Ambiente
Allerta meteo e responsabilità degli enti: il caso fortuito non esiste
Non esistono più le mezze stagioni e pure quelle intere danno problemi, tutta colpa del cambiamento climatico e non sembra più ormai un luogo comune o meno.
I danni da allagamento per le forti piogge sono sempre più numerosi e le nostre città si dimostrano puntualmente impreparate ad affrontare l’emergenza. Le “Bombe d’acqua” estive, o le forti precipitazioni e nevicate invernali costituiscono ormai un serio rischio. I conseguenti danni da chi devono essere risarciti?
Il Comune è il primo indiziato, ma il codice civile da la possibilità alla pubblica amministrazione, di andare esente da colpe quando dimostri l’imprevedibilità e inevitabilità del caso (è quello che viene chiamato “caso fortuito”).
Il custode o proprietario di un bene, come una strada pubblica, deve risarcire tutti i danni da esso provocati, come appunto l’allagamento anche se di tali danni non ha alcuna colpa. È quella che viene definita “responsabilità oggettiva per cose in custodia”. Tuttavia, se il fenomeno è stato determinato da un fatto impossibile da evitare anche con il più scrupoloso comportamento, nessun risarcimento è dovuto.
Ci troviamo quindi davanti al caso in cui se il temporale è eccezionale esclude la responsabilità del Comune.
Infatti, secondo la Cassazione, un temporale di particolare forza ed intensità, protrattosi nel tempo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può, in astratto, integrare gli estremi del “caso fortuito” o della “forza maggiore”. L’eccezionalità ed imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito, idoneo ad escludere la responsabilità per il danno verificatosi.
Tuttavia il Comune potrebbe essere comunque corresponsabile se ha aggravato il danno, per esempio non pulendo le grate sulle strade, otturate da rifiuti e terra, i danni provocati da piogge, uragani, temporali e altre precipitazioni atmosferiche pur di particolare forza ed intensità, tali danni siano stati determinati dall’insufficienza del sistema di deflusso delle acque meteoriche della strada. Bisogna inoltre valutare che Il carattere eccezionale di un fenomeno naturale, nel senso di una sua ricorrenza saltuaria anche se non frequente, non è, sufficiente, di per sé solo, a configurare il caso fortuito, in quanto ciò non significa che esso non sia comunque prevedibile. Infatti anche la Corte ha precisato che l’eccezionalità ed imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito, per far si da escludere la responsabilità per il danno verificatosi, solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l’evento.
E’ certamente vero che una pioggia di eccezionale intensità può anche costituire caso fortuito, ma non è affatto vero che una pioggia forte costituisca sempre e comunque un caso fortuito. L’amministrazione, infatti, deve dimostrare – per evitare di pagare i danni – che le piogge in questione siano state da sole causa sufficiente dei danni nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte sua delle opere di smaltimento delle acque piovane.
Bisogna dimostrare quindi che le piogge siano state così intense che gli allagamenti si sarebbero verificati nella stessa misura pure essendo stata attuata la manutenzione prevista.
La responsabilità per i danni provocati da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., trova applicazione anche in relazione ai beni demaniali dove potrebbe essere impossibile l’esercizio di un continuo ed efficace controllo che valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i terzi, applicando in generale il principio del “neminem laedere” di cui all’art. 2043 c.c. e limitazione della responsabilità.
Affinché la p.a. possa andare esente dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., per i danni causati da beni demaniali, occorre verificare il potere di controllo e di vigilanza su di essi.
Possono integrare il caso fortuito o la forza maggiore precipitazioni di imprevedibile ed eccezionale gravità in quanto per caso fortuito deve intendersi un avvenimento imprevedibile, un quid di imponderabile che si inserisce improvvisamente nella serie causale come fattore determinante in modo autonomo dell’evento.
La possibilità di invocare il fortuito (o la forza maggiore) deve ritenersi ammessa nel solo caso in cui il fattore causale estraneo al soggetto danneggiante abbia un’efficacia di tale intensità da interrompere tout court il nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, di tal che esso possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento. E’ evidente, perciò, che un temporale di particolare forza ed intensità, protrattosi nel tempo e con modalità tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia, può, in astratto, integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore, salva l’ipotesi in cui sia stata accertata l’esistenza di condotte astrattamente idonee a configurare una (cor)responsabilità del soggetto che invoca l’esimente in questione.
Uno dei compiti primari del Sindaco è quello di saper garantire in ogni situazione la sicurezza della propria comunità, sia come singoli individui che come collettività ed ha anche il potere, quale Ufficiale di Governo, di emanare provvedimenti contingibili ed urgenti finalizzati alla pubblica incolumità.
È opportuno evidenziare che la recente normativa di riordino del Sistema Nazionale di Protezione Civile ha affidato nuove responsabilità al Sindaco indicandolo come l’Autorità di Protezione Civile che “assume la direzione dei servizi di emergenza sul territorio del comune” mentre il Decreto legge 6 luglio 2012 (spending review) ha inserito tra le funzioni fondamentali del Comune “l’attività in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi”, ribadendo, in tal modo, l’importanza dei compiti affidati al Sindaco in tale ambito.
Egli viene così chiamato ad operare con un coinvolgimento totale nelle attività di previsione, prevenzione, soccorso e superamento dell’emergenza ed è l’autorità che riveste un ruolo complesso e fondamentale nell’ambito del sistema di protezione civile in quanto gli è richiesto di prevedere, prevenire e gestire gli eventi calamitosi che possono interessare il proprio comune e i suoi abitanti.
