Ambiente
La faccia onesta di Scampia
Nel dialetto napoletano, più propriamente nel linguaggio dei contadini, Scampia sta per “campo non coltivato”, abbandonato. In un’area di circa 400 ettari, per 78000 abitanti, poco distante dall’aeroporto di Capodichino, il Piano di Zona della 167 di Secondigliano, definito ai sensi della legge 18 aprile 1962, prevedeva inizialmente grandi unità abitative come risposta alla drammatica fame di case dove centinaia di famiglie avrebbero dovuto integrarsi e creare comunità, grandi vie di scorrimento ed aree verdi tra gli edifici, una città modello. Ovviamente la mancata realizzazione di questo nucleo di socializzazione è stato una concausa del degrado di questa zona. Totalmente assente è il tessuto artigianale e produttivo, niente uffici, di negozi neanche l’ombra. Il sole cocente picchia, è difficile camminare per queste strade. Nessun riparo d’estate, un vento che ti porta via d’inverno. A mancare sono anche punti di aggregazione, non c’è un cinema né un teatro. Tutto ciò ha reso Scampia una città dormitorio che, privata delle più elementari infrastrutture e servizi che le potessero dare un aspetto umano e civile, è stata terreno fertile per l’annidarsi del malaffare, trasformata in un rione ghetto sede di malessere sociale, una moderna diaspora.
Scampia è attualmente servita dalla linea 1 della metropolitana che dall’aprile 2017 ha cambiato il nome da Piscinola a Piscinola-Scampia. Diciotto le stazioni, trentatré i minuti per attraversare l’intera tratta partendo dalla fermata Garibaldi. Grazie ad una petizione firmata dai cittadini, dal 2013 il genio artistico di Felice Pignataro rivive negli spazi della stazione Piscinola-Scampia che ospita installazioni disegnate dal maestro muralista fondatore del Gridas dedito, durante tutta la sua vita, al riscatto di Scampia e dei suoi cittadini. Mirella La Magna, sua moglie, afferma che l’iniziativa «ha il solo scopo di continuare a condividere i messaggi di Felice con il maggior numero possibile di persone affinché proseguano gli spunti per realizzare dal basso una società più equa, più giusta e solidale».
Negazione della giustizia sono state a lungo il mostro delle vele. L’unité d’habitation di Le Corbusier e le Vele di Antibes furono i riferimenti di quello che è diventato l’ archetipo di un’ingiustizia architettonica, urbanistica, sociologica, politica, igienica e di ordine pubblico. Mancata realizzazione delle infrastrutture di pubblico interesse, aumenti di volume, di altezze, di densità abitativa e di affollamento a cui si è aggiunta la mancata realizzazione di aree comuni e di ogni forma di manutenzione, hanno reso questi alloggi, consegnati dal Comune di Napoli negli anni ’80, con allacciamenti precari, abitazioni di fortuna, vere e proprie baraccopoli.
Di Scampia in Italia e all’estero ce ne soni tante, Gomorra l’ha resa tristemente simbolo di tutte le altre: un quartiere segnato senza possibilità di salvezza e di riscatto.
È una terra faticosa dove si partorisce con dolore, una terra che urla, ma non si lamenta mai. Una terra che si rimbocca le maniche, viene a patti con un passato difficile e cerca di scrollarsi di dosso il male che le ha infettata la pelle e corroso le vene. Lontana dall’essere fenomeno da baraccone e da eventi commerciali di enorme portata che hanno generato l’equazione Scampia uguale camorra, il quartiere oggi si batte per un’ immagine libera da stereotipi e dimostra che è anche altro: non solo un territorio con evidenti criticità, illegalità, malaffare, ma anche grandi spazi di bene, associazioni, scuole. Scampia è resistenza di chi crede, di cittadinanza attiva, di chi lotta per un sogno di riscatto, di chi suda sotto il sole cocente per dissodare la terra perché rinasca la vita.
Non c’è scampo se attraversi Scampia. Non puoi restare indifferente. Non puoi farlo quando ascolti le storie dei suoi abitanti, quelli che da anni si battono per ridare ai cittadini il proprio territorio, quelli che c’erano già prima di Gomorra e che hanno fortemente creduto che il crimine e l’illegalità andassero combattuti con la cultura. Oggi, baluardo contro l’illegalità sono i tanti presidi culturali che creano opportunità di incontro, di solidarietà, di iniziative civili, uniti per rivendicare con forza e dignità i diritti di una popolazione che, in controtendenza con la media regionale, è costituita da un’elevata percentuale di giovani e bambini.
