Ambiente
Usiamo troppa acqua (e troppa plastica): ecco come possiamo cambiare musica
È il grande problema della nostra epoca ma anche la più grande sfida che tutti, istituzioni, aziende, cittadini, ci troviamo ad affrontare. Si tratta del cambiamento climatico che affligge il nostro pianeta e le generazioni future e di cui siamo i responsabili. La crisi climatica in corso ha e avrà enormi conseguenze, soprattutto su quelle popolazioni che vivono in tessuti sociali meno sviluppati del ricco occidente.
Le Nazioni Unite ci dicono che se non verranno adottate delle misure concrete per limitare i danni dell’inquinamento globale, in particolar modo nei Paesi del sud del mondo, si rischia di andare incontro ad un incontrollato boom demografico.
La rivista Time, qualche mese fa, ha studiato i dati messi a disposizione dall’ONU sulle proiezioni della popolazione planetaria nei prossimi anni, mettendoli a confronto con la graduatoria dei Paesi maggiormente a rischio a causa del riscaldamento globale, stilata dalla società britannica Verisk Maplecroft. Tra i parametri presi in considerazione, c’è l’impatto fisico che lo stravolgimento delle temperature può avere sui vari Stati, la reazione di ogni singola popolazione (a seconda del livello di povertà e di assistenza sanitaria, senza dimenticare il grado d’istruzione) e l’adattabilità delle varie realtà garantite o meno dai governi locali e dalla stabilità socio-economica. La classifica registra ben 193 Paesi a rischio di cambiamenti legati agli effetti dell’innalzamento delle temperature medie.
I primi 10 Stati in classifica appartengono tutti all’Africa sub-sahariana tranne uno. Qui se i cambiamenti climatici dovessero continuare a verificarsi senza alcuna limitazione, si potrebbe andare incontro entro il 2050 ad un sensibile incremento delle nascite. L’Europa, invece, conta ben 27 Stati sui 36 inseriti nella voce «a basso rischio», e addirittura si prevede che entro i prossimi trent’anni ci possa essere un ulteriore crollo demografico del 5%. Diversa, invece, la situazione degli Stati Uniti, che sono stati inseriti nella 163ª posizione per quanto concerne le 197 popolazioni che dovrebbero far segnare un incremento demografico di circa il 15%.
Paradossalmente gli abitanti dell’Africa sub-sahariana che rischiano di pagare maggiormente le conseguenze dei cambiamenti climatici sono quelli che hanno generato una quantità minima di CO2 nell’atmosfera: secondo la Banca mondiale, infatti, nel 2014 hanno prodotto circa 0,8 tonnellate di anidride carbonica a dispetto della media europea che si è assestata intorno alle 6,4 tonnellate e a quelle americane che sono all’incirca 16,5.
Il cambiamento climatico accompagnato al boom demografico nei paesi più poveri potrebbe incrementare ancora di più la crisi legata ai flussi migratori che potrebbero andare incontro a degli spostamenti irregolari, illegali e non pianificati. Le stime attuali parlano di più di 140 milioni di emigranti che potrebbero mettersi in movimento dall’Africa sub-sahariana, dall’Asia meridionale e dal Sudamerica entro il 2050. Gli studiosi delle Nazioni Unite hanno coniato un termine specifico per definire questa situazione, parlando di «apartheid del clima».
