Viaggi
I silenzi di Haydarpasa
Il barbiere dell’antica stazione ferroviaria di Haydarpasa a Istanbul, anche detta “la porta dell’Oriente”, continua a lavorare malgrado l’edificio sia in ristrutturazione dopo l’incendio che nel 2010 ne danneggiò gran parte del tetto e i binari siano smantellati per una massiccia opera di ammodernamento di tutta la linea ferroviaria turca. La sua stanza è circondata da impalcature e calcinacci ma all’interno tutto è in ordine, come se fuori ci fosse ancora il via vai caotico degli anni d’oro. Il maestoso palazzo in stile neoclassico fu costruito nel 1871 per volere del sultano Abdülaziz e successivamente modificato nella sua forma attuale nel 1909, dagli architetti tedeschi Otto Ritter e Helmut Conu.
Haydarpasa si affaccia sul lato asiatico del Bosforo ed è un pezzo di storia che per oltre un secolo ha unito Europa e Asia: da qui partiva il Taurus Express, il mitico treno Istanbul-Baghdad che ha ispirato il primo capitolo di “Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Christie, da qui Mustafa Kemal Atatürk andava e veniva da Ankara, ma la stazione divenne anche tristemente nota perché da qui, il 24 aprile 1915, partì il primo convoglio di armeni deportati e radunati a Istanbul. E se la tratta verso l’Iraq è sospesa da tempo per ovvi motivi, fino al 2013 dai binari di Haydarpasa partivano ancora i treni pendolari e i wagon-lits che attraversavano tutta la Turchia facendo sosta nelle grandi città dell’Anatolia centrale ed orientale (Konya, Kayseri, Ankara, Van, Kars…) e arrivavano fino a Teheran. I viaggi duravano giorni e i lenti convogli percorrevano migliaia di chilometri mostrando panorami mozzafiato. Le cabine letto con i loro lavandini, le bottiglie di colonia, le lenzuola pulite piegate nelle custodie di stoffa con il logo della TCDD (società delle ferrovie turche) e le scrivanie su cui non mancava mai un bicchierino di tè offerto dal capotreno, diventavano presto luoghi caldi e familiari, così come il vagone ristorante dove si incontravano persone che provenivano da ogni angolo del pianeta.
Negli ultimi anni Haydarpasa è stata al centro di una vera e propria battaglia legata al suo futuro di stazione ferroviaria. Dopo la chiusura si ventilava infatti l’ipotesi di trasformarla in un centro commerciale, in un porto turistico o in un albergo di lusso. Il pericolo che venisse snaturata nella forma e nella funzione ha fatto mobilitare molti attivisti impegnati nella salvaguardia dell’architettura e del patrimonio pubblico della Turchia e la ONG World Monuments Fund, che ha organizzato numerose manifestazioni all’esterno della struttura con l’appoggio di Aykurt Nuhoğlu, sindaco del distretto di Kadıköy, quartiere di Istanbul dove si trova la stazione. Le proteste hanno bloccato la possibile privatizzazione e la TCDD, dopo aver rassicurato i manifestanti, sta procedendo con i lavori di ristrutturazione e di adeguamento di Haydarpasa per renderla capolinea dei treni ad alta velocità per Ankara che attualmente si fermano a Pendik (stazione all’estrema periferia est della città) e per ripristinare tutte le altre tratte. Tuttavia, i lavori procedono molto a rilento (sarebbe dovuta riaprire quest’anno, ma al momento è ancora un enorme cantiere) e il pericolo che qualcosa possa cambiare incomberà fino a quando il primo treno non tornerà a fermarsi su questo lato del Bosforo.
Oggi Haydarpasa è un pezzo di passato incastonato in un presente incerto, ma gli echi che rimbombano tra le vetrate colorate dei suoi immensi saloni ornati, gli sguardi fissi dei gatti che continuano ad abitarla nascondendosi tra le impalcature del cantiere, lo storico ristorante con le pareti piene di foto di Ataturk e il suono metallico delle forbici del barbiere, sembrano voler tenere in vita ciò che è stato: i volti stanchi dei bigliettai nella penombra delle loro cellette, gli sbuffi delle locomotive, le camminate veloci dei passeggeri in partenza e quelle lente di quelli in arrivo. La porta dell’Oriente è sempre lì. E con i suoi silenzi continua a sussurrarci la bellezza del viaggio.
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