Scuola

Vietare i cellulari a scuola?

23 Dicembre 2022

È assurta agli onori della cronaca una recente nota ministeriale, già commentata anche su questo sito in maniera plurale, avente per oggetto “Indicazioni sull’utilizzo dei telefoni cellulari e analoghi dispositivi elettronici in classe” che ha ribadito quanto contenuto nelle “linee di indirizzo ed indicazioni in materia di utilizzo di telefoni cellulari e di altri dispositivi elettronici durante l’attività didattica, irrogazione di sanzioni disciplinari, dovere di vigilanza e di corresponsabilità dei genitori e dei docenti” che risalgono al marzo del 2007.

In quella vecchia circolare, invero, si fa riferimento ad una ancora precedente, la n. 362 del 1998, avente per oggetto “Uso del telefono cellulare nelle scuole” che concentrava l’attenzione sull’uso distorto di questo strumento da parte delle docenti (vedi nota n. 1) e ammoniva: «È chiaro che tali comportamenti – laddove si verifichino – non possono essere consentiti in quanto si traducono in una mancanza di rispetto nei confronti degli alunni…».

Poche commentatrici si sono concentrate su un aspetto, parimenti inserito nella nota che commento, che è utile riportare: «È viceversa consentito l’utilizzo di tali dispositivi in classe, quali strumenti compensativi di cui alla normativa vigente, nonché, in conformità al Regolamento d’istituto, con il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative, anche nel quadro del Piano Nazionale Scuola Digitale e degli obiettivi della c.d. “cittadinanza digitale” di cui all’art. 5 L. 25 agosto 2019, n. 92». Quest’articolo di legge, appena citato, è proprio intitolato “Educazione alla cittadinanza digitale” e richiede che a scuola si lavori affinché «tenendo conto dell’età degli alunni… [si debba formarli a] a) analizzare, confrontare e valutare criticamente la credibilità e l’affidabilità delle fonte di dati, informazioni e contenuti digitali, b) interagire attraverso varie tecnologie digitali e individuare i mezzi e le forme di comunicazione digitali appropriate per un determinato contesto; c) informarsi e partecipare al dibattito pubblico… d) conoscere le norme comportamentali da osservare nell’ambito dell’utilizzo delle tecnologie digitali… e) creare e gestire l’identità digitale, essere in grado di proteggere la propria reputazione… f) conoscere le politiche sulla tutela della riservatezza…. g) essere in grado di evitare… rischi per la salute e minacce al proprio benessere fisico e psicologico… con particolare attenzione ai comportamenti riconducibili al bullismo e cyberbullismo».

Ancora meno sono le commentatrici che hanno fatto riferimento alle “Politiche di uso accettabile delle tecnologie digitali” elaborate entro il quadro del Piano Nazionale Scuola Digitale che proponevano “Dieci punti per l’uso dei dispositivi mobili a scuola”. Si trovano riportate in moltissimi siti scolastici ed emergono grazie ad una semplice ricerca in rete. Li si riportano in sintesi, senza indugiare sui singoli contenuti: 1. Ogni novità comporta cambiamenti. 2. I cambiamenti non vanno rifiutati, ma compresi e utilizzati per il raggiungimento dei propri scopi. 3. La scuola promuove le condizioni strutturali per l’uso delle tecnologie digitali. 4. La scuola accoglie e promuove lo sviluppo del digitale nella didattica. 5. I dispositivi devono essere un mezzo, non un fine. 6. L’uso dei dispositivi promuove l’autonomia delle studentesse e degli studenti. 7. Il digitale nella didattica è una scelta: sta ai docenti introdurla e condurla in classe. 8. Il digitale trasforma gli ambienti di apprendimento. 9. Rafforzare la comunità scolastica e l’alleanza educativa con le famiglie. 10. Educare alla cittadinanza digitale è un dovere per la scuola.

