Scuola
Perché c’è un’emergenza educativa?
La vulgata dice che la scuola è venuta ormai meno al suo mandato educativo. Sarà vero, forse. C’è da chiedersi, però, se i docenti abbiano la libertà di esercitarlo.
I recenti casi di violenza ai danni degli insegnanti allarmano e fanno il focus su un’emergenza da risolvere: la rottura del patto di corresponsabilità formativa tra scuola e famiglia. I genitori guardano con sospetto gli insegnanti come se fossero sempre la controparte da cui difendersi.
Occorre andare, però, alla radice del problema, di cui le vicende recenti sono solo la punta dell’iceberg.
Il MIUR sta distribuendo in questi giorni nelle classi opuscoli contenenti tutti gli articoli della Costituzione italiana: si tratta di libretti colorati, con disegni elementari che riducono a dimensione fumettistica un argomento che meriterebbe, invece, una certa serietà.
Tutto questo non sorprende. È la stessa linea adottata dal MIUR già ai tempi della diffusione sul web delle linee guida della Buona scuola: un format policromo e appealing, seducente nell’aspetto per distogliere l’attenzione dei lettori in merito ai contenuti.
Se tutto questo non sorprende, neanche convince, però. Non possono bastare disegni e colori per dare dignità a un testo di capitale importanza per la storia della nostra Repubblica.
Che cosa non va bene?
Questo, in particolare, non convince: nella pagina interna dell’opuscolo viene citato un articolo della Carta Costituzionale relativo al mondo della scuola, l’articolo 34: la scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso. Si tratta di un articolo importante, ribadisce il carattere pubblico e democratico della scuola. Certo, perché non ci si fermi al mero assistenzialismo, questa norma andrebbe letta congiuntamente con quanto prevede l’articolo 3 della Costituzione italiana: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Appare, comunque, evidente che i padri costituenti volessero assicurare a tutti, con l’articolo 34, il diritto allo studio, il sostegno economico agli studenti motivati, capaci e meritevoli, ma privi di mezzi economici.
Il merito è sacrosanto, la Costituzione lo promuove. Onore al merito.
Perché, però, decidere di trascrivere l’articolo 34 piuttosto che – e non anche – l’articolo 33, che recita invece: l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento?
Passare sotto silenzio il valore della libertà d’insegnamento è una scelta casuale?
Sicuramente no. Dimenticare l’articolo 33 tradisce un dato di fatto: la libertà d’insegnamento può essere omessa dall’opuscolo che diffonde i principi costituzionali, perché non esiste più. È pericolosa ed eversiva e perciò, su questa parola – libertà – vanno spenti i riflettori. Non se ne parla più. L’articolo 33 non deve neanche essere nominato.
È questa l’amara realtà: i docenti non sono liberi di insegnare, sono stati anche privati del tempo necessario a farlo, a causa dell’introduzione coatta di 200 ore di Alternanza scuola-lavoro del tutto avulsa dalle attività scolastiche e in conseguenza della quale avremo una generazione molto più ignorante dei suoi genitori.
C’è di più. Omogeneizzazione dei programmi, standardizzazione delle prove, diffusione della logica INVALSI, imposizione massiccia di metodologie assolutizzanti, ridimensionamento ideologico della funzione trasmissiva dell’insegnamento, formazione obbligatoria in ambiti prescritti e non a scelta dei docenti allontanano la didattica dai principi sanciti dalla Costituzione (art.33) e sono la prova evidente della malattia più grave che circola nelle aule scolastiche: la mancanza di libertà. E questo spiega molto bene lo spirito dei tempi.
La scuola, dunque, è venuta meno al sua mandato educativo? Una lieve riformulazione: la scuola è stata programmaticamente spogliata del suo mandato educativo.
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