Scuola

Si può essere liberi tutelando interessi e privilegi particolari?

6 Febbraio 2019

 

“It’s better to travel hopefully than to arrive”, Stevenson

Che cosa significa oggi arrivare? Si arriva alla consapevolezza del proprio essere dopo cammini tortuosi, difficili, insoliti che il crescere e il confrontarsi col mondo ci porta ad intraprendere.

Questo è quello che la scuola, cattedrale nel deserto, cerca in ogni modo e con ogni mezzo di insegnare, e poi c’è chi ‘Alla lavagna’, la trasmissione di Rai3, confonde una lavagna con una lasagna, imbottita di messaggi che rendono l’essere umano di una povertà estrema, a prescindere dal suo censo.

“Il mio papà ha insegnato a me e ai miei fratelli che chi paga comanda e lo dico a te che sei una donna. Il denaro è un grande strumento di libertà”. Questa è la risposta che Daniela Santanché ha dato a una bambina che le aveva chiesto di pronunciarsi sul valore del denaro.

Arrivare significa letteralmente e metaforicamente raggiungere una meta e vale come importante criterio di misura per il successo così come per il potere. Personalmente mi è stato insegnato che successo e potere non prescindono mai dal rispetto per se stesso e il prossimo e che l’approvazione è una questione strettamente personale che si inquadra nel sistema valoriale trasmesso.

Non bisogna veicolare messaggi falsi e nasconderci dietro il buonismo e la facile demagogia. In un Paese come il nostro, non si può negare che chi ha il soldo è in grado ad esempio di pagarsi una visita privata dallo specialista senza dover fare la trafila di mesi e ciò grazie  ai tagli che negli anni sono stati fatti su sanità, pensioni, scuola e che hanno visto snellito ed emaciato il nostro sistema di welfare. In un Paese come il nostro, fatto di logiche clientelari, non si può e non si deve chiudere gli occhi al vero.

Un’insegnante, però, soprattutto una che ha a che fare con i bambini, dovrebbe possedere due requisiti fondamentali: la credibilità unita alla responsabilità. Affermare che chi paga comanda, soprattutto detto a una bambina, significa negare tutte le lotte che le donne hanno condotto per vedere riconosciuti quei diritti che sanciscono una loro pari dignità. Signifca, ancora, negare il valore di battaglie verso una diffusa cultura familistica che ha caratterizzato il sistema di protezione sociale intessuto di una visione ideologica e funzionalistica della famiglia basata su una rigida divisione dei ruoli fra i sessi.

Per essere credibili in un Paese in cui la politica assume spesso le sembianze di una grande farsa con l’avvicendarsi di accordi ed intese con chi è momentaneamente “folgorante in solio”, sarebbe stato necessario che la senatrice di Fratelli d’Italia si esprimesse sull’esemplare modello berlusconiano in cui ingenti  somme di denaro sono servite all’ex premier per comprare il silenzio delle ragazze che hanno partecipato ai festini di Arcore e  spingerle a rendere false testimonianze nei processi a suo carico. Certo “Ar core” non si comanda, ma col portafogli si.

Sappiamo bene che se si vuole che lassù, nelle alte sfere, qualcuno ci ami, bisogna essere saggi, ubbidienti, silenziosi, composti. Un po’ critici, magari, ma non troppo, però! Che certe cose non stanno bene contestarle e che conviene essere amici di chi conta invece che inimicarseli. Basta mettere a tacere il sangue caldo, aspirare a ideali anemici, basta che questi rechino il pedigree di chi ce l’ha fatta costi quel che costi, anche a prezzo di svendersi.

Approvo la scelta di portare la politica in classe, non quella di ergersi a maestri di vita.

La domanda che mi sollecita l’incresciosa lezione tenuta dalla Santanché riguarda il buon senso e la sensibilità dell’insegnante che dovrebbe saper rispondere adeguandosi alle orecchie dei più giovani e considerare che in una vera democrazia le idee hanno legittimità se esercitate sul confronto dialettico che non può non  tener  conto dell’età del nostro interlocutore.

Un’insegnante ha un compito più alto dell’informare, quello di formare.

Alla bambina che ha posto la domanda sul valore del denaro, avrei risposto che il valore attiene alle persone non alle cose e che colui che vale è chi vuole essere sempre e comunque se stesso. Il “Sii fedele a te stesso”, aurea massima proveniente da Polonio, il ciambellano nell’Amleto, tanto più preziosa  in quanto  arriva a farsi ammazzare dallo stesso Amleto pur di non tradirla, mi sarebbe sembrata un’ ottima lezione da condividere.

Ai modificatori delle coscienze, all’uso di plastiche e sostanze sintetiche, avrei proposto valori che esaltano peculiarità umane che rendono unici e singolari i nostri tratti personali. Al marchio di fabbrica necessario a vendersi meglio, al vantaggio derivante dal perseguire l’interesse più immediato avrei opposto il valore della cooperazione. All’“inflare”, al gonfiare in maniera spropositata, avrei proposto l’ “afflare”, perché il “soffiare verso” o il  “soffiare su”  è capace di infondere e di animare.

Alle inflazionate protesi suscettibili di sgonfiarsi come un palloncino, scegliamo di amarci senza cedere a ricatti. Un’autostima sana, legata alla serenità e all’accettazione di sé, ci consente di camminare col proprio idioma, col proprio carattere personale che spazia al d là del proprio orticello circoscritto.  Perché se tra idioma e idiota la differenza formale è minima, quella sostanziale è enorme.

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