Scuola
Sul licenziamento delle maestre Di Maio non decide (e rinvia tutto a Natale)
Pare che nel decreto dignità ci sia una misura che riguarda “decine di migliaia di insegnanti diplomati magistrali”. Così ha dichiarato il ministro al Lavoro e allo Sviluppo economico Luigi Di Maio al termine del Consiglio dei ministri. Si tratta di “una proroga di 120 giorni su quello che doveva essere il licenziamento causato dalla sentenza del Consiglio di Stato, così che abbiamo il tempo di risolvere il problema”.
Il merito della questione è stato chiarito – ci ritorneremo qui sotto – dal Consiglio di Stato, mentre Di Maio si è sicuramente fatto prendere la mano sui numeri, visto che non sono decine di migliaia quelli assunti illegittimamente, su sentenza, a tempo indeterminato. Una domanda però resta: cosa vuol dire una proroga di 120 giorni?
Quando arrivò la sentenza del Consiglio di Stato che dichiarava illegittimi i contratti, il precedente governo non rescisse immediatamente quei contratti a tempo indeterminato stipulati con riserva, ma li lasciò in essere sino al 31 agosto. Lo fece solo per scongiurare il rischio che, a metà dell’anno scolastico, intere classi si trovassero a dover cambiare insegnante. Quei posti, assegnati in maniera illegittima secondo il consiglio di Stato, sarebbero ridiventati vacanti e disponibili per un’assunzione a tempo indeterminato oppure, in mancanza di aspiranti, per una supplenza a partire dal 31 agosto.
Facile, no? No, a quanto pare. Visto che il nuovo governo decide di non decidere e per “studiare la vicenda” proroga i contratti di 120 giorni, rimandando la decisione a Natale e rimettendosi nelle stesse condizioni dell’anno scorso. Così, i legittimi aspiranti al ruolo, legittimi vincitori di un concorso, dovranno aspettare ancora un anno senza la sicurezza di avere un lavoro.
Questo è la novità, insomma, una proroga. Ma di cosa parliamo quando parliamo del cosiddetto “licenziamento di massa delle maestre”. Nei mesi scorsi ha pianto, l’Italia, stretta intorno alle digiunatrici che perdono il posto. Ma al contempo “fotte” (più o meno consapevolmente) altre maestre scavalcate grazie al solito ricorso, da un paio di anni, da chi oggi protesta. Soprattutto, “fotte” i suoi figli. I bambini della scuola primaria, le “elementari” per intenderci, che dovrebbero subire e in parte stanno già subendo inconsapevoli l’insegnamento di personale privo di titoli e soprattutto privo, a sentire le testimonianze dei presidenti di commissione degli ultimi concorsi, di un minimo di alfabetizzazione, in una galleria degli orrori che va da “Gli strumenti utilizzati ha un’importanza fondamentale“, “il bambino a bisogno di… ” . o “la strutura è importante; ma lo è di più la didatica”. Già, perché una delle cose che non si dice, è che si tratta in gran parte delle stesse, identiche persone. Ieri con le orecchie d’asino, oggi martiri del sistema.
Ma di che si parla, davvero? Circa 40.000 persone, con un diploma di maturità magistrale conseguito almeno 16 anni fa, grazie a una catena di ricorsi allestiti dal sindacato Anief e da alcuni studi legali, ottengono di accedere, con riserva, alle graduatorie ad esaurimento, un canale nato negli anni 70 da cui lo Stato, attinge a metà degli insegnanti, quasi fossero bidelli. Un canale peraltro chiuso a nuovi accessi giusto una decina di anni fa, tra gli applausi, dall’allora ministro Fioroni, e che da quel dì rappresenta il paradiso perduto dei sacerdoti del posto fisso. Una graduatoria che scorre, e che prima o poi il posto fisso te lo dà. Ma, e questo è il punto, per accedervi (sino al 2007) la legge stabiliva un minimo di titoli (l’aver superato le prove di un concorso, aver fatto un corso formativo riservato, essersi laureati in Scienze della Formazione Primaria, percorso selettivo a numero chiuso che ha sostituito il vecchio diploma magistrale).
