Scuola

Ministeri della Pubblica Distruzione

8 Novembre 2022

Oggi parlavo con un amico che insegna Storia e Filosofia in un liceo di Trieste. È una persona assai colta, che comprende, nella sua tanta cultura, anche molta musica, di ogni genere. Suona chitarra e basso elettrico, piuttosto bene.

Parlavamo della discesa parabolica del livello di preparazione con cui gli allievi arrivano alle superiori e di quanto l’imprinting tecnologico di questi ultimi anni abbia più nuociuto che giovato, nella maggior parte dei casi. Lui citava Walter Benjamin e la sua disattesa fiducia nella tecnologia, che avrebbe aiutato le masse a risollevarsi. È avvenuto il contrario, ossia la tecnologia incontrollata (o forse controllata da menti perverse) si è rivelata un mezzo che non ha fatto altro che amplificare l’esistente, nel bene ma soprattutto nel male, visto ciò che è successo da un secolo a questa parte e che si sta nuovamente estremizzando.

Molti di questi allievi non sanno scrivere in corsivo e hanno difficoltà a leggerlo ma, soprattutto, hanno difficoltà a mettere in fila tempo e spazio. Non hanno potuto sviluppare, cioè, quell’attitudine che permette al bambino, al ragazzo (scusate se uso il maschile sovraesteso ma, come dice la Crusca, lo uso nella sua accezione neutra, anche se il neutro in italiano non esiste; già sento il fiato dei talebani dell’inclusione) e poi all’adolescente di ordinare il pensiero, dopo averlo formato nella mente e di comunicarlo al resto del mondo. Hanno sviluppato, al contrario, un’identità della videoscrittura colla scrittura su carta per cui alcuni scrivono esclusivamente in stampatello se non addirittura in maiuscolo, come se facessero i cruciverba. La calligrafia è importantissima perché sviluppa, se appresa in tempo, il senso dello spazio, la creatività e la personalizzazione dei segni, e può diventare un veicolo di comunicazione enorme. Cosa che lo stampatello non fa, restando invece neutro. Sembra che il corsivo serva anche a limitare la disgrafia e la dislessia, oltre a sviluppare e valorizzare il senso estetico. Infatti devo constatare che la maggior parte della gioventù moderna ha dei grossi problemi coll’estetica, a cominciare dal modo di considerare il proprio corpo e il modo di vestire, che, naturalmente, porta con sé ragioni identitarie. Anche il rivestire la propria pelle di un’infinità di tatuaggi, soprattutto in giovane età, è sintomo di voler cambiare il proprio corpo, la propria pelle, perché così non si accetta. E lì, paradossalmente, pur non usando il corsivo loro, lo fanno utilizzare ai tatuatori che invece conoscono assai bene le calligrafie di tutto il mondo, facendosi scrivere indelebili poesie o parole che, magari, vanno lette allo specchio. Un amico tatuatore bravissimo, un vero artista, che vive in provincia di Messina, mi raccontava di uno squinternato che aveva voluto che lui gli tatuasse la parola RESILIENZA cogli stessi caratteri con cui era stata tatuata sulla pancia di quell’altro squinternato di Gianluca Vacchi, ma al contrario, in modo che quando si guardava allo specchio (probabilmente c’era una sviluppata componente narcisistica) poteva leggere la sua RESILIENZA inossidabile, per tutta la sua vita. Forse aveva bisogno di ricordarselo di continuo perché magari non era poi così resiliente. Invece facendolo scrivere a caratteri lapidari sulla sua pancia lo sarebbe diventato o, per lo meno, si sarebbe ricordato di diventarlo un giorno.

Tornando al corsivo, d’estate, con tutti i corpi nudi al mare, in montagna, al lago o anche al balcone di fronte a prendere il fresco, si leggono poemi di Neruda, di Petrarca (non ci crederete ma ne ho visto uno, Pace non trovo ecc. di uno deluso in amore che avrebbe evidentemente portato la sua delusione eternamente), perfino l’inno di Mameli (non speculare), tutti tatuati su corpi atletici, flaccidi o così così, non importa.

Portandosi dietro una poesia in corsivo, forse, si esorcizza il fatto che non si sappia scriverlo più. Io provo sempre timidamente a chiedere perché i giovani, soprattutto, si facciano tatuare la Divina Commedia sulla schiena o sui fianchi. Non perché mi molestino più di tanto ma perché mi piacerebbe capire meglio. Le risposte, se sono garbate, iniziano con un sorrisetto da parte dei tatuati e vanno dal “Perché il mio fidanzato (o la mamma, il papà, la sorella, la cugina) mi ha regalato questo tatuaggio” al “Perché la poesia mi piace” al “Perché l’ha fatto anche Angelina Jolie” e altre emulazioni o al “Ma perché non ti fai un mazzetto di cazzi tuoi?”. Legittimo anche questo, anche se rispondo di solito “Beh, scusa, se esibisci la frase di Einstein vuol dire che ne sei rimasta fulminata a tal punto da tatuarla, e a me piaceva capire cosa ti ha fulminato” per poi rendermi conto che la tipa era fulminata per i fatti suoi.

