Scuola
La lingua del diritto in una scuola di Secondigliano
C’è ‘La buona scuola’, una delle riforme più difformi da quanto dichiarato dai propositi della nomenclatura. È la scuola che ha suscitato polemiche e antipatie da parte di insegnanti costretti a fare valigie per poter salvaguardare e mantenere un lavoro per cui hanno fatto molta gavetta, da parte di chi considera l’alternanza scuola lavoro un modo per ottenere lavoro a costo zero
Poi c’è la scuola buona, quella che ha resistito, nonostante i cambiamenti spesso peggiorativi, alle tante riforme con cui i vari governi susseguitisi hanno cercato di darsi veste nuova all’istituzione, mirando in realtà soltanto a fare cassa. Perché la scuola e l’istruzione, si sa, sono uno dei cardini di ogni società che voglia progredire sebbene poi gli insegnanti percepiscano in Italia stipendi peggiori rispetto ai loro colleghi europei.
Tra i casi di buona scuola, di insegnanti pervasi da spirito di abnegazione perché credono ancora nella possibilità che il cambiamento passi attraverso l’essere umano, risorsa umana, c’è Rachele Tuccillo. Sessant’ anni, di cui ventisei spesi nella scuola, insieme alla sua classe, la quinta A dell’Istituto Comprensivo Sauro Pascoli di Napoli, e al team di docenti che l’ha coadiuvata (Bernardo Ricci, Margherita Russo, Concetta Cino, Giusi Galeone e Patrizia De Riccardis, referente al progetto legalità) è stata una delle vincitrici del progetto didattico – educativo “Vorrei una legge che…”, con cui il Senato della Repubblica, in collaborazione con il ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, si propone di far riflettere i ragazzi su temi a loro vicini nonché sull’importanza delle leggi nel disciplinare la vita quotidiana.
In tempi in cui i tagli delle risorse costringono le scuole a chiedere ai genitori di partecipare alle spese di gestione con il “contributo volontario”, e gli insegnanti, da tempo ormai, a farsi carico dell’acquisto di ciò di cui si necessita, il premio rappresenta il riconoscimento di quanto il lavoro certosino, eseguito in modo silenzioso e che si traduce in ore che vanno oltre quelle previste dalla didattica tradizionale, sia di inestimabile valore.
È un esempio, inoltre, al valore del lavoro svolto onestamente in un quartiere di periferia come tanti dove più che l’intervento di istituzioni regnano spesso incuria ed abbandono.
Traendo spunto dal celebre : “l’essenziale è invisibile agli occhi”, quanto Saint Exupéry fa dire al piccolo principe, ai bambini viene fatta sperimentare la bellezza che oltrepassando l’aspetto puramente estetico, nasce dal valore della condivisione, del lavoro partecipato per raggiungere un obiettivo comune.
Del resto nel capolavoro dello scrittore francese non è la volpe a insegnare al principe che addomesticare significa avere bisogno gli uni degli altri creando legami?
Dalla sperimentazione sul campo alla successiva riflessione sull’importanza delle leggi, sulla necessità di regolamentare la vita di tutti i giorni, incentivando il senso civico e di partecipazione democratica, il passo è consequenziale.
Nell’ultima fase è stato chiesto agli studenti di illustrare usando tutta la loro creatività veri e propri “disegni di legge”.
Tra le emergenze, avvertita come prioritaria è quella del lavoro in un quartiere a forte tasso di disoccupazione. E così la bellezza, che non può escludere la serenità, non può prescindere dal lavoro, unico rimedio alla sconfitta di droga, alcolismo, truffe, scippi, abbandono della propria terra.
Quella di un’immagine pulita, come quella dei tanti cittadini perbene che vi abitano, a dispetto del fatto di vivere in un quartiere difficile alla ribalta delle cronache e a cui Gomorra ha dato eco nazionale, è l’altra necessità che gli studenti sentono come essenziale .
