Scuola

La scuola pubblica tira le cuoia e pochi se ne curano

6 Ottobre 2020

Oggi è il 6 ottobre. A Milano e provincia le scuole sono iniziate il 14 settembre. Siamo ormai quasi a un mese dall’inizio. La situazione delle nomine dei docenti è drammatica: solo nella scuola di cui sono presidente del consiglio d’istituto – una scuola pubblica in provincia di Milano che va dall’infanzia alla secondaria di primo grado, per un complessivo di circa 1.600 studenti – mancano decine di insegnanti e di professori. Questi ultimi, tra l’altro delle principali materie quali matematica e italiano.

Un disastro. Una vergogna. Uno scempio. Mitigato solo dallo sforzo di Dirigenti scolastici, corpo docente resistente e personale amministrativo che cerca di raccapezzarsi, in una situazione in cui a pagare sono i bambini e le bambine, ossia il nostro futuro, e le loro famiglie.

La situazione delle nomine, a dire il vero, è pessima ogni anno. A una persona normodotata e in grado di un minimo discernimento viene da porsi una semplice domanda: ma perché le nomine dei docenti per l’anno a venire non si fanno a partire da giugno, ossia quando le scuole finiscono? Davvero non si trovano ragioni valide per questa autentica idiozia, tale per cui le nomine si iniziano a fare nel mese – settembre – in cui le scuole iniziano.

Ma quest’anno la situazione pare, soprattutto in alcuni ambiti territoriali tra cui Milano è il picco, ignobile. Orari ridotti per carenza di organici che si protraggono, con vuoti enormi per la formazione dei nostri figli. Con uno svilimento della scuola pubblica tale per cui anche chi – come il sottoscritto, figlio di maestra di scuola elementare di scuola pubblica e prodotto felice di un percorso formativo integralmente pubblico dalle elementari all’Università (sugli esiti non tocca a me giudicare di me stesso, naturalmente) – convinto sostenitore della funzione democratica, emancipatrice, formativa di piena cittadinanza che risiede nella scuola pubblica, sente un profondo e rabbioso senso di sconfitta.

Sulla pelle della scuola e quindi sulla pelle del futuro del nostro Paese si giocano troppe battaglie che con il nucleo vero della scuola non c’entrano nulla. Non ho voglia di elencarle, sono note a tutti. Così come è noto il progressivo degrado che ci ha portato a oggi e le responsabilità di chi tale percorso lo ha guidato.

Oggi però è tempo di dire basta. I genitori dovrebbero ribellarsi a queste situazioni che pare siano causate da innumerevoli somme di incompetenze e approssimazioni da un lato e da posizioni di responsabilità, come quelle di Provveditore, in cui non si ha a cuore l’interesse generale ma si gioca una misera partita politicante di basso cabotaggio. A Milano, pare, il disastro è tale per queste ragioni.

Insomma, urge alzare un grido di dolore per la nostra scuola. Appellandosi a chi è in posizione di poter incidere sui processi perché provi a fare sentire le voci di chi non ce la fa più. Non solo e non tanto per la dimensione “organizzativa” e familiare, bensì per la dimensione educativa: senza una scuola pubblica che torni a funzionare come “bene comune” la nostra prospettiva esistenziale come Stato – che è già claudicante di suo – sarà agonizzante. E responsabili saremo anche noi che non ci saremo ribellati a questo scempio.

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