
Ambiente
Il valore del racconto nella transizione energetica
Raccontare per far memoria del futuro
Nell’epoca dell’eco e delle luci abbaglianti, c’è un’energia che non fa rumore, ma che deve essere raccontata. Non basta che esista. Non basta che produca. Deve essere narrata, perché ogni scelta, ogni passo che porta alla realizzazione di un impianto eolico, di un campo solare, di un nuovo progetto, è il frutto di un impegno che è invisibile agli occhi del mondo. Ma è altrettanto reale.
Molti parlano di energie rinnovabili, ma pochi ne conoscono i processi. Eppure, dietro ogni trasformazione c’è una storia di fatica, di sforzi, di relazioni che si costruiscono giorno dopo giorno. Non si tratta solo di installare tecnologie, ma di scommettere su un futuro che ancora non esiste, di investire in un cambiamento che richiede il sacrificio di molti. Questo non si vede sui giornali, non fa notizia nelle grandi platee. Ma è lì, nella polvere che si alza dal terreno, nelle mani sporche di chi lavora, nelle notti passate a risolvere problemi tecnici, a coordinare operazioni.
Eppure, proprio perché non è visibile, ha bisogno di essere raccontato. Non solo per dare visibilità, ma per dare valore a chi sta davvero costruendo il cambiamento. La narrazione non è un espediente retorico. È il processo che permette a questi gesti di entrare nella storia, di avere un senso che vada oltre il singolo impianto. È un modo per restituire significato a un mondo che rischia di dimenticare il valore profondo della cura, della dedizione, e della pazienza necessarie per cambiare le cose.
Nella scrittura si ridefiniscono istanze e valori, identità e memorie, responsabilità e appartenenza. Scrivere è come scavare nella nostra terra, cercare in essa i rigagnoli di acqua corrente e le perle di una storia comune. Scavando sempre alla radice, con ostinata radicalità, sino a ritrovare il filo conduttore tra artisti, opere, pezzenti e disperati. La scrittura, quando è incessante ricerca, scavo e raschiamento, fatica e memoria, consente il sorgere di quella comunanza antica che rende gli uomini compagni di viaggio. La scrittura, come il canto, la musica, il cibo ed il vino, unisce poveri diavoli, contadini con le unghie sporche, conti e sfaccendati, nobildonne e cardinali. Chi scrive rievoca memorie, fa profezie sul futuro, si protrae in una continua lettera al padre, al maestro.
Raccontare la storia di chi lavora nel settore delle energie rinnovabili è un atto di giustizia. È riconoscere il valore di chi non si ferma ai discorsi facili, ma scende in campo, nella realtà concreta, per fare ciò che altri solo immaginano. Non è sufficiente che questi progetti esistano. Devono essere narrati, affinché possano crescere, affinché possano trasformarsi in un patrimonio collettivo. Non si tratta solo di installare una turbina o un pannello. Si tratta di trasformare quel gesto in una parte di una narrazione più grande, che non appartiene più solo a chi ha costruito l’impianto, ma a tutta la comunità che ne trarrà beneficio.
Quando non raccontiamo queste storie, quando lasciamo che la fatica di chi lavora rimanga nell’ombra, priviamo queste scelte della dignità che meritano. a vera energia non ha bisogno di proclami, ma ha bisogno di voce. Perché solo nel racconto il lavoro silenzioso diventa memoria. E la memoria, quando è condivisa, diventa futuro.
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