Alto Mugello, il torrente Rovigo, vittima di un disastro ambientale

Ambiente

Torrente Rovigo: la natura non dimentica

Valle del Rovigo: da una deep wilderness dell’Appenino gli scheletri nell’armadio di amministrazioni pubbliche del passato.

8 Aprile 2025

Ci troviamo nell’Alto Mugello, o più propriamente in una parte della Romagna Toscana, al confine tra i comuni di Firenzuola e di Palazzuolo sul Senio, in una porzione di territorio geograficamente in Emilia, ma storicamente e politicamente in terra di Toscana. Forse proprio per questo un po’ emarginata dall’amministrazione della provincia di competenza: Firenze.  

A seguito delle intense piogge del Marzo di quest’anno, nell’alta valle del torrente Rovigo, viene attivata una frana, ma ben presto si scopre che ciò che sta scendendo a valle, verso l’alveo del torrente non è terra, non sono rocce, ma una montagna di rifiuti, accumulati li negli anni ’70 dalla città di Firenze.

Torrente Rovigo, un disastro ambientale “locale” che parla a un intero paese

Questo piccolo, grande disastro ambientale, che ha duramente colpito uno dei luoghi del cuore di chi frequenta o vive in questa parte di Appennino, è sintomo dell’incuria che abbiamo per l’ambiente, per la nostra “casa comune”.  Per quanto assurdo possa sembrare, trasportare migliaia di tonnellate di rifiuti, facendo inerpicare camion su strade di montagna, per poi scaricarli in una scarpata di una delle valli più belle e più integre dell’area, questo rappresenta il passato, ed è solo una parte del problema. La cosa più preoccupante è il ruolo di subordine che da sempre la montagna, o comunque le aree marginali hanno rispetto alla città.  

Se fosse solo voler attribuire ainostri territori montani il ruolo di “Parco giochi” delle società turbo-consumistiche che mediamente vivono le città andrebbe ancora bene: in genere un parco divertimenti lo si cura, lo si abbellisce. Il problema è che releghiamo, o meglio condanniamo tali aree a ricevere, subire tutto ciò che la sindrome NIMBY (not in my back yard), cerca di collocare nelle periferie.  

E quindi non solo le discariche del passato, ma anche quelle attuali (nel comune di Firenzuola, affacciato sulla valle del Diaterna, ce ne è una ancora attiva), i parchi eolici (nome suggestivo per qualcosa che devasta le nostre montagne, non a beneficio delle comunità locali, ma andando ad ingrassare i profitti delle multinazionali dell’energia), improbabili e anacronistici nuovi impianti sciistici (leggasi Corno alle Scale e Doganaccia) che viste le previsioni per l’evoluzione del clima consentiranno solo uno sfruttamento opportunistico e di rapina.
L’atteggiamento predatorio non è molto dissimile da quelli attuati verso le minoranze, le marginalità di qualsiasi angolo remoto del pianeta. Anche ora, nel XXI secolo, nella civilissima Italia, e le aree marginali interne sono abitate non solo dai nativi, ma anche da chi le ha scelte consapevolmente, affrontando le difficoltà della mancanza di servizi, delle distanze, cercando una via d’uscita ad un modo di vivere, di consumare, di abbruttire divenuto per molti ormai insostenibile.

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