Ambiente
Imprese competitive a emissioni zero: i “miracoli” dell’economia circolare
Costruire un’economia industriale competitiva e a emissioni zero in Europa si può. Come? Utilizzando modelli di business più circolari, riciclando e favorendo il ricircolo dei materiali e producendo prodotti più efficienti.
Ad affermarlo è lo studio “Re-configure: The Circular Economy – a Powerful Force for Climate Mitigation” realizzato da Material Economics e commissionato da Suomen itsenäisyyden juhlarahasto Sitra (Sitra), il Fondo finlandese per l’innovazione, e dall’European Climate Foundation (Ecf).
La ricerca dimostra come adottando il modello economico circolare l’Europa riuscirebbe a costruire industrie concorrenziali e meno impattanti sull’ambiente entro il 2050, riducendo così anche le emissioni globali di gas serra e rispettando l’Accordo di Parigi.
Parliamo di una riduzione di emissioni industriali dell’Europa pari alla metà di quelle attuali, cioè il 56% o 300 milioni di tonnellate all’anno entro il 2050. In tutto il mondo le riduzioni potrebbero ammontare a 3,6 miliardi di tonnellate all’anno per lo stesso periodo. L’industria, infatti, produce il 24% delle emissioni globali di CO2, e nel 2017 ammontavano a 37 miliardi di tonnellate. Il bilancio globale del carbonio per limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2° C è stato stimato in 800 miliardi di tonnellate entro la fine di questo secolo.
“Re-configure: The Circular Economy – a Powerful Force for Climate Mitigation” si sofferma sulle industrie dell’acciaio, della plastica, dell’alluminio e del cemento, le quattro che contribuiscono maggiormente a produrre gas serra.
Secondo quanto riporta lo studio, «Finora, l’attenzione sulla riduzione delle emissioni industriali si è concentrata principalmente sulla decarbonizzazione dei processi ad alta intensità energetica attraverso l’aumento delle energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Questo non è abbastanza. Lo sviluppo della circolarità dei materiali già in uso potrebbe ridurre significativamente le emissioni dell’industria pesante».
Certo, poi, come sottolinea la Commissione Europea, tutti i settori dell’economia europea devono contribuire alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in funzione delle rispettive potenzialità economiche e tecnologiche. Occorreranno interventi in tutti i principali settori che producono emissioni in Europa (produzione di energia, industria, trasporti, edifici, edilizia e agricoltura), ma la quota di riduzione che ci si può aspettare varia da un settore all’altro e quello energetico presenta il maggior potenziale di riduzione delle emissioni. Può eliminare quasi totalmente le emissioni di CO2 entro il 2050. Efficienza e modello economico circolare devono andare di pari passo per raggiungere obiettivi importati soprattutto in favore dell’ambiente.
Un approccio che si fa largo anche nelle grandi aziende italiane, e in settori storicamente predisposti allo sfruttamento intensivo delle risorse. Eni, ad esempio, ha focalizzato la trasformazione sulla raffinazione e sulla chimica andando verso un’efficienza maggiore soprattutto nella riduzione delle emissioni, ma anche attraverso una rifocalizzazione dei prodotti che vengono da un’economia circolare, dal riutilizzo di biomasse vegetali o di residui di grassi animali e vegetali per la produzione di green diesel. Per riconvertire in ottica green le raffinerie tradizionali il Cane a sei zampe ha speso circa 5 miliardi negli ultimi 6 anni e nel prossimo anno conta di spenderne oltre 4.
L’economia circolare offre alle imprese la possibilità di realizzare vantaggi economici considerevoli. Consente di realizzare significativi risparmi di energia e benefici per l’ambiente, crea posti di lavoro a livello locale e offre opportunità di integrazione sociale ed è strettamente correlato alle priorità dell’Unione Europea in materia di posti di lavoro, crescita, investimenti, agenda sociale e innovazione industriale.
Con la transizione verso un’economia circolare, peraltro, l’Unione europea ha proprio come obiettivo quello di sviluppare un’economia sostenibile, low-carbon, efficiente dal punto di vista delle risorse e molto competitiva. Le proposte avanzate dalla strategia della Commissione riguardano l’intero ciclo di vita dei prodotti: dalla produzione e dal consumo fino alla gestione dei rifiuti e al mercato delle materie prime secondarie.
Il Parlamento europeo di Strasburgo, inoltre, ha approvato solo qualche mese fa il pacchetto sull’economia circolare, che però è in realtà una revisione di quattro direttive sulla gestione dei rifiuti. Il provvedimento dovrà essere adottato dai Paesi membri dell’Ue entro due anni. In base alla nuova norma almeno il 55% dei rifiuti domestici e commerciali dovrà essere riciclato. L’obiettivo salirà al 60% nel 2030 e al 65% nel 2035. Il 65% dei materiali da imballaggio dovrà invece essere riciclato entro il 2025 e il 70% entro il 2030. Il pacchetto poi fissa obiettivi a parte per i materiali da imballaggio specifico, quali carta, cartone, plastica, vetro metallo e legno. La norma inoltre limita la quota di rifiuti urbani da smaltire in discarica a un massimo del 10% entro il 2035.
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