Società
Se mancano gli intellettuali e si hanno così tanti scrittori illetterati
Mai, come in quest’epoca, andrebbe fatta una distinzione netta tra scrittore e intellettuale. Oggi, al di là delle dovute eccezioni, lo scrittore è solo una persona che in qualche modo riesce a coronare il proprio sogno di vedersi pubblicato, giammai un creativo e uno studioso che sviluppa una coscienza superiore, tale da saper interpretare i risvolti culturali e sociali dell’epoca in cui vive. Un individuo qualsiasi, dunque, con una sensibilità non necessariamente sofferta e dotata, che spesso ha bisogno di un editor per rimettere a posto ciò che va narrando. Ecco perché, in questo frangente storico, almeno in Italia, quasi mai si chiede a uno scrittore o a una scrittrice un parere sugli avvenimenti e i fenomeni più importanti che si susseguono nel mondo. Qualche volta, però, vengono tirati in ballo in ambito calcistico: lì sembrano trovarsi, in verità, a loro agio, sciorinando finanche accorte analisi tattiche e un linguaggio ancora più tipico di quello adottato dagli invasati del pallone. Che bravi! Forse a uno scrittore o a una scrittrice, e qui sono provocatorio, non si chiede neanche di essere titolare di un linguaggio intenso e sintomatico. Infatti, il più delle volte se la cava usandone uno appena più espressivo di quello dei social.
E pensare che un tempo, neanche troppo lontano (anni Settanta del secolo scorso), nel nostro paese, si poteva cogliere tutta la “disperazione” degli intellettuali, quando tra questi e i letterati non si scorgeva una differenza tanto significativa, come quella evidenziata dai nostri tempi. Le due figure venivano quasi a coincidere, interpretando da par loro, le tensioni della società, chiarendole e razionalizzandole. Naturalmente, ieri, come oggi, non mancavano coloro che, agendo nella sfera culturale, si prestavano ai giochi di potere. Ma, in tanti e in maniera forte e decisa, facevano sentire la loro voce contro gli abusivismi che imbrattavano la natura, il paesaggio e gli inquinamenti di ogni tipologia, le carenze degli istituti ospedalieri, la vita nei manicomi e nelle prigioni, la mancata politica sulle case e i trasporti. Quasi sempre scendevano in piazza, per Diana! E li vedevi al fianco degli studenti e dei rappresentanti di tutte le categorie del lavoro! Oggi non si può vederli in nessun luogo; in strada neanche si scende più, e nelle televisioni vanno solo dei nevrastenici logorroici che, spiritualmente e ideologicamente, dell’intellettuale non hanno un bel niente. Mentre sulle prime pagine dei principali giornali, che se ne vendono, ormai, non più di qualche centinaio di copie, scrivono i ragionieri di ogni epoca: quelli che portano la contabilità dei consensi per l’appiattimento della politica, delle convinzioni, della stessa esistenza comunitaria. Nessun uomo e nessuna donna può dirsi “intellettuale” se affonda le mani negli ingranaggi del potere e assiste, nell’indifferenza, al triste spettacolo del mondo!
Si direbbe che in crisi sia soprattutto l’intelletto. Una crisi voluta da chi sta al comando, che non teme il velleitarismo di chi non è attrezzato per mettere in discussione i rapporti di forza tra potere e pensiero. Ben al di là di ogni schema fisso e immutabile, (la destra e la sinistra che ci ritroviamo non sono più categorie politiche) vi è sempre la possibilità di organizzare una alternativa al potere vigente e lasciarla maturare nel tempo, fino a quando non sia pronta per verificarne la forza e agire nell’istituto della democrazia e nell’ordine delle idee: questo fa veramente paura al potere! Quasi l’intera comunicazione, oggi, è impegnata in un’attività meschina e ingannevole: impedire agli oppressi di prendere visione dell’oppressione. La libertà in cui ci si muove è da tempo un’illusione. Non è forse vero che continuiamo a inorridire di fronte alle sentenze che avallano gli scandali, i soprusi e le truffe di potere, mentre la gente comune è sottoposta a un regime fiscale che prima o poi la ridurrà in condizioni insostenibili? Davvero si può credere che un diritto così esigente e inflessibile con i fragili e miserabilmente inefficace con gli interpreti delle alte sfere di comando sancisca un regime democratico? Ecco, in un clima del genere e in una siffatta condizione socio-politica, vi è assenza di pensiero, di critica e, in molti casi, di letteratura. Mancano del tutto gli intellettuali che sappiano assurgere alla funzione di faro spandiluce e abbiamo, nella maggior parte dei casi, scrittori illetterati e muti.
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