Ambiente
Il Miglio Artistico di Eni: arte e architettura fanno rima con Energia
La contemporaneità è liquida: lo è la percezione del tempo che viviamo sempre più convulso e distratto e quindi incapace di cogliere l’essenzialità dell’attualità e lo è nei ruoli sempre più sciolti l’uno nell’altro al punto che il tempo del lavoro come quello del riposo s’intrecciano spesso pericolosamente. Aver perso la possibilità di distinguere tempi e ruoli è probabilmente una delle maggiori cause di stress dell’uomo contemporaneo. Scindere non è più possibile, ma al tempo stesso accumulare e accentrare potrebbe significare l’avverarsi di un vero e proprio incubo che vedrebbe il passaggio da una società capitalistica seppur ricca di contraddizioni e disuguaglianze ad una dal carattere sostanzialmente feudale in cui il primo e l’ultimo oggetto (e non più soggetto) di consumo è l’uomo con il suo corpo performato e utilizzato fino al suo stesso esaurimento.
Le chiavi per riportare al centro sia un concetto virtuoso di capitalismo sia una visione sostenibile di sviluppo sono la condivisione e una nuova visione del corpo quale vero e proprio interprete dell’ambiente circostante. La liquidità del nostro tempo non può più essere interpretata in chiave di sfruttamento da cui non può derivare oltre che un drastico peggioramento (in alcuni casi irreversbile) delle condizioni ambientali, un impoverimento sociale dai risvolti probabilmente incontrollabili.
Il concetto di architettura empatica ha formalizzato quelle che sono state intuizioni di filosofi e architetti iniziando ad interpretare gli edifici attraverso una lettura fisionomica carica quindi delle sensazioni e delle esperienza vive di cui in realtà sono fatti. Costruire riconoscendo un ritmo esperienziale è oggi fondamentale se si vuole provare a far dialogare ambiti ormai contigui che rischierebbero in caso contrario di confliggere deteriorando il tessuto di cui fanno parte.
Se inizialmente il concetto più in voga era la sostenibilità che aveva come obiettivo sia quello del risparmio energetico, sia quello di divulgare una pratica più generale di rispetto ambientale ora assistiamo all’implementazione del concetto di rigenerazione: ossia la capacità di recuperare memoria rendendola capace di rispondere alle esigenze dell’oggi. Tra i casi più famosi la ristrutturazione della sede del Centro Sviluppo Prodotto Ferrari a cura di Massimiliano Fuksas, che oltre a prevedere un miglioramento d’efficenza della struttura propone anche una vera e propria visione di life style per chi vi lavora tutta incentrata sul rispetto ambientale e la condivisione degli spazi. Quindi un avanzamento nel solco di Olivetti inteso però nell’ottica di un miglioramento della performance dell’azienda: non esiste più un modello di società, ma la necessità e affrontare gli imprevisti nelle condizioni migliori possibili è ormai essenziale.
Diviene quindi sintomatico che siano gli eventi globali più ancora che le eccellenze a caratterizzare una visione nuova e migliorativa delle condizioni di vita e più in generale un evoluzione del dialogo tra uomo e ambiente. Se è stato un punto di non ritorno l’Expo di Siviglia del 1992 curato da Emilio Ambasz allo stesso modo l’Expo milanese nonostante i molti tradimenti al planning iniziale, si pone come un punto di riferimento. Ed è nell’indotto di Expo e nella mentalità magari a tratti solo propagandata che si sta assistendo al cambiamento più efficace. Si moltiplicano nel solco di Expo sul territorio nazionale tentativi ed esperimenti che vadano incontro a nuove logiche di infrastruttura relazionale. A Bergamo due progetti innovativi stanno caratterizzando il suo cambiamento: uno riguarda il recupero dell’antico monastero di Astino trasformato in un centro di ricerca dell’eccellenza alimentare italiana.
L’altro progetto – diversissimo – recupera vecchio stadio di calcio ormai in centro città ponendosi l’obiettivo di ridurre il numero dei posti favorendo la godibilità dello spettacolo e una maggiore coesione con lo spazio circostante. Un vero stadio nella città. E in generale le varie amministrazioni (così come i privati) lungo tutto lo stivale stanno caratterizzando i loro interventi in chiave di rigenerazione e coesione sociale, anche perché il territorio italiano dispone di antichità da valorizzare come di un patrimonio di architettura industriale di grande valore. A fianco a questo assistiamo infine a ristrutturazioni aziendali che vanno proprio nell’ottica di valorizzare il proprio prodotto rendendo più compatto il legame tra immaginario e pratica. L’azienda torna al centro della scena ponendosi come l’attivatore di un ecosistema virtuoso: non più grande ferriera, ma incubatrice di nuove risorse e visioni.
L’esempio forse più avanzato in tal senso in Italia è stato pensato dall’Eni in Basilicata con la costruzione del Miglio Artistico, totalmente immerso e in relazione con l’ambiente circostante, a corredo di un impianto industriale in Val d’Agri. Il progetto affidato allo studio di Andreas Kipar – tra i massimi paesaggisti al mondo – ha l’ambizione di sviluppare un dialogo di vicendevole arricchimento tra ambiente e industria. L’obiettivo è costruire un vero e proprio ecosistema al cui interno ogni elemento è fonte di arricchimento per l’altro: non più quindi l’idea di un impianto industriale che sia centrale quale dispositivo di sviluppo, ma che invece si ponga quale acceleratore delle qualità preesistenti organizzandole e valorizzandole.
Il Centro Olio Val d’Agri avrà una prima fase di completamento dei lavori durante quest’anno permettendo già di dar forma ad una visione innovativa di produzione. La caratteristica più evidente di questa prima fase è rappresentata dal Miglio Artistico ideato dall’artista messicano Raymundo Sesma. Un muro di recinzione che abbandona ogni concetto divisivo per diventare social lavorando attraverso colori e materiali che dialogano con il luogo e il tempo delle sue stagioni.
Eni con questo progetto in Basilicata rilancia credendo nell’innovazione e nel patrimonio più antico e assolutamente originale del nostro paese, quello ambientale. La ricchezza e la particolarità del nostro tessuto sia sociale che artistico e naturale può avere rilevanza solo se si è in grado di attivarlo, favorendo un vero scambio e un dialogo proficuo.
Il nostro tempo liquido può portarci a rinchiuderci in gabbie di angoscia e paura oppure a scoprire e ad assaporare la particolarità di luoghi che prima d’ora erano privilegio di pochi e per pochi occasione di crescita. Il carattere della nazione è nei suoi rivoli più nascosti come nelle sue sorgenti più impreviste: un’unicità fatta di particolari indivisibili a cui dare coraggio e fiducia.
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