Chi quei titoli non li ha, perché non li ha voluti prendere o perché non è stato in grado di prenderli, che fa? Si mette a studiare? Supera uno dei due concorsi (2012 e 2016) appena banditi? Supera il non improbo test di accesso a Scienze della Formazione Primaria? No. Ricorre. Perché per assumere un avvocato non occorre saper leggere, scrivere e far di conto. Ricorre e ottiene di potersi iscrivere alle GAE “con riserva”: significa che un tribunale, in attesa di elucubrare, intanto ti assegna il posto, poi si vedrà. Siccome siamo in Italia, il Consiglio di Stato dapprima inizia a emettere sentenze favorevoli, ignorando del tutto le norme. Per un caso anomalo, il Ministero dell’istruzione non molla, elenca paziente tutta la sfilza di leggi e decreti che reggono l’assunzione in ruolo, ottiene che il caso sia portato all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, una specie di Corte Costituzionale della giustizia amministrativa e l’adunanza plenaria sentenzia che no, quei maestri non hanno il titolo, perché “il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo”. Più che una sentenza, una presa d’atto delle leggi esistenti, per una volta inequivocabili. In un Paese normale, sarebbero bastate un paio d’ore. Punto e stop. Cattedre e supplenze sono da restituire agli autentici fantasmi di questa vicenda: a chi ne aveva diritto e si è visto scavalcare sul traguardo e, anziché digiunare o inscenare piazzate, magari dettando ai piccoli allievi messaggi strappalacrime, ha aspettato che lo Stato lo difendesse.
Tutto finito? No. Macché. Perché all’Italia del quovado, chi insegue il posto fisso coi mille espedienti dell’arte di arrangiarsi piace. E ancora meglio se si tratta di una sorta di lazzaretto di casi umani, che dà drammatica fisicità alla (sia pure su basi illegittime) protesta. Ricordano i residenti alle falde dell’Etna, che imploravano e smoccolavano contro il destino cinico e baro che travolgeva di lava le loro case abusivamente costruite pretendevano che Stato o Regione gliele ricostruissero uguali.
La stessa stampa e le stessi reti televisive che solo due mesi prima si erano stracciate le vesti scandalizzate per gli strafalcioni delle aspiranti maestre, dimenticano tutto. Salvo rare eccezioni, aizzano alla catastrofe, paventano vuoti nelle classi all’inizio dell’anno scolastico, e nullificano o prendono a male parole sui social (vedi l’un tempo eccellente cronista di guerra Franco Di Mare, che a una docente laureata che gli sottolineava gli strafalcioni e l’aver fatto un servizio senza contraddittorio, intima di “cambiare mestiere”) o sbertucciano (tuonano Vittorio Feltri a Pietrangelo Buttafuoco) i circa 110.000 insegnanti elementari che invece il diritto ce l’hanno: chi in graduatoria c’era con i titoli giusti, i vincitori di concorso con diploma magistrale o laurea, le maestre laureate poco dopo l’ultimo concorso che sperano in quello successivo. Si sono viste sottrarre le supplenze, il posto di ruolo, il lavoro. Hanno dormito in macchina o sono state aiutate dalle collette delle colleghe, hanno atteso con pazienza che il proverbiale giudice a Berlino battesse un colpo. Niente. Zero. Silenziate o ridotte a rompiscatole che rischiano di rovinare lo storytelling del potere brutto e cattivo contro le buone maestre. Tanto più che si sono riunite in un comitato di insegnanti uniti per il merito (insegnanti storiche delle GAE, laureate o laureande in Scienze della Formazione Primaria, vincitrici di concorso) che osa addirittura chiedere di fare concorsi: si suppone, perché in grado di superarli.
La politica, con rare eccezioni, si accoda. Si vergogna, il ministero, di averla vinta, quella causa. Parlamentari e politici di ogni ordine e grado premono per “trovare una soluzione”. E chissene se ad ogni “caso umano” esibito per rivendicare un sopruso, ce ne è un altro, che non è esibito perché crede nel diritto. Qui è la terra dei cachi. Mica Europa. E siccome vale il leggendario “facite ammuina”, si prende tempo. In attesa di trovare una soluzione. Perché, signore e signori, il peggio non è il congelamento. Il peggio deve ancora venire, se, come propagandato dal senatore Pittoni (dalla scolarizzazione ancor più misteriosa di quella dell’ex ministro Fedeli) la soluzione dovesse essere un bel concorso non selettivo, che metterà in una sterminata graduatoria sapienti e ignoranti. Domanda. Ma il ministro, che ha fatto carriera nella scuola superando tutte procedure ordinarie e selettive, è consapevole di come l’istruzione primaria verrebbe devastata da persone che, alle volte, ne sanno meno dei loro allievi più fortunati? E la scuola inclusiva, di cui ci si riempie le ganasce, ha bisogno di insegnanti superprofessionalizzati o di persone assunte in ruolo con le stesse procedure con cui si assume un addetto alle pulizie?
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