Criminalità

Strage in North Carolina, quando l’ateo è integralista

11 Febbraio 2015

Mentre a Minsk i principali vertici della diplomazia eurasiatica tentano di mettere un freno alla guerra in Ucraina, mentre a Bruxelles si discute, tra strizzate d’occhio e secchi rifiuti, sulla gestione del debito greco e sulla possibilità di regalare all’intera Eurozona uno scenario futuro alternativo a questo, mentre Anonymous inizia la caccia agli avamposti dell’Isis sul web, mentre a Lampedusa 300 migranti annaspano nei sogni e si congelano di realtà, mentre mezza Italia è tradizionalmente e ingiustamente incolpata di svagarsi con Sanremo, mentre succede tutto questo, tre ragazzi musulmani vengono brutalmente strappati alla vita con un’esecuzione sommaria, per giunta rivendicata anche se tacendo sul movente. No, non si tratta di sedicenti integralisti jihadisti, ma di un uomo bianco di poco meno di cinquant’anni e no, non siamo in Medio Oriente, ma negli Stati Uniti d’America. North Carolina, per la precisione.

Craig Stephen Hicks, 46enne, ha rivendicato il triplice delitto consegnandosi nel cuore della notte al commissariato di Chatam ed è tutt’ora detenuto nella prigione della contea di Durham, in attesa dell’imminente processo. Le vittime sono Razan Abu-Salha, studentessa universitaria 19enne, la sorella 23enne Yusor e il neo-marito di quest’ultima, il coetaneo Deah Shaddy Barakat. In quello che può essere un triste quanto ordinario racconto noir in salsa stelle e strisce fan capolino però temi di una certa importanza, evidenziati dai contorni assai foschi che assume la vicenda non a caso balzata al di là dell’Atlantico, anche se -va detto- rilanciata con non troppa enfasi e con una certa moderazione.

I tre studenti uccisi
da sinistra, Deah Shaddy Barakat, 23; Yusor Abu-Sahla, 23; Razan Abu-Sahla, 19

 

In primo luogo appare ancora oscuro il movente. Tecnicamente gli inquirenti stanno avvalorando la tesi di un alterco generato da una questione di parcheggio: la sparatoria avrebbe infatti avuto luogo al Finley complex di Chapel Hill, residence vicino al campus universitario. Tutto questo potrebbe andare tranquillamente sulla via dell’archiviazione, annoverabile come non raro caso di schizofrenia armata con aggiunta di disagio sociale, una casistica a cui quella parte d’Occidente è avvezza, o almeno più avvezza di questa: basti pensare alla recente esecuzione di un ex veterano e semi-invalido psichico del Vietnam, qualche settimana fa, reo confesso dell’omicidio di un agente di polizia avvenuto durante un fermo nel 2000, o all’incendiaria polemica sui grilletti troppo leggeri della polizia nei confronti degli afroamericani.

Per carità, anche in caso di risoluzione lineare -volendo trovarla- ci sarebbe da discuterne e parecchio. Affiorerebbero i soliti dibattiti sul sistema delle armi, sulla sicurezza, sulla giustizia, sui paradossi dell’Occidente, e magari sui social network. E noi proprio da qui vorremmo partire, perché il signor Hicks sui social network pare postasse reiteratamente invettive anti-religiose e pare -sempre secondo i giornali statunitensi- che si professasse ‘ateo estremista’. Inutile spiegare come con questo elemento si entri in una triste e attuale dinamica di scontro globale, in cui la violenza non è più frutto di raptus clinico ma pianificazione diabolica in base a idee, indirizzi politici e fede religiosa.

Il quadro si delinea nella sua foschia se pensiamo a Deah Barakat, una delle vittime. Deah era uno studente di Odontoiatria che si impegnava in una raccolta fondi per assicurare le opportune assistenze dentarie ai profughi siriani del campo profughi di Rihaniya, in Turchia. Insieme al collega Ali Heydary aveva già raccolto circa 15 mila dollari -attualmente i fondi sono saliti a 60 mila-, con la collaborazione della UNC School of Dentistry e della Syrian American Medical Society.

Il triplice omicidio ha scosso profondamente Chapel Hill, tant’è che le vittime sono state immediatamente celebrate e ricordate anche con catene nate sui social (#MuslimLivesMatter) che prevedibilmente hanno contribuito ad aprire notevolmente i rubinetti delle donazioni. Una delle massime cariche dell’Università del North Carolina, Carol Folt ha dichiarato di essere scossa «per l’impatto che un incidente di questa natura può avere nel campus e nella comunità. Siamo consapevoli del fatto -prosegue la Folt- che tutti desiderino conoscere i fatti il ​​più rapidamente possibile. Allo stesso tempo, dobbiamo rispettare il lavoro dei nostri poliziotti nelle indagini»

Intanto il Muslim Public Affairs Council ha chiesto alla polizia di acclarare i possibili contorni discriminatori dell’azione di Hicks, visto che a quanto sostengono i media locali -CNN in testa- l’uomo postava riflessioni destinate ai musulmani come questa:

«quando si parla di insulti, è la vostra religione che ha cominciato, non io. Se la vostra religione terrà la sua grande bocca chiusa, lo farò anch’io»

Va detto che i contenuti pubblicati da Hicks sui social pare fossero anche contro il cristianesimo, e prevedessero anche graziose istantanee a un revolver carico, mostrato come se fosse il gattino di casa.

Il capo della polizia locale Chris Blue ha detto di capire perfettamente «le preoccupazioni circa la possibilità che il gesto fosse motivato ​​dall’odio» assicurando l’impegno a determinare il movente di Hicks.

 

I momenti dell'arresto di Hicks
I momenti dell’arresto di Hicks

 

In calce a tutto questo è comunque necessario chiarire che la notizia sarebbe certo stata più armonica e altisonante se a sparare fosse stato un integralista, perché in queste condizioni il movente da determinare è sempre più pericoloso: la conclusione porta sulla strada dell’intolleranza che non ha la pelle olivastra e non ha fede in Dio, in nessun Dio. Questo stona perché da anni ci si racconta giustamente come l’esser laico sia sintomo di libertà, però l’esser laico è un concetto talmente sfuggente da cadere nella dottrina monoteistica dell’ateismo intransigente, che poi diventa integralismo, portando con sé una bel carico di disprezzo verso il prossimo e di prevaricazione senza alcuna regola.

Certo è che a Minsk, a Bruxelles e a Lampedusa le notizie coinvolgono a livello globale e dobbiamo sicuramente esserne attenti, come dobbiamo guardare e discutere su Sanremo se ci piace e anche se non ci piace, senza aver il bisogno di giustificarsi di fronte a nessuno. Credo che questa vicenda statunitense faccia comprendere come l’approccio da evolvere nei confronti dell’informazione non sia solo quello sulla scelta sul tema ma soprattutto quello della comprensione che spetta al lettore e che invece troppo spesso si delega al giornale e ai suoi piatti pronti. Se manca consapevolezza è difficile scegliere qualsiasi cosa, tant’è che di solito senza consapevolezza è la notizia che sceglie te. Il cambio sta nel comprendere che la notizia -come in questo caso- con sé può portare molto altro che, elaborato da noi e da nessun altro, può tenerci informati non soltanto su “come va” il mondo, ma su “come essere” il mondo.

 

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