Scuola
Vicenza, il giornale degli industriali contro “insegnanti pacifisti” e ANPI
Il Giornale di Vicenza, di proprietà della locale Confindustria, spara a zero contro pacifisti e ANPI, accusati di criticare gli alpini e volere il “disarmo unilaterale” a beneficio di Putin. Ma dietro il patriottismo potrebbero celarsi ragioni più prosaiche: difendere dalle critiche il business degli armamenti e delle basi militari, forte nel Triveneto e nelle confinante Lombardia orientale.
La petizione con cui un gruppo di insegnanti vicentini, in occasione dell’Adunata degli Alpini svoltasi lo scorso weekend a Vicenza, ha criticato la decisione di chiudere le scuole per due intere giornate e l’invito della dirigente scolastica a portare gli studenti a visitare la “vetrina espositiva e interattiva dei più moderni armamenti ed equipaggiamenti” allestita nella Cittadella degli Alpini, ha provocato reazioni piccate.
La fatwa del Giornale di Vicenza
A colpire non sono tanto le accuse provenienti da FdI – “Al fanatismo dei pacifisti preferiamo la rassicurante presenza, il buonsenso e l’equilibrio dei pacificatori, uomini e donne che servono la Patria per difendere la sicurezza e la libertà, dentro e fuori in confini nazionali” – abbastanza scontate. Del resto la Meloni, dopo essersi guadagnata l’appellativo di “alpina d’Italia” l’anno scorso a Udine, anche quest’anno, pur non presenziando, non ha perso l’occasione dell’adunata di Vicenza per definire gli alpini “un faro per tutti noi”.
Piuttosto è un editoriale sopra le righe pubblicato domenica in prima pagina dal Giornale di Vicenza a firma del direttore Marino Smiderle: “I militari che servono per la pace”. Smiderle chiama in causa “quelle associazioni vicentine cosiddette pacifiste che hanno alzato il sopracciglio di fronte all’invito rivolto a tutti gli istituti scolastici di visitare la Cittadella degli alpini di Campo Marzo”.
Ai pacifisti il direttore del quotidiano rimprovera scarsa considerazione per gli alpini che difendono la libertà “da chi vorrebbe sostituirla con una pace imposta dal prepotente di turno” e di scandalizzarsi perché “la NATO esige dai propri membri (quindi da se stessa) il mantenimento dell’impegno firmato da tutti di destinare almeno il 2% del PIL alle spese militari”. E non risparmia neanche l’ormai classica accusa di “collusione col nemico”: “Stupisce che tra i più strenui sostenitori del disarmo unilaterale, della serie meglio lasciar vincere il dittatore Putin, ci sia anche l’ANPI”. “Secondo il ragionamento dei partigiani del terzo millennio – prosegue il direttore del GdV – sarebbe stato meglio negoziare con Hitler senza sparare un colpo”.
Gli insegnanti promotori della petizione hanno risposto a Smiderle con una lettera intitolata “Anche nel 1915 partivano per il fronte tra canti e balli”, non pubblicata dal quotidiano, in cui obiettano che “definire ‘alzata di sopracciglia’ la libera espressione di opinioni da parte di associazioni che, tra l’altro, non hanno certo potere di veto, è sintomatico di un clima di intolleranza”.
E all’accusa di avercela con gli alpini replicano ricordando l’invasione fascista della Russia del 1941 e precisando che “la storia degli Alpini – come di tutto l’esercito, non è questione di questo o di quel corpo – è fatta anche di questo. Perché fu l’Italia a dichiarare la guerra all’Austria-Ungheria nel 1915, non viceversa; e furono i generali italiani, nonostante l’esperienza di un anno sul fronte occidentale, a impostare quella guerra su offensive alla baionetta senza alcun guadagno strategico. Lo facevano perché consideravano la truppa al loro comando carne da cannone. Erano loro a disprezzare i soldati, non chi si era opposto ad una guerra che portò alla distruzione del regime liberale e al fascismo”.
Patriottismo a sei zeri?
