Acqua

Ecco come la tecnologia italiana salva Las Vegas dalla siccità

27 Gennaio 2015

Dove zampillano le fontane più famose del mondo? Naturalmente in mezzo al deserto. Dove la natura è avara di acqua, lo spettacolo di getti e zampilli emoziona ancora di più. La fontana ha una vocazione barocca, è l’espressione di un gusto per l’eccesso, dissipa risorse essenziali per suscitare meraviglia, distrugge vita per creare ricordi.

Nel deserto del Mojave, a Las Vegas, il lusso ha finito per coincidere con la necessità: gli imperi economici dell’Hotel Bellagio, degli MGM Resorts, del Caesar Palace, del Venetian, si fondano almeno in parte sulle iperboli dei loro spettacoli acquatici. O almeno così ritengono i loro creatori. Il Bellagio tenta di riprodurre la suggestione del paesaggio italiano del Lario, e l’alimentazione delle sue fontane divora 12 milioni di galloni di nuova acqua ogni anno, equivalenti a circa 170 milioni di litri.

I valori di questa misurazioni assumono una sfumatura più drammatica se si pensa che Las Vegas dipende per il 90% delle sue risorse idriche dal Lake Mead, il più grande bacino artificiale degli Stati Uniti: lo forma il fiume Colorado al confine tra Nevada e Arizona, dove lo bloccano le bastionate della diga Hoover. La sua inaugurazione nel 1936 ha sancito la rinascita della città e ha partecipato alla metamorfosi della sua vocazione: da snodo commerciale per minatori e ferrovieri, a eldorado del gioco d’azzardo e del divertimento notturno. Da allora lo sviluppo urbano non ha conosciuto contrazioni: la popolazione dell’area metropolitana è cresciuta a partire dagli anni Settanta con un «ritmo di raddoppio ogni dieci anni» e continua a proporsi tra gli agglomerati con la crescita più rapida negli Stati Uniti, nonostante la crisi economica degli ultimi anni. Ma se la città si espande, il lago subisce gli effetti dei mutamenti climatici globali e si riduce a vista d’occhio. Il livello scende e lascia un bordo sempre più ampio sotto la soglia occupata dalla vegetazione. Nel luglio 2014 l’altezza dell’invaso era scesa a 1.084 piedi, poco più di 330 metri. Le previsioni della Southern Nevada Water Authority (SNWA) per l’estate 2015 disegnano una restrizione a 1.068 piedi, con l’effetto di rendere pressoché inutilizzabile la condotta collocata più in alto, a 1.050 piedi.

I 2.300 chilometri di lunghezza del fiume Colorado subiscono una pressione lavorativa che sembra una forma della schiavitù, della riduzione della natura a puro serbatoio di risorse e di forza produttiva. La loro riserva idrica permette di irrigare oltre 1,6 milioni di ettari di terreni agricoli, e di dissetare 30 milioni di persone distribuite in sette stati USA (più una parte del Messico e 30 tribù indiane). La superficie del secondo invaso per dimensioni sul corso del fiume, il Lake Powell, è sprofondata di 60 piedi nel 2012 e nel 2013. La tenuta dell’intero bacino idrografico sembra precipitare in una situazione molto critica.

Lake Mead Intake tunnel idraulico Las Vegas - U.S.A January to March 2010

 

La polemica sullo spreco di acqua da parte delle fontane e degli spettacoli che le animano non ha tardato ad investire l’SNWA, che ha disposto una misurazione del loro impatto sul consumo complessivo registrato nell’area metropolitana. Bronson Mack, portavoce dell’autorità idrica, assicura che il picco di prelievo da parte degli hotel e dei casinò ha coinciso con una quota equivalente al 7% del totale. Oggi però la loro incidenza si è ridotta di oltre metà del valore, limitando il peso intorno al 3 per cento.

Il lusso di Las Vegas è un monumento al sogno americano. Il successo è un miraggio, e come tale ha qualcosa da spartire con il deserto che circonda la città dei casinò, il vuoto della loro spettacolarità e la pienezza dei loro guadagni, della loro compromissione con il piacere e lo spreco, la spregiudicatezza e in qualche caso l’illegalità. Ma la promessa di Las Vegas continua ad attirare turisti, abitanti e investimenti. E la dissipazione di risorse necessarie ad alimentare il lusso dell’industria dell’intrattenimento, non è un fenomeno che si possa aggirare. Perciò, in attesa di rivoluzioni culturali (assenti anche all’orizzonte), il suo sostentamento richiede sempre maggiori sforzi intellettuali, più intraprendenza e dosi crescenti di tecnologia.

