Costume
Tragedia italiana in due atti e un epilogo
Atto Primo
Giorni fa ho dovuto rinnovare la patente di guida.
Sbrigata la pratica l’impiegato mi dice che riceverò la nuova patente direttamente a casa.
A posto.
Oggi bussa il postino.
Rispondo al citofono.
“Lei è il signor Rosa?”
“Sì”
“Dovevo consegnarle la patente”
“Bene, scendo a prenderla”
“No”
“Prego?”
“Non può”
“Mi scusi, sono a casa e deambulo discretamente. Posso scendere a prenderla e, dal momento che possiedo anche l’uso degli arti superiori e il mio pollice è ancora opponibile, firmo quel che c’è da firmare”
“Non è possibile. Per via delle norme sul coronavirus non posso consegnargliela. Le ho lasciato nella cassetta un avviso di mancata consegna in cui le dico che per ritirarla dovrà recarsi all’ufficio postale.”
“Lei mi sta dicendo che, per via del coranavirus, io non posso scendere munito di guanti e mascherina a firmare una consegna mentre invece posso recarmi all’ufficio postale, fare una fila di tre quarti d’ora ammassato con altre cinquanta persone, entrare e fare esattamente la stessa cosa che farei in questo momento, in totale sicurezza, da casa mia?”
“Sì”
A noi italiani Kafka ce la suca.
Atto secondo
Il giorno indicato dal postino (oggi 25.06.2020) mi reco all’ufficio postale.
Si sta in mucchio davanti all’entrata e non c’è un filo d’ombra.
In compenso ci sono solo una decina di persone.
Chiedo tristemente chi è l’ultimo sapendo già che il buontempone di garitta mi risponderà: “Lei!”.
Il che puntualmente avviene.
Dopo una mezz’oretta è il mio turno.
Entro e consegno l’avviso del postino.
L’impiegato lo gira, lo rigira e ondeggia il testone mascherato in segno di diniego:
“Lei sarebbe il signor Rosa vero?”
“Di persona personalmente”
“La patente non è disponibile…se per caso arriva nel pomeriggio può darsi che domani la trovi”
Ora, sembrerà anche strano ma io, in genere, sono uno che lascia correre.
Stavolta però mi sono imposto di mettermi a urlare.
E l’ho fatto.
Arriva il direttore:
“Purtroppo il postino ha sbagliato la data…quanto alle norme lei ha ragione ma non le facciamo noi”
“Neanch’io, però i cazzi sono miei…”
Dietro al bancone, gli altri impiegati sembrano spassarsela:
“Miiii…la gente è intrattabile…averci a che fare è diventato impossibile…con questo coronavirus stanno uscendo tutti pazzi…”
L’unico comportamento moralmente adeguato e civicamente ammissibile sarebbe stato abbattere le barriere di plexiglas, scavalcare il bancone ed effettuare una strage: senza trascurare nessuno.
Purtroppo non l’ho fatto e me ne vergogno profondamente.
Ho solo continuato ad urlare.
Finalmente l’impiegato scompare dietro una porta e riappare dopo un poco con una grande busta di plastica rossa e bianca:
“Vediamo se è fortunato…”.
Con una forbice apre la busta e ci ficca dentro il naso.
“Eccola qui! Lo vede che s’è risolto tutto? Adesso gliela consegno…”.
Lo guardo attraverso gli occhiali appannati.
Ora so cosa provano i tori quando li infilzano con le banderillas.
Epilogo
Prendo la patente, firmo la ricevuta e sto per andarmene ma lui si toglie la mascherina e mi sorride amabilmente:
“…mi raccomando, signor Rosa, quando ci vediamo fuori si ricordi che mi deve un caffè…”.
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