Costume
Vocabolarietto portatile – Notizia/Notiziario
“La percezione stimola il pensiero e quest’ultimo, a sua volta, arricchisce la percezione. Più vediamo, più pensiamo; d’altra parte, più pensiamo, più aspetti siamo in grado di cogliere delle nostre esperienze immediate, che si fanno più dettagliate, determinando così un incremento nell’articolazione della nostra percezione…Il modo migliore per mostrare che un coltello non taglia è provare a utilizzarlo.”
William James
Per quanto siano poche, ormai, le persone disposte a pagare un soldino per leggere il quotidiano – cartaceo oppure on line, fa lo stesso – per come la vedo io finché ce ne sarà anche solo una, sarà una di troppo. Non riesco a trovare ragioni per farlo quando si può leggere, in alternativa e del tutto gratuitamente, il volantino del supermercato con tante belle e appetibili figure colorate che per di più, se compulsato per bene, ti fa pure risparmiare qualche euro sulla spesa. Certo, sono considerazioni di uno che non ha molti soldini nelle tasche ma sospetto che abbiano una qualche validità anche per chi i soldini ce li ha e potrebbe utilizzarli in modo più proficuo che trasferendoli nelle tasche di editori, direttori e giornalisti tutti mangianti a sbafo.
Nella vita può accadere di sentirsi contenti per qualcosa che si è fatta oppure per qualcosa che non si è fatta. La mia indole poco ambiziosa e assai indolente mi fa preferire la seconda evenienza per cui potrei definirmi, in generale, un inadempiente discretamente soddisfatto ma tra le cose che non ho fatto ce n’è una di cui, se la parola fierezza nel mio caso avesse un senso, potrei dirmi addirittura fiero: in tutta la mia vita non ho mai acquistato un quotidiano; neppure quando acquistarlo costituiva la prassi per quasi tutti i viventi in grado di leggere o perlomeno di illudersi di saperlo fare. E, vorrei precisarlo, intendo proprio “nessun” quotidiano, neppure del genere sportivo (che è in assoluto il più tollerabile). Libri, purtroppo, ne ho acquistati parecchi, certamente più di quanti me ne potessi permettere, qualche rivista, forse, ma mai nessun giornale. Un ventenne o un trentenne, che non sospetta neppure cosa siano state le edicole, non ci troverà niente di particolare ma posso assicurare che per uno della mia età si tratta di una cosa eccezionale. Ero riuscito dunque ad abolire la lettura del quotidiano e a mantenermi per decenni abbastanza disinformato quando, con l’avvento del web, questo è diventato impossibile. Che io lo voglia o no, internet mi sbatte le notizie sotto il naso e, in un modo o nell’altro, ci ho dovuto fare i conti. E ho dovuto farli, che è anche peggio, con tutto quello che gira intorno alle notizie: preamboli, commenti, riflessioni, conclusioni e dibattiti. Un sabba infernale di aggiornamenti, puntualizzazioni e approfondimenti informativi. Le informazioni si sbranano tra loro e spesso – anzi quasi sempre – è la medesima notizia che si rosicchia da sola, a partire dalla coda. Ne rimane una carcassa che le iene si contendono ghignando. Ma per quanto ci si scanni a vicenda, è questa la cosa strana, in realtà nessuno crepa. Quello dell’informazione globale è un universo nel quale, pur non vivendo, non si muore. Ogni cadavere riprende a deambulare e rimane tra i coglioni per tutta l’eternità. Politici, cantanti, poeti, prestigiatori, imbonitori, scienziati, musicanti, comici, filosofi, presentatori e nullafacenti di successo, nessuno si assenta in modo definitivo. Al massimo danno notizia del fatto che si assenteranno. Ma poi tornano sempre. Nel peggiore dei casi per essere commemorati. Revenant per contratto, se sono assenti sono assenti ingiustificati. Poveri morti. Ma poveri anche i vivi. Chiunque manifesti vocazione alla scomparsa e fedeltà a quello che è perduto, una volta per tutte, o che magari si sta perdendo deve rassegnarsi a non esistere oppure, esistendo in minore, a venire considerato un baccalà. E infatti eccomi qui, in forma di stoccafisso appeso a un social forum a essiccare. Ricordare un pragmatista americano non fa fino – e lo capisco, in un convivio che pasteggia quotidianamente a Lacan, Deleuze e Derrida – ma William James sosteneva che concetti e percetti sono consustanziali. La percezione stimola il pensiero che a sua volta arricchisce di nuovo la percezione. Insieme costituiscono l’unico modo che abbiamo per relazionarci al mondo che ci circonda. L’universo informativo sembra però appartenere a una dimensione parallela e differente. La zona grigia del notiziario globale occupa per intero la misteriosa terra di nessuno situata tra percezione e concettualizzazione interrompendone il dialogo. L’informato non deve percepire né concettualizzare. E’ un utente ma, in primo luogo, è usato. Non ha mai percezione dell’oggetto reale ma ne ha soltanto “notizia”, ne fruisce una descrizione e chi descrive fruisce di lui come elemento statistico di audience. Spesso – o quasi sempre – si tratta anzi della descrizione di una descrizione ovvero della descrizione della descrizione di una ulteriore descrizione e così via in un diabolico regressus in infinitum che scorre tumultuosamente tra gli argini rigorosi e insormontabili – quelli si inoppugnabilmente reali! – del mercato, in cui il valore dell’informazione è valutato in contanti e in funzione del suo gradimento (che coincide spesso con la sua sgradevolezza, fino al catastrofismo). In tal modo diviene consumatore di un prodotto che con la realtà ha a che fare molto meno di quanto il grugnito di un maiale abbia a che vedere con la musica di Mozart. Questo riflesso sull’acqua, questo miraggio, gli viene venduto come “un fatto” (cioè come “realtà) il che lo esenta da qualsiasi ulteriore interrogarsi circa la sua effettiva fattualità. Non gli viene neppure in mente che il prodotto che sta comprando, per sua natura non può essere altro, nel migliore dei casi, che “la descrizione” di un fatto e il mero “fatto” di una descrizione. L’utente è però dispensato, in questo modo e nello stesso tempo, dalla percezione del reale e dalla sua concettualizzazione. Non solo assume percetti e concetti preformati come se fossero i propri, ma li assume in forma irrigidita e monumentalizzata – l’ha detto il costituzionalista, l’ha scritto il politologo, gli “esperti” sostengono…perifrasi altolocate di quella che appena ieri era la divisa, assai più dignitosa, della casalinga di Voghera: “l’ha detto la televisione”. In tal modo quel meticciato vitale e personalissimo tra percetto e concetto che permette a ciascuno di relazionarsi in modo proprio e sensato al mondo, deflagra. Si smarriscono senso e dimensione del reale e al suo posto trionfa la NOTIZIA.
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