La calligrafia buttata fuori dalla porta principale della scuola rientra dalla finestra. Una volta ho visto complicate formule matematiche, in ottima calligrafia corsiva, che facevano bella mostra sul fondoschiena di un bel ragazzo su una spiaggia nudista della Toscana. Nemmeno fosse utile all’esame di maturità scientifica, perché non si poteva consultare se non facendola vedere al candidato che stava dietro e abbassandosi le brache. Mistero.

Tornando alla scrittura “creativa” che impera nei messaggi sui social e per e-mail, non si contano gli errori ortografici di ausiliari senza H, o di K al posto di c dure, ecc. ecc. Il mio amico insegnante dice che purtroppo bisogna promuovere, anche col minimo, perché queste sono le direttive ministeriali. Ma così gli asini accedono all’università e continuano la loro scalata all’ignoranza e poi possono diventare ingegneri asini, medici asini, insegnanti asini, con una sovrappopolazione equina che ne faremmo anche a meno. Anche all’università, ormai, i direttori dei dipartimenti dicono agli insegnanti di non bocciarne così tanti perché farebbe male al buon nome dell’università… Paradossale.

In questo senso il Merito tanto invocato dal signor Giorgia potrebbe essere un buon metodo. Ma chi si meriterebbe cosa? Non è dato sapere in cosa consiste codesto merito di cui si riempiono la bocca e le carte ammatula (trad. dal siciliano= inutilmente) senza una vera analisi dei problemi dell’apprendimento, dell’origine dei problemi, delle famiglie di origine degli studenti (anche qui è un maschile sovraesteso che però comprende anche le studentesse, che sembra ormai una parolaccia), degli stimoli che vengono dalla tv, dal cinema, dai social e da come affrontarli seriamente con coscienza e competenza. Il problema viene lasciato da sbrogliare agli insegnanti, che poi possono ricevere pure schiaffi e pugni dagli allievi e non li possono toccare, nemmeno per difendersi. Bisognerà accertare, al momento dell’assunzione, che gli insegnanti siano cintura nera di judo in maniera che sappiano mettere a posto gli allievi scalmanati senza far loro del male e soprattutto schivare i colpi provenienti dagli allievi ninja.

Col mio amico insegnante chiacchieravamo ed eravamo concordi che era il berlusconismo la chiave di questo peggioramento parabolico. Più che in altri stati europei la tv commerciale spazzatura ha invaso le case italiane, con programmi demenziali e violenti alla portata di tutti e che mostrassero come anche i mentecatti potevano arrivare in televisione a dire le loro cazzate, accanto al premio Nobel, nei salotti di Costanzo, oppure nelle case del Grande Fratello o alle isole dei famosi, dove ognuno poteva anche insultare gli avversari, sdoganando comportamenti e linguaggi, da parte di persone adulte e celebri, anziché vergognarsene. E fornendo modelli comportamentali ai meno attrezzati criticamente. Sì, Berlusconi e il suo potere mediatico sono stati una delle principali calamità in questo paese. Non è così in Spagna, né in Portogallo, né in Francia, dove mediamente i giovani sono un po’ più educati (tranne che nelle banlieue), lì non ci sono stati dei Berlusconi. In Germania è un po’ diverso, sono più americanizzati e quindi assimilabili alle schiere di ignoranti quali noi stiamo diventando seguendo la scia a stelle e strisce. Ci sarebbe da scrivere molto di più, magari ci possono essere contributi di esperienze dei lettori che possono essere utili alla comprensione di questo sistema complesso che è la crescente ignoranza giovanile.

Senza una coscienza di tutto questo non ci sono speranze di recupero, soprattutto in quelle scuole di quartieri difficili, dove ci sarebbe più bisogno di quel recupero e dove andrebbero assicurate veramente le stesse possibilità di chi nasce privilegiato a chi ne ha meno.

Questo meriterebbero i ragazzi, tutti. Ma per fare questo ci vogliono ministri e funzionari che capiscano la situazione e abbiano coscienza, magari facendo dei blitz in quelle scuole più disagiate, magari facendo vedere che le più alte cariche dello stato pensano a quei ragazzi e alla loro salute fisica e mentale, magari facendo ciò per cui sarebbero giustificati i più che lauti stipendi che percepiscono, pagati da tutti noi. Anche lo stipendio è una questione di merito, alla fine. Quanti ministri dell’istruzione hanno realmente meritato quello stipendio, dopo le riforme agghiaccianti che sono state fatte in nome delle tre “i” o di altre minchiate così, sparate dal cavaliere quando era ancora a cavallo? Ricominciamo tutto dalle scuole elementari, anzi dall’asilo. Ormai i plurilaureati che scrivono “inpiegato” sono irrecuperabili. La cosa ancora più grave è che, anziché metterli alla porta (anche a fare i portieri, un lavoro non si nega mai) li si metta a fare i presidenti della Camera dei Deputati. Signor Giorgia, questo, come tante altre infinite cose, proprio non depone a suo favore.

 

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