Partendo dall’idea che la ricchezza di questo territorio risiedesse proprio nel capitale umano, nel 1981 Felice Pignataro e Mariella La Magna fondano il Gridas, acronimo di Gruppo risveglio dal sonno che allude al quadro di Francesco Goya, “Il sonno della ragione genera mostri”. L’intento è quello di mettere le proprie capacità artistiche e culturali al servizio della gente; l’arte assurge a funzione di critica sociale, sostegno per gli ultime e stimolo a lottare per cambiare le cose. Si realizzano murales, mosaici, maschere di cartapesta, quadri, sculture con materiali di riciclo. Il Gridas ogni anno organizza il più importante carnevale sociale della città di Napoli; l’idea condivisa è che girotondi di uomini e donne, fiori giganti, soli e lune sorridenti possano abbattere muri grigi di indifferenza, spianare la strada per la realizzazione di un mondo migliore. Cosa non semplice visto che oltre a combattere contro l’illegalità e il degrado, Il Gridas è impegnato attualmente nella lotta contro chi vorrebbe lo sgombero immediato della sua sede storica. Perdere questa battaglia significherebbe non solo perdere uno spazio sociale scudo contro abusi e reati, ma tradire le aspettative e il duro lavoro volontario di chi crede nella cultura come bene comune da perseguire attraverso il lavoro e la comunione d’intenti.
L’associazione “Chi rom e… chi no” nasce a Scampia nel 2002. Presente da oltre 15 anni sul territorio, attraverso interventi culturali e pedagogici ha reso la periferia uno spazio laboratoriale di pratica politica realizzata dai suoi abitanti: la comunità rom e napoletana e ha trovato successiva concretizzazione in un’ esperienza che oggi è il Centro Kiku. Prima impresa italiana nata da donne rom e napoletane, ha valorizzato la passione e il talento per la cucina trasformandoli in una professione con l’obiettivo di offrire un servizio responsabile attraverso un percorso di emancipazione.
All’interno del Centro di formazione culturale e professionale Alberto Hurtado, esistono due realtà produttive: i laboratori di sartoria e di cartotecnica. Il marchio fatto@Scampia veicola l’idea di un prodotto completamente made in Scampia. L’Uomo e il Legno, inoltre, è una cooperativa di falegnami e gruppo di acquisto solidale.
Grande anima di Scampia è, inoltre, la palestra gestita da Gianni e Pino Maddaloni, che nel 2000 portarono l’Italia sul gradino più alto del podio alle Olimpiadi di Sidney. Combattente da sempre dalla parte della legalità, Gianni non molla mai e insegna ai suoi tanti “figli” della Palestra Judo Star a fare lo stesso. Il suo sogno di realizzare la “cittadella dello sport” a Scampia ha preso avvio nel settembre del 2017.
Delle fameliche Vele consacrate da Gomorra oggi ne restano ancora quattro con la loro ingombrante testimonianza di degrado e incapacità amministrativa, tre sono state rase al suolo tra il 1997 e il 2003. La vela celeste sarà l’unica che dovrà rimanere in piedi e essere riqualificata. Sporche, insicure, tenebrose, le vele vanno sicuramente abbattute, ma dentro si è formata la vita. Dalle vele viene anche la storia di Ciro Esposito e di sua madre Antonella Ielardi, divenuta ambasciatrice di pace, donna forte e coraggiosa dalla cui lezione di generosità abbiamo tutti da imparare. Resta l’Associazione “Ciro Vive”, vive nel cuore e nella mente di chi crede che lo sport sia lievito per un mondo migliore.
Nonostante non sia più la principale piazza di spaccio napoletana, non si può negare che il crimine organizzato sia tutt’ora presente a Scampia. È doveroso, però, dar voce e visibilità alla gente vera e alla parte viva del quartiere, quella che si ribella all’essere brand del peggio, che fa a meno dello spettacolo e del business, che è in cammino verso un mondo fatto di giustizia sociale e legalità. Perché se è vero che Scampia è una delle tante periferie del mondo, è altrettanto vero che al mondo insegna che la credibilità e la dignità si guadagnano attraverso il lavoro onesto, l’esempio e il senso di responsabilità.
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