipolazione che rientra perfettamente nella voglia diffusa e incancellabile, per molti, di vagheggiare un mondo migliore prevenendo un’apocalisse ma al contempo quasi desiderando una palingenesi, importa poco d’origine naturale o divina, quindi extraterrestre, basta che estingua le molteplici colpe – e incapacità – dell’uomo. Perché il presente non soddisfa mai, il passato recente è sempre peggio e il futuro è l’incognita. Ma la catastrofe attrae anche perché all’uomo è sempre piaciuto credere di vivere in tempi straordinari, dove ci sono dei cambiamenti epocali, di essere un testimone della Storia e un sopravvissuto. Al cinema allo spettatore piace immaginare come si comporterebbe al posto dell’eroe o dei personaggi nei momenti critici. E nei film la visione è sempre individuale, mai collettiva, non viene quasi mai affrontato il percorso della ricostruzione, non viene mai fatta la considerazione che forse, nei momenti di difficoltà, la società reagisce collaborando, come succede dopo i terremoti o gli tsunami o qualsiasi altra catastrofe nella realtà. Tutti invece sono affascinati dallo scatenarsi dell’istinto animale di sopravvivenza che autorizza l’uomo a diventare un selvaggio, cosa che è sempre presente nelle rappresentazioni post catastrofiche, soprattutto in questi tempi di aggressività esibita ovunque, specialmente nelle reti sociali, nella politica, al cinema, nei videogiochi (anche per bambini o per ragazzi), nella tv. Sono le emozioni forti alla base del fascino dell’apocalisse, così come nel fanatismo religioso. La drammatizzazione è un elemento cruciale, oggi più che mai, e a poco valgono le razionalizzazioni quando la parte principale della giornata nella vita reale è costellata d’irrazionalità.

Un nuovo medioevo cerebrale è comunque pericolosamente alle porte, anzi, forse ci siamo già: il Romanticismo e i suoi fantasmi non sono mai stati veramente superati e si ripresentano a ogni piè sospinto. I giovani dovrebbero realmente arrabbiarsi, ma non per delle cose generiche e superficiali, come le scemenze che racconta Greta. Dovrebbero dire a Greta, senti cara, sono cose che già sappiamo e risappiamo, non ci caschiamo, andiamo più a fondo, e consigliamo di farlo anche a te. Finora ci hanno raccontato talmente tante balle che la misura è veramente colma. Facciamo i nomi e i cognomi dei colpevoli, chiamiamo le cose col loro nome, noi non abbiamo paura. Soprattutto abbiamo chiaro il futuro perché conosciamo il passato, ma lo conosciamo veramente e quindi non ci incanti con tutte ’ste fandonie che ti hanno raccontato e che tu vorresti raccontare a noi, anche se magari ci credi sinceramente. Abbiamo ben chiara la situazione perché la stiamo vivendo sulle nostre spalle, ci negano un’istruzione adeguata, ci nascondono i veri problemi e le cause dei conflitti nel mondo, ci mentono sulle autentiche risorse, ci spaventano con catastrofi che non avvengono, ci rimbambiscono con tutti questi videogiochi, con tutti questi falsi simboli piuttosto che farci conoscere veramente la Natura, portarci in giro, parlare colle persone che vivono in montagna, in campagna, nelle isole e che ci lavorano, che sanno come nasce e vive un albero, che cosa sono le stagioni, che vuol dire se il vento soffia di qua o di là e come nasce un agnello. Non ci caschiamo. Noi sappiamo che le auto elettriche servono solo per riempire le tasche dei produttori perché, se fossero davvero la soluzione per il pianeta e se il pianeta fosse davvero così in pericolo, costerebbero dieci volte meno per essere alla portata di tutti e ci sarebbero già ovunque da almeno dieci anni; sappiamo che il cibo che proviene dalla nostra campagna può essere meno contaminato di quello che ti dicono vegano ma che chissà con cosa è fatto, e che gli animali fanno parte del ciclo alimentare della Natura, sappiamo come cucinare cogli ingredienti nostrani. Quindi basta con ’sti venerdì di sciopero, utilizziamoli per studiare seriamente, l’unica cosa che ci permetterà di mandare presto a casa questi politici che ci mentono e che fanno mentire pure te. Tanto abbiamo visto che non sanno nulla né di chimica né di biologia né di astronomia né tanto meno di Storia e geografia e tu sei l’esempio lampante di come anche tu abbia studiato male. Magari parli l’inglese meglio di noi ma i contenuti non sono un granché.

Vorremmo sentire qualcosa di simile da questi adolescenti, forse anche qualcosa di più. Allora forse sì, potrebbero veramente cambiare il mondo. Utopia.

 

© Massimo Crispi 2019

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