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Se la dichiarazione di un politico ha più spazio dei terremoti, c’è un problema

31 Ottobre 2020

Ieri erano 4 anni dalla scossa più forte del terremoto del 2016 sull’Appennino. Ho faticato a trovare traccia di un ricordo su giornali.

Politica e pandemia si sono prese tutto. Si sono divorate ogni spazio possibile nel racconto della realtà, anche quando non sarebbe necessario. I giornali ogni giorno titolano sui nuovi record del Covid in modo quasi meccanico e con l’enfasi derivata da una trance agonistica coatta e autoinflitta, mentre una compagnia di giro di politici, esperti & Co assedia le tv e le occupa oramai più con il racconto di sé, con i propri bisticci e le proprie ambizioni, che con il racconto del mondo. E l’informazione dimentica facilmente tutto il resto, che è anch’esso notizia, o almeno dovrebbe esserlo.

Così, anche il terremoto dell’Egeo – non un ricordo ma una notizia solida e tragica di queste ore – adesso è niente o, se va bene, poco più che una breve nelle pagine degli esteri. E persino le mortificanti incertezze di certi politici in cerca di rivincite hanno diritto allo spazio al quale non hanno invece diritto i morti di Smirne, e neppure la biblioteca di Celso, splendida e delicata rovina della quale mi piacerebbe sapere cosa è stato: se il terremoto sia arrivato sin lì, a Efeso, una cinquantina di chilometri da Smirne, oppure no.

Ogni cosa reale pare insomma diventata evanescente nel resoconto quotidiano che la riguarda. Ma in questi giorni accade anche l’opposto: ciò che non esiste più torna inaspettatamente reale, anche un po’ a tradimento. Ed è altrettanto sconcertante, sebbene in modo diverso. Il fatto è che sono andato sulle mappe satellitari di Google Earth. I paesi dell’Appennino, quelli che non esistono più, sono invece ancora tutti lì, Arquata, Castelluccio, persino Amatrice, con le auto in strada, i negozi aperti, le persone a passeggio, le case ancora in piedi.

Non ho capito se in ciò vi sia una volontà, se insomma sia una scelta, o se invece sia stato sinora semplicemente impossibile rifotografare l’esistente, o se si sia deciso di non farlo per rispetto. Mi è parsa però una cosa evitabile il lasciar vivere lì un mondo abolito dolorosamente dalla realtà.

Non è comunque una circostanza oscena, non almeno come oscena mi pare sia altrove l’esposizione dei morti: le mummie nelle vetrine dei musei e persino i calchi pompeiani, sebbene questi siano della morte soltanto una rappresentazione. È invece la sensazione di essere di fronte a qualcosa che, senza intenzione, vorrebbe essere ciò che il Cretto è per Gibellina, ma proprio non ce la fa. E non sa raccontare più nulla.

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