Guardando più direttamente in “casa nostra”, poche mesi fa, il Corriere della Sera titolava un articolo di Sara Gandolfi “Milano sarà calda come Dallas”. Uno studio pubblicato su Plos One analizza infatti quali impatti avrà la crisi climatica su 520 città del mondo da qui al 2050 e il risultato è una fotografia del futuro piuttosto inquietante. Il clima sarà subtropicale, caldo e umido. Milano e Torino vivranno in temperature come l’americana Dallas. A Roma il termometro salirà anche di più ma la brezza marina allevierà la calura, proprio come avviene ora ad Adana, nella Turchia meridionale. Londra somiglierà meteorologicamente all’attuale Barcellona, Monaco di Baviera a Milano, Stoccolma a Budapest, Seattle a San Francisco, Madrid a Marrakech ed Edimburgo a Parigi. Ancor più grave, il 22 per cento delle metropoli, tra cui Singapore e Giakarta, soffriranno condizioni climatiche estreme, mai sperimentate prima al mondo. Il trend vede uno spostamento delle città nell’emisfero settentrionale verso condizioni climatiche che oggi si trovano circa 1.000 chilometri più a sud, direzione Equatore. Con effetti incalcolabili su salute pubblica e infrastrutture. Nelle città europee le temperature aumenteranno in media di 3,5° C gradi d’estate e 4,7 in inverno. A Milano è prevista un’impennata fino a 7,2° nel mese più caldo, con una media annua di + 2,5°.
A giocare un ruolo fondamentale nella lotta all’emergenza clima, oltre alle politiche e allo stile di vita adottato da ogni singolo cittadino, sono le scelte delle imprese che operano sui territori, anche quelle che offrono proprio servizi alla popolazione. Realizzare una strategia sostenibile, peraltro, significa costruire le condizioni per la continuità dell’attività industriale di domani.
Gruppo Cap ha adottato delle misure per ridurre i litri di acqua consumati ogni giorno dai suoi utenti con l’ambizioso obiettivo di 180 litri giorno pro capite per un avvicinamento alla media europea. Come? Per esempio introducendo contatori individuali, promuovendo consumi di acqua dalla prima falda, non potabile, ma adeguata ad altri usi. E poi educando all’uso consapevole dell’acqua, bene prezioso, nelle scuole e creando campagne di comunicazione e di gamification dei consumi per le famiglie finalizzate alla riduzione del consumo. Il Gruppo, inoltre, ha stanziato 18 milioni di euro per ammodernare il parco contatori.
L’Italia è il Paese europeo con il più alto consumo pro capite di acqua in bottiglia e seconda al mondo dopo il Messico. 206 litri di acqua imbottigliata è il consumo medio pro-capite in Italia ogni anno, contro una media europea di 106 litri, pari a circa 8 miliardi di bottiglie di plastica consumate. 30% è la quota degli italiani che non si fida a bere l’acqua del rubinetto nel 2016, il 7% in meno di dieci anni prima, mentre in media il 55% dei cittadini europei dichiara di bere acqua del rubinetto così come viene erogata. L’obiettivo di CAP è triplicare il numero degli utenti che dichiarano di bere solo acqua del rubinetto fino a raggiungere il 70% degli utenti nel 2033, offrendo anche il servizio di analisi dell’acqua del rubinetto a richiesta degli utenti.
L’accesso all’acqua peraltro è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’ONU. Oltre 5 milioni, pari all’8,5% della popolazione, sono gli italiani in povertà assoluta ed è in aumento la popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale, in Lombardia pari al 17% della popolazione. In un quadro come questo la morosità è un problema diffuso che interessa il 9% delle famiglie in Italia e il 2,6% degli utenti CAP. Sviluppare soluzioni su misura pensate per gli utenti più fragili e per le strutture collettive è uno degli obiettivi del Gruppo.
L’azienda ha stanziato 319 milioni di euro per ridurre rifiuti e perdite, assicurare la qualità dell’acqua depurata e garantire l’adeguatezza del sistema fognario. La rapida urbanizzazione e l’aumento degli abitanti nei centri già altamente popolati rendono le città fragili e vulnerabili di fronte a eventi atmosferici estremi e alle pressioni crescenti delle migrazioni. Più del 50% della popolazione mondiale vive nelle città, che in termini di superficie rappresenta il 2% del pianeta. Sono 12.405 i km quadrati di aree a pericolosità idraulica elevata in Italia, il 91% dei Comuni italiani nel 2017 è a rischio di dissesto idrogeologico e 600.000 imprese sono esposte al pericolo inondazione in Italia. CAP vuole implementare le misure per gestire il rischio idraulico e ottimizzare le infrastrutture esistenti.
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