Scuola
La memoria attraverso la lettura di Simone Weil
Nella settimana dedicata alla memoria, non si può dimenticare una figura gigantesca come Simone Weil che ha lasciato un’impronta profonda nella storia perché dotata di personalità combattiva, che non si è lasciata fermare da una vita che sembrava aver deciso per lei e ha fatto scelte anticonformiste, sopra le righe, calando il suo impegno intellettuale nel reale.
Di origini ebraica Simone Weil, è una bambina dalla salute cagionevole, ma con un forte senso dio compassione per gli umili, gli sfruttati; solidale col sindacato operaio, si unisce al movimento di protesta che la porta in piazza a scioperare contro la disoccupazione e il salario minimo. Rinuncia addirittura al suo lavoro di insegnante per lavorare come operaia alla catena di montaggio.
La sua esperienza nel campo di concentramento di Auschwitz sarà sempre presente, non solo per la perdita dei genitori e del fratello che non ne escono vivi, ma perché la scrittura non riesce ad esorcizzare gli orrori vissuti: i convogli, l’internamento, le baracche, la malattia, il freddo, la mancanza di sonno, la fame, l’umiliazione, i maltrattamenti, le crisi. Niente può, ma niente deve essere dimenticato, se l’unica speranza che resta a chi vive la condizione del campo è quella di trovare quanto prima la morte.
Gli spazi nudi che circondano il campo sono spazi che ossimoricamente pesano, svuotati di senso, colmi di un silenzio che grida vergogna.
Alfred Wiener è un’altra figura significativa, dotato di preveggenza, intuì la direzione che la storia stava assumendo e il pericolo che il fascismo e l’estrema destra antisemitica avrebbe di lì a breve rappresentato. Ne scriveva nel 1919, nel 1925 i fascisti erano ancora considerati come una frangia sovversiva, un gruppo di criminali. Wiener raccolse opuscoli, giornali, oggetti di ogni sorta che servivano a testimoniare l’avviarsi graduale della Germania verso il fascismo
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