Ancora, gli studenti sentono come essenziale un’ immagine pulita del loro quartiere; vivere in un quartiere difficile alla ribalta delle cronache ha plasmato la loro idea di territorio in maniera negativa.
Da un modo di pensare pulito i bambini fanno consequenzialmente derivare una convivenza pacifica con l’altro diverso da sè, che sia un portatore di handicap o un immigrato, non più guardato con sospetto e diffidenza, ma integrato come persona portatrice di valori e cultura differente, meritevole di essere nutrito, amato, accolto.
Nel lessico utilizzato dai piccoli alunni ricorrenti sono le parole giustizia e rispetto, l’esercizio dei quali è il pilastro dell’arte politica nel racconto che ne fa Platone nel Protagora. Nella narrazione platonica, diversamente dalle altre arti distribuite agli uomini in modo che ciascuno ne possedesse una da mettere a disposizione degli altri vicendevolmente, Ermes, dietro ordine di Zeus, assegna rispetto e giustizia a tutti affinché ciascuno possa partecipare al loro esercizio.
È quest’ idea di legge nutrita di giustizia che anima i pensieri e i disegni dei piccoli alunni, una legge capace di espandersi, rompere gli argini dei confini che, delimitando, amplificano le disuguaglianze e lo sfruttamento.
Se l’articolo 3 della nostra Costituzione repubblicana enuncia il principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, il principio di differenza è imprescindibile dall’idea di giustizia sociale. Nei “disegni di legge” proposti dai bambini, perciò, eque e giuste sono quelle leggi che riconoscono delle priorità a persone portatrici di handicap.
Le parole uguaglianza e libertà, che nella Neolingua orwelliana rappresentano il pericolo maggiore in quanto capaci di abbracciare una vasta area semantica fatta di democrazia, morale, giustizia, tanto da costituire uno psicoreato, diventano per i bambini i pilastri su cui progettare una società giusta, egualitaria, solidale.
Anche il luogo in cui sperimentare rapporti sani è immaginato come un posto in grado di offrire aria salubre non inquinata dai rifiuti e gas di scarico. Un luogo dove predomina il verde dei parchi in cui poter giocare in libertà, adottando comportamenti eco sostenibili.
Avvicinare i ragazzi alle istituzioni e coinvolgerli nell’esercizio delle funzioni che saranno chiamati a espletare in quanto cittadini, è una tappa fondamentale per la crescita civica. Così il 15 Aprile, i piccoli alunni guidata dal dirigente Piero De Luca e accompagnati dai loro insegnanti, hanno partecipato alla cerimonia di premiazione sedendosi sugli scanni di Palazzo Madama e incontrato Pietro Grasso. Quest’ultimo ha tra l’altro ricordato oltre alla necessità dell’esistenza delle leggi, l’importanza della consapevolezza intesa come conoscenza delle regole che stabiliscono i diritti e i doveri di cui ciascuno è depositario al fine di evitare abusi e soprusi. Quella consapevolezza, insomma, che rende cittadini liberi, e a cui lo studio, strumento essenziale di autorealizzazione, prepara.
Se avere i piedi ben piantati a terra è necessario, è la fantasia che riesce a immaginare ed è creativa e ugualmente importante. Così passare in rassegna i vari progetti di legge dei piccoli è stato, secondo quanto lo stesso Grasso ha affermato, un lavoro arricchente per gli adulti perché dà coraggio e speranza nel cambiamento.
Il testo con cui gli alunni hanno partecipato al concorso termina con una foto di classe in bianco e nero che li ritrae nelle varie fasi di lavoro. La speranza è che il futuro di ciascuno di loro, nati in una città ed un quartiere difficile, si possa tingere di “mille culure”, come canta Pino Daniele, e che “a voc re criatur che saglie chianu chianu” sia un monito per noi adulti a non aspettare “a ciorta”, ma adoperarsi a realizzare un mondo migliore a misura delle idee, delle aspettative, dei sogni di un bambino.
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