Immigrazione

Sono come te, ma si sentono meglio. Salvini-Rolling Stone: è una buona risposta

7 Luglio 2018

Scrivo un pezzo che non è un pezzo, che per il tono e per lo sguardo soggettivo figurerebbe meglio come post personale, più che come contributo per Gli Stati Generali. Eppure, voglio dare a questo scritto una visibilità a metà strada: dunque procedo. Scrivo un incipit che suonerà fastidioso e fuori luogo, ma questa volta proverò a non curarmene. Parto dalla classe cui forse non appartengo più, perché potrei averla abbandonata in termini oggettivi, culturali, ma che non ho certo abbandonato dal punto di vista delle condizioni materiali di esistenza: è banale dirlo, ma molto degli amici con i quali sono cresciuto fianco a fianco, nelle case popolari, hanno iniziato a lavorare ben prima di me (che ho studiato una vita e oggi faccio ricerca), hanno imparato un mestiere e oggi guadagnano il doppio. Anche questo dato biografico strettamente personale ci parla del nostro paese nel momento storico attuale. Dicevo: buona parte di questi ragazzi, se votano, votano M5S o Lega. Sono cattivi? Non sono cattivi. Sono razzisti? Non sono razzisti. Se anche lo possono sembrare in una conversazione superficiale, non lo sono più di quanto lo siano molti altri preoccupati invece di non esserlo, e tantomeno sembrare. Approfondendo il discorso, queste persone ne comprendono il limite, perché sono cresciute con amici immigrati e ne conoscono impegno e valore. È che ci vuole pazienza, per approfondire il discorso. Ci vuole voglia di farlo. Siamo più intelligenti di loro? No, la loro intelligenza sociale è spesso eccezionale: nell’arco di tempo in cui voi realizzate che un pericolo arriva, loro sono già altrove e hanno preso a fare dell’altro. Sono spesso più istintivamente veloci, sono più pratici, sanno fiutare occasioni. Sono meno colti, questo sì. Proprio per questo motivo, l’istruzione è importante. È ovvio, è banale, eppure…
La risposta di Salvini a Rolling Stone è una buona risposta. Non perché io creda, come lui, che chi è milionario non possa opporsi al razzismo, o non possa nutrire sentimenti più umani. Ci mancherebbe. Però, per chi sputa sangue ogni giorno per arrivare a fine mese, per chi si ammala di lavoro, per chi ha la casa piena di amianto, per chi ha la spazzatura dispersa nei pianerottoli delle case popolari, per chi trova le feci negli ascensori, per chi mangia cibo di plastica, mantenere lucidità di giudizio è estremamente più faticoso. Da parte nostra, continuare a ignorare la rabbia che c’è nel paese è uno sbaglio, addirittura una colpa. Trincerarsi per l’ennesima volta dietro gli atteggiamenti classisti è uno schifo. Il senso di superiorità che diffondiamo dappertutto grida vendetta. In passato, la sinistra era in grado di intercettare e neutralizzare certe letture banalizzanti dell’esistente perché fra le persone comuni non solo era legittimata a starci, ma semplicemente c’era. Parlava la stessa lingua di quelle persone, perché di quelle persone era piena. Aveva una classe dirigente e una base militante molto più eterogenea. Oggi tutto questo si è perso, le persone, chiamiamole masse, si esprimono oggi sui social come si esprimevano in passato per strada, nelle piazze. Oggi, noi non siamo minimamente in grado di rappresentarle e incanalarle, quelle voci, perché semplicemente le schifiamo, le respingiamo, neppure vogliamo sentirle. È questa separazione fra la sinistra e le fasce popolari che fa paura. Non vorrei che, alla fine, fosse proprio la democrazia a rivelarsi una “parentesi” nella storia europea. La risposta di Salvini a Rolling Stone è una buona risposta perché è coerente e vincente, ma non sarebbe necessariamente vincente se il ministro Salvini non stesse giocando da solo.

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