Ambiente

Viaggio in Sabina, in fuga da Roma

8 Marzo 2020

In questi giorni confusi di marzo il paese appare sospeso per l’allarme causato dal coronavirus, tra chi sembra preoccupato per l’economia e chi per la salute umana. Sullo sfondo, aleggia lo spettro di un possibile collasso del sistema sanitario nazionale, causato non tanto dalla gravità del virus ma dalla sua capacità di diffusione. Forse noi comuni cittadini approfitteremo di questo tempo per ripensare il nostro ruolo del mondo e il rapporto con la natura, consentendoci una vita meno frenetica e più sostenibile.

Io e Hua avevamo in programma alcuni giorni di ferie, che non possiamo sfruttare al meglio. Proviamo solo ad addentrarci nella natura quando una mattina salpiamo con la nostra auto percorrendo l’autostrada Roma-L’Aquila, per uscire al casello di Vicovaro. La strada regionale Licinese ci conduce all’interno del parco naturale regionale dei Monti Lucretili. La nostra prima tappa è il borgo di Percile, dove visitiamo la chiesa di Sant’Anatolia, poco fuori dal centro storico, una piccola stanza dove risaltano i colori forti degli affreschi restaurati.

Il centro è formato da una rocca al cui ingresso si trova la piazza che contiene il bar, mentre le panchine si rivolgono verso le montagne. Circoliamo lungo i lati del borgo, dove alcune viuzze si affacciano sulla strada principale che scorre lungo la vallata. Le stradine strette risaltano con il loro colore grigio intenso, particolarmente luminoso, che ci accompagnerà lungo tutto il viaggio tra i borghi della sabina.

Saliamo la rampa che ci conduce alla chiesa di Santa Lucia Martire, caratterizzata da due campanili che svettano ai lati della facciata. Qui si trova anche il palazzo baronale, ora municipio, il cui portone è aperto ma l’androne appare deserto. Al di fuori, una signora anziana siede su una panchina mentre lavora la maglia. Concentrata nel suo lavoro, non si cura né della nostra presenza, né del freddo che punge. Tiene i piedi a mezz’aria, mentre le pantofole rimangono saldamente a terra.

Pochi chilometri dopo, entriamo nella provincia di Rieti e troviamo Orvinio, borgo che ci accoglie con un murales di donna su sfondo blu, che a me sembra rappresentare una dea dell’acqua. La pianta è regolare, una porta segna l’ingresso nel centro storico attraversato da via Manenti, che lunga e dritta conduce alla chiesa San Nicola di Bari. Una viuzza si snoda dall’unica piazza per salire verso il castello Malvezzi, caratterizzato da imponenti torri, alcune a forma cilindrica.

Pozzaglia Sabina è un borgo caratterizzato da una struttura più complicata. La rocca centrale si snoda in viuzze irregolari ed è priva di piazze di riferimento. Una strada stretta termina con la porta di un’altra chiesa dedicata a San Nicola di Bari. Malgrado il minuscolo ingresso, l’interno spazioso e caratterizzato da moderne vetrate colorate.

Confluiti nella Turanese, strada spaziosa che taglia la provincia di Rieti in direzione nord, costeggiamo il lago artificiale del Turano. Il lago si snoda da nord a sud con una forma allungata. All’inizio somiglia a un fiume, poi la vista si allarga sul centro del lago, dove le montagne sembrano riversarsi. Il sole brilla incontrastato e risalta il colore verde intenso, segno di una vegetazione rigogliosa e un’azione umana che pare pacificarsi con la natura. Il panorama ricorda i migliori scenari del Montenegro. Al centro del lago, svetta l’alta collina dominata dal borgo fantasma di Antuni e dall’Eremo di San Salvatore, luoghi abbandonati e ideali per una giornata di trekking.

Sulla riva est del lago, sorge una collina più bassa dove svetta il borgo di Castel di Tora. Le stradine medievali nascondono panorami mozzafiato, ma la luce solare pian piano perde la sua vivacità per far posto a una malinconica pioggerellina sottile. La chiesa di San Giovanni Evangelista si affaccia su una piazzetta che, oltre alla vista sul lago, offre una fontana, la cui acqua sgorga dalla bocca di un pesce.

Attraversiamo con l’auto il ponte in direzione di Colle di Tora, borgo che si allunga dentro il lago placidamente, come a confluirvi lentamente, senza arroccarsi o alzarsi. Scorgiamo una migliore immagine di Castel di Tora, nella quale il castello svetta di fronte a noi e pare costituire un corpo unico con gli altri edifici che si dipanano lungo il pendio.

L’ultimo borgo è Collalto Sabino, dove il panorama sembra abbracciare tutta la Sabina perché ubicato a quasi 1.000 metri di altitudine. La rocca medievale gravita intorno al castello baronale, edificato nel tardo medioevo ma completamente restaurato nel ‘600 dal cardinale Francesco Barberini, per cui si diffondono ovunque le tre api, simbolo della potente famiglia romana.

Oltre al castello, si notano la piazza principale contornata da una fontana, le viuzze che conducono alla chiesa parrocchiale di San Gregorio Magno e soprattutto la chiesa della Madonna della Speranza. Ubicata appena fuori dalla rocca, quest’ultima risalta per il suo rosone romanico e un tetto particolarmente irregolare e affascinante, caratterizzato da forme quadratiche, come se un bambino si fosse divertito ad aggiungere mattoncini.

Si conclude così un viaggio che ha toccato sei Comuni laziali che non superano i 500 abitanti. Abbiamo certamente evitato gli assembramenti sconsigliati dal governo italiano, ma ciò non significa essere avulsi dagli abitanti. L’uomo infatti lascia indizi del suo passaggio all’osservatore pronto a coglierli.

Ad eccezione di Castel di Tora, questi borghi appaiono caratterizzati dalla sola presenza dei presidi territoriali essenziali, come il bar, il municipio, l’ufficio postale, la farmacia e un negozio di alimentari. Inoltre, la chiesa e lo studio del medico di famiglia sono immancabili. Ma il medico è costretto a recarsi ogni giorno in un comune diverso e il parroco di origine africana che ci saluta la sera, di fronte alla chiesa di Collalto Sabino, scommetterei che sia lo stesso che abbiamo intravisto la mattina a Orvinio.

Sintomi delle difficoltà, incontrate da uno stato privo di risorse, di garantire una vita placida a comunità sempre più piccole. I cittadini sembrano resistere dove turismo e conformazione del territorio permettono una vita più regolare, mentre in altri luoghi monta l’impazienza.

Apposto al bar di Percile, si nota il programma elettorale di un candidato sindaco. Un semplice elenco di obiettivi, tra cui l’uscita dal parco regionale dei Monti Lucretili e la chiusura del museo naturalistico per favorire la costruzione di un poliambulatorio. Lista che pare mostrare le priorità dei paesani a noi viaggiatori, sempre pronti a lamentarci degli scarsi servizi delle grandi città da cui proveniamo e che, forse egoisticamente, preferiremmo visitare il museo.

(Foto di Hua WANG)

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