Acqua

Quanto è diventato piccolo il ghiaccio nel mondo

30 Settembre 2019

di Francesca Casale

Sono le dieci e mezza del mattino del 25 settembre ed un primo blocco di ghiaccio precipita dal ghiacciaio di Planpincieux sulle Grandes Jorasses, dove una massa di 250mila metri cubi di ghiaccio sta scivolando ad una velocità di 50-60 cm al giorno verso la Val Ferret. Intanto, al Museo Oceanografico di Monaco, ci si prepara per la presentazione del Summary for Policymakers dello Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate, il quarto Special Report pubblicato dall’IPCC da ottobre dello scorso anno. Per questo Report circa 180 scienziati da più di 87 Paesi hanno valutato i processi fisici e gli impatti del cambiamento climatico sugli oceani, le coste e gli ecosistemi polari e montani. Quali saranno le conseguenze per le comunità umane e le possibilità che le popolazioni avranno per adattarsi a questi cambiamenti dell’ambiente? Cosa succederà sul nostro arco alpino?

Gli oceani coprono il 71% della superficie terreste, mentre i ghiacciai e i ghiacci marini il 10%. La criosfera e gli oceani sono fortemente interconnessi con le altre componenti del sistema climatico e negli ultimi decenni sono stati fortemente colpiti dai cambiamenti climatici. A causa del riscaldamento globale la massa dei ghiacciai terrestri e artici è diminuita, così come la copertura nivale e la presenza del permafrost. Il ghiaccio artico con un’età superiore di cinque anni è diminuito del 90% dal 1979 al 2018, con una riduzione che a fine estate non ha precedenti almeno rispetto gli ultimi 1000 anni.

Il livello medio globale del mare è cresciuto negli ultimi decenni per l’aumento della velocità di fusione dei ghiacci della Groenlandia (raddoppiata nel 2007-2016 rispetto al 1997-2006) e antartici (triplicata nello stesso periodo), così come per la continua fusione dei ghiacciai e l’espansione termale degli oceani. La velocità con cui il livello medio del mare aumenta è di 3.5mm/y (valore relativo al periodo tra il 2006 e il 2015, il più alto dell’ultimo secolo). Inoltre i ghiacciai mondiali sono destinati a ridursi in massa del 18% per la RCP2.6 (scenario azzeramento delle emissioni) e del 36% per la RCP8.5 (scenario con continue emissioni come nel presente) tra 2015 e 2100, contribuendo ad un innalzamento del mare rispettivamente di 94mm e 200mm. Le regioni alpine sono destinate a perdere l’80% dei ghiacciai entro il 2100. Inoltre, nelle aree montane, lo spessore, l’estensione e la durata della copertura nivale è diminuita ed è destinata a diminuire del 10-40% nel 2031-2050 rispetto al periodo 1986-2005 ma fino al 50- 90% a fine secolo per la RCP8.5.

Questi cambiamenti nella criosfera che già avvengono, stanno avendo degli effetti sugli ecosistemi terrestri e fluviali di alta montagna e delle regioni polari. Alcune piante sono aumentate in abbondanza e sono migrate in nuove aree prima coperte dai ghiacci. Sono invece diminuite le specie adatte a vivere al freddo e dipendenti dalla neve, che adesso sono a rischio estinzione. Ci sono state conseguenze anche sulla quantità e la stagionalità della portata dei fiumi e delle risorse idriche che vengono alimentate dai ghiacciai, ed è previsto in futuro un aumento della disponibilità idrica in inverno ma una diminuzione nel periodo estivo. Da metà del 1900 ci sono stati prevalentemente impatti negativi per quel che riguarda le risorse idriche, la sicurezza alimentare, la qualità dell’acqua, la salute, le infrastrutture e il turismo nelle aree montane. Ci saranno in futuro effetti peggiori sulle risorse idriche che comporteranno delle difficoltà nel loro utilizzo per la produzione di energia idroelettrica, per l’uso irriguo nelle valli e per l’allevamento.

Inoltre, il ritiro dei ghiacciai e l’incremento della temperatura del permafrost, porteranno ad una maggiore instabilità dei pendii e ad un aumento dei laghi glaciali e delle alluvioni per le abbondanti quantità d’acqua di fusione. A causa delle precipitazioni liquide che andranno a sostituirsi a quelle nevose aumenteranno i rischi delle valanghe e delle frane, anche in nuove località rispetto alla situazione attuale e in altre stagioni. Aumenteranno quindi i rischi per le infrastrutture e le attività ricreative.

Sono necessarie strategie di riduzione del rischio e di adattamento per limitare la vulnerabilità delle regioni montane nel corso di questo secolo. Una velocità minore nei cambiamenti degli oceani e della criosfera lascerebbe opportunità di adattamento migliori.  Sicuramente ambiziose strategie di adattamento ridurranno i rischi degli impatti dei cambiamenti climatici, ma i benefici potrebbero variare da zona a zona. Spesso le persone maggiormente esposte e vulnerabili sono anche quelle con minore capacità di rispondere a questi cambiamenti, ad esempio nelle stesse regioni montane di alta quota. Gli effetti dei cambiamenti climatici si vedranno sul lungo termine e questa sarà una sfida per le società per prepararsi adeguatamente a cambiamenti che avverranno in futuro.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.