Scuola
La valutazione scolastica: degli alunni o dei professori?
Riflessioni di un genitore su come dovrebbe cambiare la valutazione nella suola italiana.
Chi mai fosse interessato a seguire l’attuale dibattito sulla scuola in Italia, si accorgerebbe subito che tutti discutono della “valutazione”, ovvero del giudizio espresso dai docenti sugli studenti, che può essere articolato in modalità differenti. Si parte dal voto numerico (a dir poco sintetico e senza nessun orpello), fino ad arrivare a giudizi più articolati, che possono essere espressi con formule lessicali predefinite (i vecchi “insufficiente”, “sufficiente”, eccetera), che hanno quantomeno il pregio di non ridurre un bambino a un numero, per concludersi con i giudizi intesi come la descrizione (più o meno complessa) del livello raggiunto dagli studenti nelle singole materie, adottando magari delle categorie valutative (tra cui le famose “competenze”, che al momento non commenterò, anche perché non tutti riusciamo a capire cosa siano veramente). Quest’ultimo tipo di giudizi avrebbero il pregio di aiutare lo studente a imparare meglio, e vengono per l’appunto definiti “educativi”.
Su questo argomento – la valutazione – scriverò una serie di articoli, ma la prima osservazione che sono costretta a fare è la seguente: bisogna valutare gli alunni, secondo tutte le modalità che ho già espresso, o bisogna valutare i professori? O forse non varrebbe la pena di valutarli entrambi? L’apprendimento varia in funzione dell’insegnamento, su questo credo che nessuno possa esprimersi contro.
Prendete i piccoli montanari allievi di Don Milani: impararono anche due lingue a testa, tra cui l’arabo, e venivano tutti da famiglie di analfabeti. Don Milani era un insegnante eccezionale, con dei risultati eccezionali. Come si può quindi ritenere che il voto espresso da un insegnante non riguardi anche lui stesso? Come può un insegnante pensare che il suo giudizio su un allievo non rifletta anche in parte le sue abilità come docente, come comunicatore, come ispiratore del desiderio di aumentare le proprie conoscenze?
Eppure oggi, nel dibattito nostrano sulla valutazione scolastica, non si esce dal paradigma secondo il quale il voto o il giudizio sono valutazioni “oggettive” espresse dagli insegnanti sui loro allievi. Nei paesi anglosassoni e nel Nord Europa, le autorità scolastiche non si fanno semplicemente la domanda su come valutare gli studenti, ma si chiedono soprattutto come valutare la qualità dell’insegnamento e quindi gli stessi insegnanti.
Non voglio anticipare l’argomento degli articoli che seguiranno, ma nei paesi moderni, dove si ragiona sulla scuola evitando gli stereotipi italiani che ho già citato, si dà per esempio per scontato che se una classe va male in una determinata materia o magari in tutte le materie, questo può essere dovuto a una serie di fenomeni, tra cui la povertà educativa, ovvero la scuola sorge in un contesto economicamente problematico, dove la povertà ha un effetto negativo sull’istruzione. Ma potrebbe anche verificarsi il caso che qualche insegnante non sia in grado di fare decentemente il suo mestiere (e quindi i suoi studenti abbiano un cattivo profitto). O addirittura che qualche docente il suo mestiere non lo faccia del tutto, nel senso che le scuole italiane sono piene di docenti che in classe si limitano a leggere i libri di testo, senza neanche commentarli.
Ho scritto un libro su questo argomento, “Tutta la vita all’ultimo banco”, edito da Zolfo Editore, in cui ho raccontato come spesso nelle aule italiane non si faccia lezione, ma si sottoponga gli alunni a lunghe ore di lettura “passiva” dei testi scolastici, praticata da docenti che dovrebbero essere cacciati a calci nel sedere fuori dalla scuola. Finora non ho ricevuto denunce, ho solo praticato la libertà di espressione garantita dalla nostra Costituzione.
Ma in Italia è vietato valutare i docenti, anche se in realtà avremmo già gli strumenti per farlo (anche questo argomento lo riserverò agli articoli seguenti). Voglio invece chiudere questa piccante introduzione con il racconto di quanto successe nella classe di mio figlio durante il primo lockdown, seguito alla prima ondata di Covid.