Il Sindaco deve quindi mettere in atto ogni attività di prevenzione volta ad assicurare l’incolumità dei propri cittadini, la tutela dei loro beni e del territorio.
Al verificarsi di una situazione d’emergenza, acquisite le opportune e dettagliate informazioni sull’evento, il Sindaco assume la direzione dei servizi di soccorso e assistenza alla popolazione colpita e adotta i necessari provvedimenti.
Egli non può trovarsi impreparato ad affrontare tale evento in quanto è il punto di riferimento (operativo e amministrativo) e di sostegno dei propri cittadini che a lui si rivolgono quale istituzione più prossima.
E’ compito esclusivo del Sindaco l’informazione preventiva e in emergenza della popolazione su possibili situazioni di pericolo (art. 12 Legge 265/92)
La comunicazione con la cittadinanza è finalizzata innanzitutto a poter limitare i feriti o la perdita di vite umane nonché la distruzione di beni materiali attraverso informazioni sui corretti comportamenti da assumere in situazioni emergenziali.
Per poter rispondere efficacemente alle varie attività emergenziali, è pertanto necessario che a livello comunale venga assicurato l’esercizio di tutti i servizi comunali, con la presenza del segretario comunale e dei dirigenti/funzionari, dell’Ufficio Tecnico Comunale, della Polizia Locale, del Volontariato locale.
Il Sindaco inoltre si avvale, al fine di assicurare nell’ambito del proprio territorio comunale la direzione ed il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione, del C.O.C., tempestivamente attivato e da lui presieduto, in previsione di un evento o in immediata conseguenza dello stesso.
Il caso dell’ex sindaco di Genova (sempre in primo piano quando si tratta di eventi eccezionali) Marta Vincenzi, condannata a cinque anni di carcere per disastro colposo, omicidio colposo plurimo e falso ideologico, nel processo sull’alluvione che interessò Genova il 4 novembre 2011, in cui morirono sei persone.
L’ex sindaca di Genova, Marta Vincenzi ha “mentito a tutti”, ha “totalmente abdicato ai suoi doveri di intervento in materia di protezione civile” con una “fuga dalla responsabilità” e “ha operato una valutazione ‘politica’ indirizzata al mantenimento del consenso popolare“. Questo scrivono i giudici di corte d’appello di Genova nelle motivazioni della sentenza di condanna a 5 anni per l’ex sindaca per l’alluvione del 2011 in cui morirono 4 donne e 2 bambine, “I garanti della sicurezza – si legge nelle carte – hanno tentato un azzardo pericolosissimo con il destino con ingiustificata e elevatissima imprudenza“.
Non vi è dubbio che le informazioni delle quali il sindaco disponeva erano tutte orientate in modo univoco e esplicito a paventare l’esondazione dei corsi d’acqua, ben note per la reiterazione di tali fenomeni almeno dagli anni ’80 in avanti. La condotta del sindaco non può che essere valutata come gravemente colposa
La vicenda della condanna dell’ex sindaco, in appello, merita riflessione. È un dato di fatto, l’esposizione di sindaci, amministratori e dirigenti comunali, rispetto al verificarsi di eventi straordinari e non sempre prevedibili nella portata e negli effetti.
Il periodo 2004/2015, conta circa 70 procedimenti penali pendenti relativi ad emergenze di protezione civile, a carico di 200 persone tra sindaci, amministratori, dipendenti comunali, rappresentanti regionali eccetera. La condotta contestata è in genere: aver sottovalutato il segnale d’allarme del sistema di monitoraggio. Il numero di procedimenti giudiziari dimostra che c’è un problema di «cattivo» funzionamento del sistema “legale” che produce contenziosi e vede il sindaco, prima autorità di protezione civile, caricato di compiti e responsabilità che hanno elevato tasso tecnico e poca discrezionalità politica.
Il sindaco di un Comune a rischio idrico/idrogeologico (ovvero l’87% dei Comuni) riceve in media ogni anno 150 allerta meteo fra giallo e arancione. Al sindaco, è dato l’onere eccessivamente tecnico, di valutare l’andamento e la gravità del fenomeno previsto, e quindi di definire il grado di allerta ma è troppo forte lo scarto fra massima responsabilità e minime risorse per i Comuni in materia di protezione civile.
La giurisprudenza, in fatto di responsabilità dei sindaci al più delle volte, sanciscono pronunce con un chiaro esonero di responsabilità a carico del Comune e del sindaco.
Ma quando la condotta del sindaco non può che essere valutata come gravemente colposa in particolare quando una dinnanzi ad una scelta tecnica, in funzione delle informazioni ricevute, interviene invece una valutazione ‘politica’ dettata da considerazioni estranee alla tutela della collettività, e piuttosto indirizzate al mantenimento del consenso popolare da parte di quei ceti che in occasione di interruzioni delle normali attività potrebbero lamentare danni per le loro imprese.
Il senso di responsabilità impone a tutti, ed in primis ai sindaci, di valutare e verificare la situazione concreta, perché in ogni comune le circostanze sono diverse e a sé stanti. Bisogna con serietà assumersi le responsabilità del ruolo, senza scaricare su altri decisioni e conseguenze.
Il compito decisivo, è affidato alla manutenzione, solo ove si dimostri di avere adottato ogni possibile attività di prevenzione e manutenzione, può configurarsi l’eventuale esenzione dalle responsabilità. Il risultato, nella pratica, è che anche per un temporale di particolare intensità si può giungere ad escludere il caso fortuito qualora il proprietario non riesca a dimostrare di avere posto in essere tutte le misure idonee a scongiurare il danno.
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