L’amministrazione pubblica di Las Vegas ha tentato di identificare chi o cosa sia responsabile del consumo di grandi volumi d’acqua, qualcosa più plausibile delle fontane.  Non sono mancate le sorprese: i giardini all’inglese delle ville urbane. Doug Bennet, conservation director presso l’SNWA, dichiara che la soglia di sopravvivenza per ogni piede quadrato di prato (equivalente a 0,3 metri quadri) è di 73 galloni di acqua all’anno. Più di mille litri. Fin dal 2001 il consiglio comunale ha offerto un incentivo pari a 1,5 dollari per piede quadrato a tutti coloro che decidono di abbandonare la coltivazione a giardino, in favore di una decorazione più prossima al paesaggio desertico circostante. In dieci anni di sviluppo del programma sono stati spesi 200 milioni di dollari per convertire una superficie di 5,5 miglia quadrate, equivalenti a circa un sesto dell’estensione di Manhattan.

Ma lo Water Smart Landscapes Program della città non si è limitato ai prati. Case ed edifici pubblici sono stati ristrutturati al fine di riciclare il 100% dell’acqua che viene utilizzata negli ambienti interni. Il risultato è strabiliante: dal 1989 la popolazione è triplicata, mentre la richiesta di risorse idriche pro capite è scesa del 40 per cento. Il problema è che in ogni caso gli abitanti crescono di numero, oltre metà della massa liquida delle fontane evapora, il fabbisogno si espande ogni anno, anche se di poco – mentre il livello del Lake Mead continua a calare. L’amministrazione pubblica di Las Vegas ha assunto dei poliziotti dedicati al controllo dello spreco di acqua, e ha tassato tutti gli usi non rivolti all’igiene personale e all’alimentazione: così l’acqua per lavarsi e cucinare è di 1,16 dollari per mille galloni, mentre ogni altro impiego raggiunge 4,58 dollari. Ma uno dei problemi maggiori è di ordine psicologico, osserva Nicole Lise, portavoce dell’SNWA.

A Las Vegas, infatti, la crescita demografica è un effetto dell’immigrazione da altri stati USA, e per lo più i nuovi cittadini sono pensionati che si trasferiscono per godere del clima temperato-caldo. Spesso per loro è difficile abbandonare le abitudini di vita che hanno frequentato durante tutta la vita nel Midwest o nelle regioni settentrionali. A partire dai prati per la decorazione dei giardini di casa.  Oltre alla gestione oculata del paesaggio, alla formazione dei cittadini e alle strategie di riciclo e riutilizzo dell’acqua, l’SNWA si è dovuta impegnare in un piano di gestione a lungo termine dell’emergenza. La contrazione del Lake Mead è destinata a mettere fuori uso a breve termine il bocchettone più alto di prelievo delle acque. Il secondo bocchettone, collocato circa 25 metri più in basso, sarà minacciato nei prossimi anni: un arco di tempo molto ristretto, se si riflette sul fatto che in tre lustri il livello è precipitato di 44 metri.

L’esaurimento di questo secondo punto di prelievo condannerebbe Las Vegas all’inaridimento definitivo. Nel marzo 2008 sono stati avviati i lavori per l’apertura di un terzo tunnel idraulico sotto il Lake Mead, una sorta di bocchettone progettato per resistere fino all’ultima goccia d’acqua disponibile nel lago. Il modello è molto semplice da comprendere, perché nei nostri bagni sono attivi esempi (in scala ridottissima) del dispositivo. Invece di scavare lungo le pareti laterali del bacino, come avviene di solito, il foro viene praticato sul fondo e l’acqua viene incanalata in un sifone che conduce verso la città. Il supplemento di ingegno tecnologico richiesto dalla sopravvivenza di Las Vegas e del suo stile di vita si è focalizzato nella realizzazione di quest’opera imponente. Ciò che distingue lo scavo del fondo di un lago dalla chiamata dell’idraulico per il bagno di casa, oltre alla portata d’acqua  gestita, riguarda la pressione cui sono sottoposti sia il cantiere, sia gli ambienti di funzionamento dell’infrastruttura ultimata.

