Scuola

Un solo sopravvissuto. La scuola è naufragata

28 Gennaio 2022

La Camera dei deputati, l’11 gennaio ha approvato un disegno di legge che prevede che per il triennio, a partire dall’anno scolastico 2022/2023, l’introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi delle istituzioni scolastiche e dei centri provinciali per l’istruzione degli adulti, nonché nei percorsi di istruzione e formazione professionale.

Ci sono caricature di intellettuali circolanti in Italia che hanno accesso a fonti di informazione di un qualche peso e che dovendo tener aperta la vetrina per non farsi dimenticare, sentenziano con grandissima irruenza.

Abbiamo il filosofo barbuto dal fegato in fiamme che imperversa sulla tv.

E lo storico bilioso cui il Corriere della Sera affida spesso editoriali sulla qualunque che non ha fatto mancare il suo parere neppure in questa occasione.

Ecco il ritratto a tutto tondo degli autori della riforma a cura del nostro storico: «al centro una cricca di alti burocrati ed “esperti” scervellati, sopra di loro un ministro in realtà loro succube perché ormai da anni sempre privo di qualunque autorità culturale e peso politico, e infine un Parlamento dove regnano l’incompetenza e la demagogia».

Per fortuna abbiamo lui, unico sopravvissuto al naufragio della nave scuola, che ci regala pillole di verità.

Per spararla davvero grossa e guadagnarsi così il suo bel coro di indignazione che terrà alta la sua cresta, lo storico parla di “progetto di totalitarismo” e invoca Orwell a rendere ragione del disastro (un po’ scontata come citazione, si poteva essere più originali).

Le scuole svedesi, già dal lontano 1970 hanno introdotto “l’ora di empatia”, la cosiddetta “Klassens tid”, nei propri piani formativi.

Si tratta di usare video, foto, immagini che facilitano l’espressione e la comunicazione di sè nei lavori di gruppo. Ma anche giochi di ruolo, pittura, musica e psicomotricità, laboratori teatrali, narrazione autobiografica…

Tutte attività che ora più che mai sono davvero importanti.  Per il contrasto al deserto sociale e relazionale che la pandemia ha prodotto nei nostri ragazzi e al disagio che vivono. E che sono da un pezzo in uso in un sacco di scuole, ad esempio nei progetti di contrasto al bullismo e allo sviluppo della comunicazione non violenta, all’apprendimento della risoluzione senza perdenti dei conflitti.

Tra i pionieri in Italia dell’introduzione sistematica dell’educazione emotiva vi sono la scuola dell’infanzia e quella primaria del Centro diaconale valdese “La Noce” di Palermo. La scuola valdese ha riconosciuto l’importanza di questo aspetto dell’educazione a partire dall’anno 2017.

In un comunicato di plauso all’approvazione di questa legge,  da parte di questa scuola, viene raccontata una piccola testimonianza.

«…ci viene in mente l’esame di una bambina inserita in regime di semiconvitto presso la scuola primaria. Una bambina “ferita”, piena di rabbia e sofferenza per i maltrattamenti subiti. Urlare, inveire, aggredire erano i suoi modi di farsi sentire e vedere. Questa bambina ha misurato i limiti, pesato le fragilità di noi operatori della scuola per dimostrare che lei aveva il potere di superarli e calpestarli. Atteggiamenti violenti nei confronti dei compagni avvenivano quasi ogni giorno. Una nuova partita si apre quando, attraverso strumenti che facilitano la narrazione di sé, la bambina comincia a far intravedere tutto il suo dolore travestito da rabbia espressa e agita. Quando i compagni di classe, con la facilitazione del conduttore delle attività, e gli insegnanti, comprendono lo scollamento tra azione ed identificazione con gli agiti e visualizzano una bambina indifesa e diffidente, piena di paure che si nascondono dietro pugni alzati. Il rendimento scolastico della bambina migliora in modo esponenziale. La relazione con i compagni diventa significativa. Gli apprendimenti “scorrono” in maniera fluida e si solidificano giorno dopo giorno».

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