Scuola
La scuola, luogo di incontro e di crescita relazionale
“Il nichilista non s’inchina davanti all’autorità di nessuno e non accetta nessun principio, anche se si tratta di un principio cui tutti obbediscono.”
Essere padre oggi. Difficile come essere una madre. Tempo fa, il padre era colui che era dedito al lavoro, il breadwinner, colui che assicurava la sussistenza della famiglia da sfamare e da proteggere con un tetto sul capo. L’educazione dei figli era demandata alle donne; le madri erano coloro che seguivano i figli dalla nascita al loro inserimento nel mondo della scuola, erano insegnanti durante il pomeriggio in quanto li aiutavano a svolgere i compiti pomeridiani che venivano loro assegnati. Erano le madri a mettere i figli in guardia durante il periodo dell’adolescenza, periodo in cui i giovani sfuggono al controllo genitoriale e si affacciano ad un mondo nuovo fatto di nuove conoscenze, interesse per il sesso, la nascita dei primi amori, le prime uscite con i compagni. Le madri erano spesso coloro che nascondevano al padre molto della vita dei figli, cercando di essere complici ed evitare le dure regole che vigevano in famiglia spesso imposte dal genitore maschio.
Oggi, con la fluidità dei ruoli maschio femmina, col nuovo ruolo assunto dalle donne grazie al fatto che sono anch’esse portatrici di un salario, non vi è più una rigida divisione dei ruoli all’interno della famiglia. Il padre è colui che trascorre del tempo con i propri figli, li accudisce, li educa, si fa carico dei loro problemi.
Non è un lavoro facile essere genitori oggi, proprio perché sono venuti meno tutta una serie di codici comportamentali che regolava il rapporto genitoriale. Il genitore, sia padre che madre, abolite le distanze diventa il consigliere del figlio, un suo amico, lo guida nelle difficoltà di un mondo che è sempre più incapace di assumere posture congeniali all’essere umano e fa degli altri uno strumento per raggiungere i propri fini.
Educare non significa adottare un comportamento che si attiene alle buone maniere come orpello, significa, da “educere”, tirar fuori. Questo lavoro di estrazione, che non ha nulla a che vedere con l’appartenenza a un determinato ceto sociale, è un compito che la scuola declina in obiettivi, conoscenze e competenze. A scuola si piantano semi di lealtà, generosità, capacità di appassionarsi al giusto affinché un uomo adulto sappia orientarsi nel mondo utilizzando quanto si è appreso.
La scuola è il luogo dell’onestà, quello in cui non si può mentire difronte ad una lezione non studiata, un luogo dove serietà e rigore sono regole imprescindibili. La scuola è il luogo dell’uguaglianza, quello in cui l’articolo 3 della Costituzione italiana trova il suo terreno d’applicazione, in cui la dignità significa mostrare il proprio viso ogni giorno, recarsi col proprio corpo in un’aula che ci giudicherà persone capaci di buona fede e in grado, o meno, di essere credibili.
La scuola è il luogo della tangibilità in cui avatar e posticci di realtà non hanno accesso, in cui le parole hanno un peso, sono abito mentale che si traduce in un fare che è coerente con quanto si sostiene. E la coerenza non è un visitatore che per caso fa capolino in una classe, è la sostanza che guida scelte e condotte per un anno intero e si ripropone con la stessa forma dopo le vacanze estive. Non va in pausa mai.
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