Insieme a L’Arena di Verona, Brescia Oggi e Gazzetta di Mantova, quest’ultima acquistata di recente dal Gruppo Gedi, il Giornale di Vicenza è uno dei quattro quotidiani di proprietà del Gruppo Athesis, principali azionisti la Confindustria di Vicenza e quella di Verona, che gli assicurano una “connessione unica col territorio” – si legge sul sito aziendale. Un territorio su cui, oltre alla base NATO di Camp Ederle, si trovano alcune importanti aziende legate al settore militare e ben rappresentate in Confindustria. Dalla ICM (Gruppo Maltauro), azienda di costruzioni con un ramo specializzato nella costruzione e manutenzione di basi militari, con contratti NATO in tutto il mondo, proviene il vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega all’internazionalizzazione, Giovanni Dolcetta Capuzzo, vicepresidente anche di Fondazione Cariverona. ICM ha all’attivo numerosi contratti per la realizzazione di lavori presso le basi militari americane in tutto il mondo. In Italia attualmente una commessa in corso per lavori nelle basi NATO a Vicenza (8,8 milioni di euro) e a Napoli (16,5), una completata nell’aeroporto di Aviano (12,5), ma soprattutto un quota dell’80% del contratto da 213 milioni di euro per la costruzione, ultimata, dello stabilimento Alenia di Cameri (NO) per la produzione e la revisione di F35.
Ma gli intrecci tra media e industria anche bellica non si fermano qui. Confindustria Vicenza, attraverso Videomedia, proprietaria dell’emittente televisiva TVA, è azionista di Nord Est Media (NEM), fondata da Enrico Marchi (Finint) con la partecipazione di Confindustria e ANCE Udine, che di recente ha acquisito dal Gruppo Gedi Il Mattino di Padova, la Tribuna di Treviso, la Nuova Venezia, il Corriere delle Alpi di Belluno, il Messaggero Veneto di Udine e Il Piccolo di Trieste. Nella compagine azionaria di NEM figura anche l’azienda siderurgica Danieli, che secondo un’inchiesta pubblicata a dicembre dal sito Follow the Money e dal quotidiano Kiyv Independent ha continuato a produrre acciaio per l’industria bellica russa anche dopo il 24 febbraio 2022, ma in Italia fa affari con la Metinvest dell’oligarca ucraino Akhmetov, proprietario delle acciaierie Azov di Mariupol, stabilitosi in Costa Azzurra per sottrarsi alla coscrizione obbligatoria. A Livorno Danieli e Metinvest costruiranno un impianto siderurgico su una parte delle aree delle ex acciaierie Lucchini. In Myanmar, invece, il gruppo friulano, secondo un rapporto dell’associazione Italia-Birmania, lavora per imprese di proprietà dell’esercito e per la giunta militare. Fino alla recente scomparsa Gianpietro Benedetti, presidente del Gruppo Danieli, era a capo di Confindustria Udine, con Anna Mareschi Danieli vicepresidente elettivo.
L’ingresso della tv di Confindustria Vicenza in NEM, secondo fonti locali, testimonierebbe la volontà dei soci vicentini di Athesis di entrare nella società di cui Paolo Possamai, padre del sindaco PD di Vicenza Giacomo, è direttore editoriale, con l’opposizione di una parte dei soci veronesi. Non di Cariverona, di cui il vicepresidente di Confindustria Vicenza, come si è visto, siede in fondazione, che ha acquisito quote sia di NEM sia di Athesis e spinge per la fusione. Di recente tra l’altro Banca Finint, promotrice di NEM, ha aperto a Vicenza uno sportello rivolto alle imprese locali.
Insomma il Triveneto e parte della Lombardia sono teatro di una campagna di shopping nel settore dell’informazione da parte delle confindustrie locali, in cui il settore aerospazio e difesa, da cui proviene il ministro Crosetto, gioca un ruolo di primo piano. Oltre alle aziende citate, in provincia di Brescia, dove Athesis è presente con Brescia Oggi, opera Rheinmetall, colosso militare tedesco che dal 2019 ha visto il valore delle proprie azioni decuplicato e attualmente progetta addirittura di aprire un sito per la produzione di tank in Ucraina. Rheinmetall Italia, ha scritto ad aprile il sito AnalisiDifesa, dopo un contratto da 184 milioni di euro con Berlino per le realizzazione di sistemi di difesa aerea Skynex da consegnare a Kiev, a marzo si è visto incrementare la commessa fino a un valore di mezzo miliardo.
In questo quadro è chiaro che l’Adunata degli alpini a Vicenza assume un significato che va oltre il “bicer di vin” e spiega anche la crisi di nervi del Giornale di Vicenza. L’espressione “vetrina espositiva dei più moderni armamenti” sembra un lapsus rivelatore. Colpisce che a usarla sia stata non chi produce e vende carri armati o li usa, ma una dirigente scolastica.
L’articolo è tratto dalla newsletter di PuntoCritico.info del 17 maggio.
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