Ambiente
Sempre più ambiente alla quindicesima edizione del TTFF
Terra di Tutti Film Festival di Bologna è ormai giunto alla quindicesima edizione e si conferma punto di riferimento per il cinema sociale ed anche un’importante occasione per momenti di approfondimento sui temi dell’uguaglianza dei diritti, il genere, la difesa della libertà, la cittadinanza attiva, la coscienza ambientale ed ecologica.
La rassegna organizzata da Cospe e WeWorld viene ospitata in diversi luoghi della città, ma trova il suo baricentro attorno alla zona dell’ex-Manifattura Tabacchi, dove si trovano la sede della Cineteca di Bologna, il cinema Lumiere e il Dipartimento di Filosofia e Comunicazione.
Sotto il denominatore comune della narrazione o documentazione cinematografica sono stati affrontati temi fondamentali ed attualissimi, molti dei quali trovano solo una marginale visibilità nel maistream dei media nazionali: non solo film e documentari ma anche una serie di eventi fuori sala di altissimo livello. Seminari dedicati alla solidarietà e alla cooperazione su tematiche che vanno dalla Siria all’Afghanistan e alle sfide globali come quella del Climate Change o della lotta al razzismo, si sono tenuti nello spazio polifunzionale del DAS (Dispositivo Arti Sperimentali).
I diritti delle persone, dei popoli, dell’ambiente hanno costituito l’oggetto delle 612 opere audiovisive presentate ai vari bandi di concorso. Jonathan Ferramola, direttore della manifestazione, assieme ai membri della giuria e con il contributo degli studenti, dopo aver visionato centinaia di ore di proiezioni sono arrivati alla selezione delle 24 opere finaliste. Quattro i premi assegnati: THE SILHOUTTES di Afsaneh Salari, OPHIR di Alexandre Berman e Olivier Pollet, 9 HUMANS FROM GAZA di Luca Galassi e NASRIN di Jeff Kauffman oltre a numerose menzioni speciali.
Tra le opere premiate Ophir è quella che porta alla luce una storia poco conosciuta dal grande pubblico. Si tratta di una vicenda che intreccia strategie geopolitiche, conflitti armati, disastri ambientali e diritti dei popoli, narrate attraverso una poetica toccante. Siamo agli antipodi del nostro paese, in una piccola (ma non piccolissima) isola nell’arcipelago delle Isole Salomone: Bougainville. Il film ci parla di una colonizzazione bieca e ottusa, che con l’attività mineraria promette un effimero progresso, che rischia di stravolgere l’ambiente, le tradizioni e la società dell’isola. Nel 1972 venne aperta quella che sarebbe stata per l’epoca la più grande miniera a cielo aperto del mondo. Le crescenti tensioni determinate da questa imponente attività estrattiva, con tutte le implicazioni che essa aveva sulla società e sull’ambiente dell’isola, portò alla formazione dell’esercito rivoluzionario di Bouganville, guidato da Francis Ona, ed all’inizio di un conflitto tra le forze separatiste dell’isola e l’esercito nazionale, appoggiato anche dall’Australia. Il conflitto durò 10 anni, causo 20.000 morti, e si concluse con la vittoria dei separatisti. Nel 2019 un referendum sancisce l’indipendenza di Bouganville, che di fatto ha scelto la sostenibilità ambientale non come slogan, ma come scommessa sul proprio futuro.
Ophir: decolonise, revolutionise.“The duty of a man is to protect his land”, Francis Ona.
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