Scuola
La scuola e la costruzione del sè
“She emanates gravity, the same innocent and elegiac gloom. But this is not about deprived and defeated young girl; this is a calm figure inhabiting her own chosen environment, and showing us a moderate and aimable awareness we may have missed in the noisy thrilling Tokyo”. (description of the Whitegirl below)
Home is where your heart is.
È la scritta riportata su un souvenir a forma di casa che comprai anni fa e che nei momenti in cui mi sento un po’ giù continuo a guardare. Mi ricorda chi sono, da dove provengo, chi voglio essere. Ho lottato una vita intera per migliorarmi e acquisire conoscenze, informarmi, sapere di più su ciò che è oggetto di mio interesse, sia per essere una persona migliore da un punto di vista umano. La mia naturale curiosità mi ha aiutata, ma mi ha aiutato il fatto che a casa sono sempre stata circondata da libri, dal fatto che mio padre dirigesse una scuola. L’istruzione ha sempre permeato la mia vita, non è un caso che sono un’insegnante, non mi sono improvvisata, non ho cercato nella scuola un posto di lavoro che garantisse uno stipendio fisso. Ho scelto di essere un’insegnante continuando un po’ quello che era il lavoro di mio padre e anche se non insegno la sua materia, trovo somiglianze persino nel nostro metodo di lavoro ed approccio con gli alunni.
Per me la scuola è stata una casa, e lo è ancora. Ho sempre creduto nel valore dell’istruzione, nella capacità di un libro di sollevarti l’umore, a volte di salvarti la vita. Credo che l’istruzione sia stata l’arma che ha consentito alle donne di riscattarsi da un mondo che le aveva relegate al solo mortificante ruolo di madre e moglie, che le rendeva funzionali alla procreazione perché anche la politica ha puntato a lungo alla crescita demografica che significava assicurare forza lavoro, soldati da arruolare, e uomini da tenere tranquilli affiancandoli a donne asservite e devote.
Una donna istruita è sempre stata vista come una minaccia all’ordine precostituito. Il fatto che ancora si parli di parità di genere significa che le donne ancora lottano, che ancora cercano un proprio spazio che non sia concesso loro da un uomo come se stesse elargendo un favore.
La logica del favore, quella della mano che lava l’altra, quello dello girarsi dall’altra parte è ancora ampiamente diffusa e come un cancro sembra non riuscire a essere debellata. In un mondo che propina come modelli solo chi riesce ad accumulare danaro speculando sull’altro, che fa del corpo delle donne un motivo di ironia e di scherno, che le mostra come un animaletto in calore che deve corteggiare un tronista – non una sedia qualsiasi, ma un trono perché ancora oggi gli uomini a mò di reali hanno sedute comode – la scuola si pone come argine, come freno dinanzi alla dilagante volgarità ed oscenità che si esercita attraverso parole e immagini.
La scuola propone i sui modelli, non quelli ridotti in scala a mò di plastico, ma quelli che si sono fortificati esercitandosi a stare fermi e dritti sulle sedie anche quando vorresti stare sdraiato su un bel divano a vederti la tua serie preferita, quelli che, l’unico profitto che conoscono è sinonimo di voto e che non ha a che fare col denaro, quelli che non si trincerano dietro scuse, ma comprendono che il sacrificio, l’abnegazione solo l’unico modo per diventare persone leali, capaci, e sicure di sé.
La scuola, quella che ho frequentato da bambina, e quella che in veste diversa frequento adesso, è l’unico baluardo la cui funzione non è mutata nel tempo. Cercare di infondere fiducia, lavorare sulla capacità di scoprire le proprie potenzialità, rafforzarle, consente di formare un’immagine di sé che non può essere scalfita da ciò che gli altri pensano, dicono, raccontano.
Arroccarsi nelle proprie certezze, difendere il proprio territorio come si vivesse in una città fortificata in cui i castelli hanno torrioni da cui stare affacciato a mò di vedetta, ponti levatoi per impedire il passaggio di chi consideriamo pericoloso, fossati per impedire l’avvicinamento, significa continuare a vivere facendo della simulazione la propria regola di vita. La scuola non è un laboratorio in cui sperimentare sui topi gli effetti di un nuovo ritrovato, è un luogo in cui l’etica è il collante che assicura la tenuta di ciò che si va a edificare.
In America lo sport è considerato una disciplina che ha pari dignità delle altre, parte integrante dei programmi di studio, chi mostra doti sportive viene considerato uno studente che eccelle in una disciplina, non un nullafacente. Nella nostra società che scimmiotta l’America solo se si tratta di lanciare catene di fast food, di considerare il neoliberismo e la competizione la molla che spinge l’essere umano a produrre di più, considera ancora lo sport una velleità, un modo con cui una donna che non ha un marito cerca di restare giovane, di usare il suo corpo perché spera che l’avvenenza possa aiutarla a raggiungere i suoi obiettivi che siano di lavoro o di piacere non importa.
Nel mondo dell’online restate in linea chissà che qualche telefono squilli e che una donna curvy si proponga con orecchie a coniglietto come una signorina un po’ attempata di playboy.
In foto: Whitegirl, Angela Di Finizio
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