Scuola
Signora Professoressa
Entra in classe, si siede, fa l’appello, giungono risposte confuse, non li riconosce e non sa con certezza chi sia effettivamente presente o assente. Potrebbe essere una supplente, oppure è l’inizio di un nuovo anno scolastico. Ripete più volte un cognome, poi un altro, supplica gli alunni di rispondere chiaramente e uno alla volta, viene derisa fino a quando, sull’orlo di una crisi di pianto, abbandona l’aula.
Qualcuno potrebbe chiedersi perché ai ragazzi sia consentito l’uso dello smartphone in classe, soprattutto quel determinato uso, tuttavia, nella fattispecie, il video rubato documenta una manciata di minuti che suscitano diverse riflessioni in cui nessuno, regista compreso, esce sotto una luce edificante.
«Gran signori quei ragazzi!» commenta una donna matura mentre osserva su Facebook le risate di quelli che potrebbero essere suoi nipoti.
Signori… Un concetto importante quello di signorilità perché supera la tanto sopravvalutata qualità di umana empatia appartenente alla sfera emotiva, all’indole di ciascun individuo e quindi non così facilmente trasmissibile.
La signorilità invece è una condotta legata alla sfera comportamentale che, se non connaturata, può essere trasmessa e appresa.
Anche solo il modo in cui sono seduti, in cui distribuiscono gli accessori sul banco ostenta una mancanza assoluta di signorilità e compostezza.
Lacune familiari, certo: la maggior parte dei genitori nella società attuale è raramente consapevole della responsabilità educativa cui deve adempiere. Il docente quindi si ritrova a dover rispettare il programma didattico ministeriale e a tentare di arginare gli errori e la trascuratezza domestici persino negli istituti superiori.
Un lavoro di squadra assente fra quelli che i sociologi definiscono gruppi primari (i cui membri sono tenuti insieme da vincoli affettivi) e gruppi secondari (ruoli diversi legati da rapporti formali finalizzati al raggiungimento di determinati obiettivi).
Un’intesa fratturatasi più o meno nel momento in cui cade rovinosamente il vincolo formale dei rapporti.
Quando esattamente la scuola è diventata una sorta di seconda casa sempre più sfilacciata dalla sua funzione istituzionale? Quando si è persa l’abitudine di alzarsi all’ingresso del signor professore e soprattutto quando il professore ha smesso di essere un signore?
Quando ha cominciato a prendersi quella disperata libertà esibizionista di rendere pubblici post sui social riconducibili a episodi legati alla propria intimità più profonda dimenticando o fingendo di dimenticare quanto l’allievo nutra una certa curiosità — che dovrebbe restare inappagata — sul privato del suo maestro?
Quando è nata questa parità inconsistente fra ímpari?
Nel video, in classe, la Signora Professoressa non è mai entrata. Ha lasciato il posto a una donna partita sconfitta già da casa. La sua reazione, che rivela panico, disagio, dolore, è totalmente comprensibile sul piano umano; meno su quello professionale, dove gestire un pubblico che facilmente diventa branco è forse l’abilità fondamentale, insieme alla tenuta della scena.
Sotto i riflettori, invece, la precarietà di un essere umano travolto e ingoiato dalle spietate correnti di una società senza regole.
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