Scuola

Schola magistra vitae? Le ricette di Valditara

19 Gennaio 2025

La buona squola è sempre qualcosa che ogni ministro dell’istruzione (uso la minuscola apposta per tutto) vuole promuovere, ovviamente secondo la propria idea di “buona”. Vuole lasciare un segno, così come l’hanno fatto Berlinguer, Gelmini, Moratti, Fedeli, e molti altri, le cui cicatrici sono in bella mostra.

Non è difficile fare demagogia, al solito, visto lo stato precario che caratterizza ormai la nostra scuola, un tempo ben più formativa di quanto non lo sia oggi.

Eh, ma il mondo è andato avanti, la tecnologia, lo smartphone, il tablet, e così via, hanno messo in secondo piano lo studio del latino e di altre cose “superflue” per un pianeta che corre sempre più. Non si capisce se corra per andare avanti o per sfuggire a qualcosa di peggio.

L’ennesima riforma scolastica del ministro Valditara, apparentemente, sembra voler frenare codesta corsa verso l’ignoto, riportando le cose su binari abbandonati ma ancora percorribili.

Il latino. Ebbene, sì, il latino torna alla scuola media inferiore. Però, e qui sta il bello, facoltativo. Ai miei tempi, prima del diluvio universale, si studiava il latino fin dalla prima media, obbligatorio. E devo dire che aveva un suo fascino. Rosa rosae e pōpulus alta facevano bella figura nel mio mondo popolato da vegetali; riconoscevo volentieri le specie botaniche, così meticolosamente catalogate da Linneo e mi piaceva capirne l’etimologia. Perché tutto ha un’origine nel linguaggio, e pōpulus (pioppo) era differente da pŏpulus (popolo), una vocale lo rendeva un’altra cosa. L’insegnante di latino e italiano ce lo fece notare, come pésca (pescare) e pèsca (il frutto, da persica malus), e poi ci divertiva con motti latini come mala mala mala sunt bona (la mela marcia fa bene alla guancia) o Malo malo malo Totum percurrere pontum Quam mandere Mala mala malis malis (preferisco andare su una barca rotta lungo tutto il Ponto che mangiare mele marce con una mandibola malata – ossia con denti fradici). Con malo ce n’è un’infinità.

Ricordarseli ancora oggi vuol dire che l’insegnante ha fatto un buon lavoro. E che, forse, ha una sua utilità anche nel capire meglio l’italiano e le altre lingue dal latino derivate.

Ricordo anche che, all’estero, in un viaggio giovanile in Germania mi trovai in difficoltà perché il mio inglese ancora non era un granché (del tedesco non ne conoscevo nemmeno i rudimenti) e allora, visto che l’italiano non era abbastanza conosciuto come lingua, mi espressi in latino. L’interlocutore, fortunatamente, lo conosceva anche lui e così l’incomunicabilità fu superata. Certo, non era un dialogo tra Lucano e Petronio ma servì per capirsi come lingua franca, molto divertente. I miei coetanei italiani mi guardavano sbalorditi. Potrebbe essere un’idea ritrovare il latino come lingua ufficiale della Repubblica o RES PVBLICA, visto che siamo in tema, e visto che l’italiano è ormai parlato (e scritto) così male, soprattutto dalle parti del governo.

Comunque, tornando a Valditara, mi chiedo perché, visto che si vuole reintrodurre il latino alle medie, ma dal secondo anno in poi (?), renderlo facoltativo. Qual è la ragione?

E poi, continua Valditara, bisogna far conoscere la mitologia greca e latina fin dalle elementari. E pure la Bibbia.

Ora, io ricordo che, quando facevo le elementari, la RAI trasmetteva l’Odissea a puntate (otto) con regia di Franco Rossi, Piero Schivazappa e Mario Bava, coi bellissimi e bravissimi Bekim Femiu e Irene Papas. E noi bambini non aspettavamo che l’appuntamento settimanale per una full immersion nella mitologia. Ne parlavamo in casa, papà era un appassionato, e anche a scuola. Poi, vivendo in Sicilia, dove si svolge buona parte del poema omerico, era argomento scolastico per scoprire i luoghi dell’Odissea, e di come alcuni identificassero gli scogli dei Ciclopi di Aci Trezza come quelli lanciati da Polifemo su Odisseo, altri li vedevano dal lato opposto, ossia le isole Egadi. E le isole Eolie, dimora del dio del vento, e i pascoli di Hyperion… insomma ce n’era di materiale. Contemporaneamente agli dèi dell’Olimpo anche le divinità della Bibbia non ci erano ignote, anzi, avevamo il crocifisso sopra la cattedra del maestro a ricordarci costantemente il nostro peccato originale.

Credo che il crocifisso persista, nonostante le proteste. Allora non ci spiegavano il contrasto tra paganesimo e cristianesimo, almeno non in maniera adeguata, e gli dèi falsi e bugiardi appartenevano alla mitologia, ed era quasi un gioco di società molto aristocratico disquisire dei dispetti di Dioniso o delle metamorfosi gioviane pur di impollinare dee e ninfe. Naturalmente su Ganimede c’era una rigorosa censura, a scuola, perché l’omosessualità era tabù. Sulle usanze pederastiche dei greci antichi si sorvolava, per non indurre in tentazione. Così come anche per la Bibbia, la sodomia era peccato mortale, per carità!

Spero che, oggi, caduti i tabù e riprendendo un interesse per la mitologia classica, sia greca che romana, si riveli anche una sessualità più completa, che all’epoca classica era molto più disinvolta, e che, contemporaneamente si riveli anche come la mitologia biblica si mescoli con quelle mediorientali, con Mithra, col Sol Invictus eccetera, per scoprire le vere radici di tutto e quindi far capire ai discepoli che tutte le religioni sono basate sull’osservazione della natura e sul nominare la natura e che sono tutte convenzioni di personaggi immaginari. E che in nome delle religioni, cosa che continua ancora oggi, si sono fatte le stragi più terribili della Storia.