Due professoresse erano letteralmente scomparse per tutta la durata della Didattica a Distanza (la famigerata DAD), e una di loro era riapparsa tre settimane prima della maturità solo con l’obiettivo di mettere il famoso “congruo” numero di voti sul registro. Aveva minacciato di voler interrogare – in più sessioni – i ragazzi su tutto il programma “svolto” durante l’anno (messo anche da loro tra virgolette nell’email che in seguito avevano mandato alla preside), virgolette necessarie perché la professoressa non aveva “svolto” un bel niente, ma era sparita nel nulla. E quando i ragazzi le avevano detto che non sarebbero riusciti a recuperare tutte le interrogazioni che non erano state fatte in precedenza, perché mancavano quindici giorni all’esame di maturità, lei si era messa a urlare come un’aquila.
La sentivo strillare da dietro la porta della camera chiusa di mio figlio, e quando le urla si erano finalmente calmate, gli avevo chiesto quali fossero la ragione di un simile litigio, visto che avevo sentito sia la voce della professoressa che quella dei ragazzi. Lui mi aveva spiegato che l’insegnante voleva poter mettere “almeno” due voti sul registro e poi si era richiuso in camera per scrivere assieme ai suoi compagni un’email che volevano mandare alla preside su quanto era accaduto.
Gli avevo chiesto di leggere l’email che il responsabile di classe aveva poi spedito alla preside (a cui lei naturalmente non ha mai risposto) e che riporto integralmente, perché frutto della scrittura collettiva dei ragazzi, per dare l’idea di quanto fosse stata ragionata la loro missiva, oltre che gentile ed educata nell’esposizione.
Eccola: “Buon pomeriggio, Le scrivo in qualità di rappresentante di tutti gli studenti della classe 5X per informarla di un evento spiacevole accaduto in data odierna durante la lezione con la professoressa XX, che insegna nella nostra classe. In un momento di pausa tra un’interrogazione e un’altra, quando eravamo arrivati alla fine dell’ora, la professoressa ci ha informati di voler fare una nuova verifica su tutto il programma “svolto” fino il 1° giugno (con meno di una settimana di preavviso). Siccome la data della verifica coincide con la data di quando dovremo fornire il titolo e la traccia degli elaborati per la maturità, il rappresentante di classe ha esposto la ragionevole richiesta di poter dedicare i quindici giorni circa che avremo a disposizione per prepararci all’esame di stato (17/06), utilizzando un tono cortese e consono alle regole di comportamento scolastico, ma siamo stati ignorati.
Il rappresentante di classe, cercando di ottenere una risposta, anche solo per poterne parlare più tardi, è stato mutato sulla piattaforma per le lezioni online (Google Meet) dalla Professoressa. A tal punto, siccome il rappresentante non aveva più potere di parola, altri studenti hanno cercato di instaurare una discussione pacifica con la Professoressa, ma questo è stato del tutto vano, finché la Professoressa, perdendo la calma, ha alzato la voce dicendo che voleva continuare le interrogazioni. Così, per rispetto dei compagni che stavano venendo interrogati, abbiamo rinviato la discussione alla fine della lezione.
Dopo aver aspettato la fine dell’ora, abbiamo cercato l’ennesimo confronto e la Professoressa ci ha dato questa risposta: “Portate rispetto a chi vi è superiore!”, e mentre urlava parole indistinguibili, ha abbandonato la chiamata senza averci dato modo di parlare e soprattutto senza aver trovato un accordo.
Tutta la classe si è sempre comportata in modo rispettoso nei confronti dei docenti, penso che tutto il consiglio di classe possa confermarlo. Purtroppo episodi simili sono già avvenuti in passato con la stessa Professoressa, ma mai si era arrivati a una situazione simile. In passato, abbiamo sorvolato su molti di questi eventi, perché conosciamo le problematiche familiari che la Professoressa ci ha riferito confidenzialmente in conversazioni svolte in classe.
Chiediamo di poter avere un confronto verbale umano con la diretta interessata e di riuscire a risolvere questi spiacevoli inconvenienti nella maniera più pacifica possibile.
Cordiali saluti, 5X”.
Ecco, chi dovremmo valutare in un caso come questo? L’insegnante o gli alunni?
Immagino abbiate già capito quale sarebbe la mia risposta.
UNO. È solo una pretesa degli insegnanti che le loro valutazioni siano “oggettive”
DUE. Distorsioni valutative: perchè i voti a scuola sono spesso frutto di pregiudizi
TRE. Fuori i genitori dalla scuola (e dalla valutazione)!
QUATTRO. I genitori devono poter valutare le scuole dei loro figli
CINQUE: L’incubo del registro elettronico
SEI. La continua valutazione degli studenti è solo un supplizio
SETTE: Consigli ai professori sulla valutazione (prima parte)
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