Ambiente
Energie alternative? Il dubbio talvolta c’è
Il caso del Monte Peglia, in Umbria, dove il progetto non convince.
Dovrebbero essere 18 pale eoliche, alte un centinaio di metri, 8 aerogeneratori da 2,3 Mw ciascuno in località Poggio della Cavallaccia e un’altra centrale eolica in località La Montagna con 10 aerogeneratori da 2,3 Mw ciascuno.
Siamo sul Monte Peglia, la montagna che sovrasta Orvieto, accanto all’autostrada del sole: il paesaggio è quello che da sempre è decantato con vigneti, boschi e oliveti. Tra Todi e Orvieto, in una di quelle valli incantate che rendono l’Umbria un luogo affascinante, ricco di luoghi e di cultura da farla diventare una delle mete preferite dal turismo internazionale.
Nel 2012 è stato presentato alla Provincia di Terni per l’autorizzazione unica un progetto da milioni di euro per la realizzazione delle centrali eoliche, sull’onda del business per le energie rinnovabili e pulite. Da allora Associazioni e cittadini, in modo trasversale, senza distinzione politica, si uniscono in un comitato e iniziano a fare opposizione, raccogliendo documentazione e presentando osservazioni in Provincia.
Il 17 Gennaio 2013 alla riunione della Conferenza dei servizi indetta dalla Provincia sono stati espressi diversi pareri negativi, tra cui quello del Servizio Agricoltura caccia e pesca, quello dei Beni Ambientali, la richiesta di non procedibilità dell’istanza da parte della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, ma il progetto non viene respinto e la decisione viene demandata alla Regione per la Valutazione di Impatto Ambientale.
Non è solo una questione da anime belle, che vorrebbero che il paesaggio e l’ambiente naturale fossero lasciati in condizioni di equilibrio: la questione è molto più complessa e riguarda le scelte economiche e industriali che si intendono realizzare. Siamo nel 2015 e, trascorsi tre anni dalla presentazione del progetto, molte cose sono cambiate. Il settore dell’energia non ha più la capacità che aveva allora di attirare investimenti con la prospettiva di incentivi legati al conto-energia o della creazione di nuova occupazione.
Oggi quelle torri avrebbero l’effetto, certo, di distruggere un paesaggio che fa da contorno a uno dei luoghi più belli dell’Umbria e dell’Italia; un effetto, meno certo, di produrre benefici per il territorio. Piuttosto che investire nella produzione di energia, in quella zona, dove il vento non è costante e la costruzione delle infrastrutture per gli impianti si tradurrebbe in strade, cavidotti interrati, centrali di smistamento, … si dovrebbe pensare a creare un sistema di qualità rurale, dove la forza del territorio sia tradotta in presenze turistiche e non in Mw.
Suona strano che nel 2015 si pensi di investire in pale eoliche dove le caratteristiche dei luoghi non corrispondono alle condizioni adeguate a questo tipo di attività piuttosto che investire in risparmio energetico ed efficienza: sembra tornare indietro nel tempo con progetti che, a parole, parlano di energia pulita ma che, in realtà, hanno molto a che fare con la finanza e la speculazione.
L’Italia avrebbe bisogno di ben altro, uscendo dalla schizofrenia di chi, un giorno parla del turismo come dell’industria più importante e un altro giorno insegue progetti effimeri che possono avere ripercussioni gravi sull’equilibrio dei sistemi naturali.
Il Monte Peglia è un caso da seguire con molta attenzione perché non è il solo, purtroppo, e qui, più che altrove il rischio di mettere in pericolo il patrimonio ambientale è particolarmente grave: la disattenzione o l’assenza di una strategia ben decisa può portare a danni irreparabili, dove i pochi Mw prodotti dalle turbine sarebbero ben poca cosa di fronte alla perdita di un sistema ambientale, culturale e paesaggistico che è il frutto di secoli di storia.
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