Ecco, la Storia e la Geografia, materie sempre più neglette che Valditara vorrebbe riportare in auge. Ma la sfumatura patriottica del ministro, che tradisce il suo psicofascismo, non è quella giusta per comprendere l’Italia e il mondo. Il mondo, dopo la scoperta dell’America, ben più di cinque secoli fa, si è ristretto e va studiato tutto, certo, anche l’Italia, caspita, ma la nostra penisola è un pezzettino piccolo piccolo del mondo. E il mondo oggi viene a visitare l’Italia e molti vengono a cercarvi un rifugio e una seconda vita. Converrebbe anche sapere chi sono codeste persone, cercare di capirle, perché scappano, perché credono che l’Italia sia un paese “sicuro”, come si ama definire le terre dalle parti di Palazzo Chigi.

Concentrando unicamente l’attenzione su Storia e Geografia patrie non è che si renda un bel servizio alla formazione e all’informazione dei discepoli. Scètate, Valdità, l’Italia è nel mondo, c’è Little Italy, c’è Palermo a Buenos Aires, e poi il Brasile, l’Australia, il Venezuela, l’Italia è anche altrove. Occorre conoscere tutto ciò e occorre anche conoscere chi emigra da altrove verso di noi, per poterlo “integrare” meglio.

Ma poi, che significa “integrazione”, con chi e che cosa dovrei “integrare” uno straniero? Con una Bibbia? Con la mitologia classica? Certo, posso fargliele studiare a scuola, ma glielo devo spiegare che nella Bibbia esisteva la schiavitù, così come esisteva anche nella Roma antica. Non è una bella cosa. Quelli scappano dalla schiavitù, che in alcuni paesi esiste ancora.

Spero che la reintroduzione del latino e della ri-riscoperta del mondo classico non sia la visione mussoliniana della classicità, che la vedeva come fonte primitiva di unità nazionale, le sue radici millenni prima. E soprattutto che l’insegnamento della “tradizione” italiana anche agli stranieri abbia un significato un po’ più estesino. Quale “tradizione” in un Paese come il nostro dove le tradizioni sono distinte da regione a regione, con lingue diverse, storie diverse, cibi diversi, visioni diverse, climi diversi, agricolture diverse, arti diverse, lavori diversi, attitudini diverse? Valdità, ma te sei visto intorno in che paese vivi? La Sardegna e il Sudtirolo che c’hanno in comune a parte lo Statuto Speciale?

La nostra identità è ancora in buona parte da formare, con serenità, altrimenti, ministro caro, non ci sarebbe il fenomeno separatista della SUA Lega, che, ignorando intere generazioni morte in nome del Risorgimento, fino alla Grande Guerra o Quarta Guerra d’Indipendenza (per noi) o Prima Guerra Mondiale, per UNIRE il paese, oggi preme per una nuova frammentazione con autonomia differenziata (bocciata) e un rispolvero delle tensioni tra Nord e Sud, così magistralmente ostentate e cantate nei cori da osteria da Salvini & co.

È il tuo governo, Valdità, con Salvini ce stai a governà, è pure il tuo capo del partito. Lui è quello che vorrebbe la scuola regionale, dove s’insegnano solo le cose concernenti la propria regione, probabilmente, e nella lingua regionale, altro che. Oggi lui cerca di fare il serio, con scarsi risultati, ma resta sempre il ridicolo che è. E io pago, lui e pure te.

Un ritorno alle poesie a memoria non è male, io me ne ricordo ancora un bel po’, e credo che sia un bene, anche per lo sviluppo della memoria. Anche brani della Divina Commedia ci facevano imparare alle medie. Unito, certamente, anche al comprendere cosa c’è dentro quei versi, bisogna capire chi era la donzelletta che veniva dalla campagna così come la nonna Speranza che suonava il fascio di musiche antiche di Arcangelo del Leuto e d’Alessandro Scarlatti insieme all’amica Carlotta Capenna. E magari inserire le audioletture gozzaniane di Paolo Poli o Vittorio De Sica, giganti del teatro. O Leopardi declamato da Carmelo Bene. E stimolare i ragazzi a trovare la loro interpretazione di quei versi, facendoli recitare, non solamente facendoglieli memorizzare. Anche il Teatro e la Musica sono nostro patrimonio. Perché non far imparare a cantare anche i madrigali di Monteverdi? Certo, la lingua usata può sembrare aliena, ma la scuola serve anche a questo.

Troppa roba? Ma i ragazzi, se stimolati adeguatamente, si divertono. Molto sta nell’insegnante, è vero. Ma molto sta anche nello stato di degrado in cui versano le scuole, spesso cadenti e non attrezzate, caro ministro, e anche in quanto tempo gli insegnanti siano oberati da burocrazie assurde e da stipendi inadeguati. Oltre al fatto che le scuole metropolitane, soprattutto, presentano problemi di ordine pubblico e sociale, con un’infanzia che proviene da famiglie squinternate, con genitori spesso in carcere, senza guida, incollati agli smartphone e inebetiti da tiktok, colle ragazzine che si abbassano le mutande e vendono l’immagine della propria natura, mentre altri, spesso muniti di armi, spacciano qualsiasi cosa.

A questo come ovviamo, Valdità? Pensaci un po’ nel tuo ruolo di ministro così volenteroso. Magari sta’ a sentire le voci degli educatori delle periferie anziché ascoltare la tua tronfia voce psicofascista che sente solo sé stessa.

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