Questione islamica
Quello che abbiamo in testa
Quando il titolo scelto per un libro fa una promessa e leggendolo ti accorgi che questa è mantenuta, hai sicuramente in mano un bel libro.
Così è per il romanzo QUELLO CHE ABBIAMO IN TESTA di Sumaya Abdel Qader.
La trama scorre veloce in una galleria di episodi e riflessioni con a tema il matrimonio, il lavoro, l’educazione dei figli, la vita spirituale, il volontariato, lo studio, il divertimento e l’immigrazione.
Tutto ambientato in un universo ben connotato: l’islam italiano che con una brutta parola siamo soliti chiamare di “seconda generazione”. Dopo aver letto questo romanzo credo tutti possono convenire che anche questa è un’etichetta senza spessore.
I toni sono tutti presenti: l’allegria e il dramma, il riso e il pianto, la tenerezza e la rabbia, la passione e l’amarezza.
Grazie a questa lettura, davvero è possibile, immergersi in ciò che hanno in testa tanti musulmani e musulmane in Italia che ogni giorno affrontano la vita da minoranza non sempre ben vista.
Ci sono pregiudizi da rimuovere, miti da sfatare, luoghi comuni da distruggere, libertà da promuovere.
E il romanzo dipana questa matassa raccontando che tutto questo riguarda chiunque. Anche chi è musulmano ha necessità di rivedersi.
Ho molto apprezzato il gran numero di domande che la donna protagonista del racconto fa a se stessa e a tutti quelli che incontra.
Sono domande rivolte ad ogni lettore perché risvegli la sua curiosità e possa muoversi incontro ad ogni diversità che abita ormai stabilmente e in modo definitivo il nostro mondo italiano, sempre più multiculturale e multireligioso.
Ci sono tanti muri da abbattere, ci sono incontri da promuovere.
E vale la ricetta delle crepe: “piccole cose ma utili a creare crepe, quelle crepe che, una dopo l’altra, fanno crollare qualsiasi castello” (p.193).
La meta è lontana ma vale la pena evocarla per sapere dove andare: la costruzione di un nuovo NOI: “noi è la parola più bella e spirituale del mondo” (p.231).
Il libro mi è molto piaciuto, ma arrivato alla fine ho anche provato una certa delusione.
Sumaya Abdel Qader vi ha messo molto di autobiografico. Ma non tutto.
Dal 2016 è consigliere comunale a Milano, la prima donna musulmana a svolgere questo impegno per la città.
In questo romanzo non c’è un cenno a questa esperienza civile e politica.
Anche io allora ho una domanda per la scrittrice: sarà il tema del prossimo libro vero?
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