La massa di roccia e di acqua che sovrasta l’area di lavoro rende del tutto eccezionale le condizioni di esecuzione. La pressione è di 15 bar, quasi il doppio del record mondiale precedente, stabilito intorno agli 8 bar. Per avere un’idea del significato di queste misure, basta immaginare di dover camminare con una zavorra di 15 kg su ogni centimetro quadrato di pelle, o di nuotare ad una profondità di 150 metri. La consuetudine si assesta intorno ai 4 bar, e la distanza dalle pratiche ordinarie ha imposto la realizzazione di una macchina di scavo ad hoc per questo progetto. Solo due imprese hanno potuto sostenere la complessità dei requisiti necessari per l’ammissione alle fasi finali della gara di appalto. Una delle due è il fiore all’occhiello dell’ingegneria civile italiana: il gruppo di costruzioni Salini Impregilo; l’altra, la tedesca Herrenknecht, ha invece costruito le macchine per scavare il tunnel.

Salini Lake Mead

 

Il sifone è collocato circa cento metri sotto il fondo del lago, e si presenta come una compagine di calcestruzzo armato. Lo sovrasta un canale d’acciaio, alto 30 metri, con una larghezza di tre metri di raggio, e con un peso di oltre mille tonnellate. L’acqua, aspirata dall’opera di presa, viene instradata in una galleria lunga 4,6 chilometri che scorre sotto il letto del bacino artificiale in direzione di un pozzo di accesso, allestito nel terreno sotto le sponde del lago. Qui l’intervento di scavo è stato ancora più profondo, visto che si è dovuta raggiungere una quota prossima ai 200 metri sotto la superficie. Il pozzo è largo 9,15 metri di diametro, lungo 185 metri, e svolge il compito di pompare l’acqua verso l’impianto che la rende potabile.

Tutti gli interventi di scavo dei tunnel sono stati completati nel dicembre 2014, mentre la consegna dell’infrastruttura definitiva è attesa a novembre 2015. Le operazioni di escavazione hanno conosciuto diversi momenti di difficoltà, dovuti a comportamenti imprevisti del sottosuolo, che sono stati via via risolto. Ma le difficoltà tecniche comportano sempre complessità organizzative. Salini Impregilo ha esaminato ogni volta la struttura del problema, individuando la modifica del piano originario che avrebbe permesso di superare l’ostacolo nel modo più efficiente possibile. Peter Thiel insegna che la tecnologia è proprio questo: l’ideazione e la realizzazione di quello che non esiste nemmeno in tracce, né in natura, né nella tradizione culturale. È la creazione di possibilità di esperienza che eccedono qualunque contesto attuale. Tutto il resto non è che globalizzazione, estensione senza limiti (e senza ragioni) di ciò che è già stato collaudato.

Las Vegas fonda la sua sopravvivenza stessa, la sua ragione d’essere, sul salto iperbolico della tecnologia. La sua esistenza è una pura espressione di volontà: è la determinazione di un progetto che sfida il buonsenso e i limiti del contesto naturale e culturale. Las Vegas è un’esplorazione di ciò che la tecnologia può inventare sovvertendo i dati di fatto e le costrizioni della realtà, polverizzando le loro forme precostituite e rimodellandole secondo un disegno votato alla proiezioni di miraggi e alla realizzazione di successi economici. È il laboratorio di ciò che potrà essere collaudato e distribuito su larga scala nelle altre città e negli altri contesti naturali del mondo, secondo le regole della globalizzazione. Con Salini Impregilo, l’Italia ha guadagnato il suo posto nel cuttin’ edge della tecnologia internazionale: il Bellagio ha un nome italiano, mima scenari italiani che vengono alimentati con acqua pompata da una tecnologia in parte italiana. In mezzo al deserto del Mojave, nella fontana dell’innovazione americana, questa volta gli italiani hanno buttato qualcosa di più che una monetina.

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Nella foto di copertina, Las Vegas, Hotel Bellagio, licenza CC, Flikr

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(Data di prima pubblicazione: 28 settembre 2015)

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