Scuola
Non credete alla favola dei prof che decidono le elezioni: tocca ancora a noi
Gira una storiella, un racconto dei racconti, secondo cui non sarebbero più i cittadini italiani, intesi come popolo, a determinare il destino di questo o di quel politico, di questo o di quel governo, ma più specificatamente categorie sociali che in un certo momento storico (s)favorevole della loro storia si trovano ad avere in mano la bacchetta magica per cambiare il risultato finale delle elezioni. Nel nostro caso, nel caso di queste Regionali, le due categorie prescelte dal Fato sarebbero quelle dei pensionati e degli insegnanti, pesantemente sotto attacco, che reagirebbero quindi con un segnale eguale e contrario alla loro intelligenza: votando comunque contro Renzi, perché gli sta “togliendo” qualcosa.
Sarà il caso di avvertire i nostri amati retroscenisti dei giornali che girano già troppi coglioni in questo Paese per ingrossare la categoria con simili bubbole. E anche i servitorelli del premier in servizio permanente effettivo dovrebbero cercare di meglio da fare che contrarre la muscolatura da esibizione, sottoponendo al Capo improbabili complotti della minoranza dem che muoverebbe gli insegnanti contro il tenero Matteo. Vogliamo almeno dire che c’è un po’ di confusione sotto questo cielo, dal momento che non si era visto nemmeno nell’Unione Sovietica dei tempi d’oro un’assunzione torrenziale di centomila e passa professori, giusto per portarsi a casa un filo di consenso, che poi invece ti spernacchiano senza pietà ingrossando paurosamente le fila dei manifestanti di piazza contro il governo?
Sarà invece utile attestarci semplicemente sul valore delle persone, evitando fuffa complottarda, che in nome e per conto dei partiti di riferimento si battono per la poltrona di governatore. E se sorprese ci saranno, sì certo, possiamo anche sostenere che il Pd a vocazione tafazzista continua nella sua mirabile opera masochista, ma la realtà è che persone di normale caratura morale, come la buona parte degli italiani, questi magheggi di De Luca in Campania e di Emiliano in Puglia li schifano assai e potrebbero civilmente disertare le urne. Lo schifo di prendersi anche la feccia fascista al seguito, del resto, in qualche modo va pagata e se i nostri amici governatori in pectore se ne impipano, noi invece restiamo con le nostre pregiudiziali del pleistocene. Ma poi non è solo la questione fascista, che è una parte del tutto, è che lorsignori – De Luca ed Emiliano – schifano la sinistra nella sua accezione più dignitosa, sbanchettando le differenze e portandoci nel grande mondo dei “tutti uguali”.
Qui Renzi, che a livello nazionale è di una cattiveria senza pari, ha avuto paura di intervenire. Da provinciale convinto, sa che i territori sono appannaggio di chi ci lavora, di chi porta tessere, di chi scambia tessere, di chi cerca consenso con tutti i mezzi. È come se il premier certificasse i due forni, l’uno della buona politica (ma solo di fronte agli italiani tutti e qui lui c’è) e di quella oscena, quando a comandare sono i ras locali, che naturalmente lo sfanculano allegramente non riconoscendogli alcuna potestà. E qui lui sta sullo sfondo, anzi manco si fa vedere.
Due concetti di Italia, che non si incrociano mai.
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