La nota ministeriale che stiamo commentando contiene un allegato. Si tratta di un documento approvato nella scorsa legislatura (sembra all’unanimità) dalla 7a commissione permanente “Istruzione pubblica, beni culturali” che ha promosso una indagine conoscitiva “sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”. Il documento sembra essere affetto da quello che scientificamente viene chiamato “errore dell’osservatore” in quanto leggendo l’elenco delle persone audite si trovano neuropsichiatre, neurobiologhe, insegnanti e psicoterapeute, mentre sembrano pochi i contributi di esperte specifiche del tema oggetto dell’indagine (“impatto del digitale sugli studenti”) che, a partire dall’Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR, come per molte facoltà di Scienze della Formazione, si sarebbero potute trovare e doverosamente audire. In estrema sintesi, se intervistiamo delle guardie carcerarie sul tema della natura umana, probabilmente avremo un quadro a tinte fosche, ma è un errore di prospettiva. Peraltro la lettura del documento è sconcertante, venendo ostese affermazioni apodittiche spesso discutibili e, a volte, scientificamente errate. Spiace evidenziare il fatto che leggere “il cervello agisce come un muscolo” in un testo redatto da esimi senatori e senatrici dopo che hanno audito neuropsichiatre e neurobiologhe, non fa loro fare bella figura e pone legittimi dubbi in merito alla comprensione di quanto hanno ascoltato. Emerge un’affermazione piuttosto iperbolica nella quale si afferma che l’uso delle tecnologie produce dipendenze e questo è “niente di diverso dalla cocaina”. Vale la pena ricordare che questa considerazione vale per qualsiasi evoluzione tecnico scientifica che ha, per conseguenza, il fatto che l’aspettativa di vita media è di ottant’anni e non di trenta, come diecimila anni fa.

Ora, volendo essere coerenti, proviamo ad immaginare un mondo senza smartphone: lo rivogliamo? Non è difficile farlo, perché se pensiamo a quelli touch, sono entrati sul mercato nel 2006/2007. Preferiamo le carrozze o le automobili?

Se entriamo nel campo delle nostre responsabilità, siamo consapevoli del fatto che la scuola italiana, a partire dalla prima elementare, non coltiva alcun genere di manualità? Per quale motivo non sono stabilmente inserite, nel nostro curricolo, materie pratiche come l’economia domestica, taglio e cucito, cucina, la cura dell’orto, manutenzione elettrica di base? È forse colpa degli smartphone?

I giovani godono di una pessima reputazione, specie in un paese nel quale i cosiddetti boomer hanno invertito le proporzioni della piramide demografica. Proprio quella generazione è stata accusata di ogni male per essere stata dipendete dalla televisione commerciale. Nell’ottocento erano i romanzi, e il tempo di rapimento dalle faccende comuni, ad avere rappresentato la pietra dello scandalo. Le riviste patinate hanno “rovinato” le generazioni del primo novecento. Quelle immediatamente successive ai boomer sono state dichiarate asociali a causa dell’uso dello walkman, mentre chi era giovane negli anni novanta è stato dichiarato cretino per avere indugiato nell’uso del Tamagochi. Chi ha avuto uno Spectrum o un Commodore64 era evidentemente un nerd e non possiamo tacere della pessima fama che hanno i videogiochi, quand’anche si faccia notare che rappresentano un intrattenimento che ha spesso soppiantato cinematografico. Tutto questo considerato, viene da chiedere, molto semplicemente e modestamente: non è che la lotta alla tecnologia a scuola non sia altro che il risultato di un conservatorismo didattico che continua a porre la lezione frontale, per trenta ore alla settimana, al centro dell’attività scolastica? E, ancora più malignamente, non è che la “libertà di insegnamento” implementata costantemente nella forma di lezione frontale, semplicemente non sia la modalità più economica di erogazione del servizio? Non è forse noto che anche se è quella più economica, non è efficiente? Perché non discutiamo di efficienza nella didattica e siamo così prepotentemente sviati, nel dibattito pubblico, su questioni del tutto laterali, senza mai centrare il nucleo delle questioni? Ovviamente lo ignoro.

1In questo articolo, per garantire la fluidità di lettura ed evitare quindi asterischi e modalità duali che non la garantiscono, si farà uso del femminile sovraesteso, tranne che per i testi eventualmente citati che saranno fedeli all’originale.

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