Scuola
Il ritorno claustrofobico della scuola in presenza
“Colui che apre la porta di una scuola chiude una prigione”
Si è tanto criticata la DaD, c’è chi ha manifestato per un ritorno in presenza per svariati motivi, tutti giusti: che la scuola è relazione, che stare seduti dinanzi un pc è alienante, che le connessioni sono altalenanti, che il feedback non è immediato, anzi a volte sembra che il medium del pc rappresenti un ostacolo alla capacità di trasmissione del messaggio, che solo in Italia la scuola in presenza ha avuto una battuta d’arresto e, infine, che se le scuole di primo grado, e quindi bambini piccoli, hanno continuato per un lungo tempo a lavorare in presenza, non si capisce, quindi, il perché non si dovesse ricominciare in presenza anche nelle scuole secondarie di secondo grado.
Lunedì, anche in Campania, i cancelli delle scuole sono stati riaperti con una didattica mista, la cosiddetta DiD, che a me pare più l’acronimo di didattica istituzionale domestica perché in classe pare sia proprio quello a essere diventato il ruolo del docente.
Dotato di superpoteri, il povero docente è presente sia fisicamente in classe che a distanza a casa, deve rilevare presenze guardando la classe riunita dinanzi a sé, e quella che sullo schermo si affaccia. Non ho usato a caso il termine affacciarsi, perché alle solite problematiche della didattica a distanza si aggiunge ora il problema che l’insegnante è dotato di mascherina, cosa che rende difficile la reciproca comprensione in presenza, figuriamoci a distanza.
Il resiliente docente, inoltre, deve stare attento qualora qualcuno venga meno alla lezione online perché i problemi di connessione lo hanno espulso dalla classe virtuale e, contemporaneamente, stare attento che in classe nessuno abbia tolto la mascherina, si sia alzato riducendo la distanza imposta dalle leggi sulla sicurezza del protocollo Covid, o che abbia concesso a un secondo alunno l’andata in bagno quando l’altro non è ancora rientrato.
Il fantozziano docente, inoltre, è costretto a portare da casa il suo pc portatile e collegarlo con i propri dispositivi personali, o per collegare il proprio computer o tablet allo schermo, deve comprare il cavo HDMI.
Del resto non si tratta di cifre esose, basta fare un nuovo contratto con qualche compagnia telefonica che prevede giga illimitati, di cavi ce ne sono a prezzi più disparati, alternativa lasciare che gli studenti rimasti a casa facciano un po’ di vacanza.
Ma il tanto vituperato docente, quello che ha tante ferie, lavora per mezza giornata e per antonomasia fa poco, del resto è abituato a comprarsi anche le mascherine perché a lui non vengono fornite in dotazione.
Del lavoro gratis è sempre stato abituato a farlo, i coordinatori, in particolare, negli ultimi anni e ancor di più con lo smart working, sono stati incaricati di mansioni enormi, e un carico di responsabilità eccessivo -tra cui quello di gestire da soli gli incontri scuola famiglia, oltre al già continuo contatto con genitori che a lui fanno normalmente riferimento- hanno una “ricompensa” minima a fine anno; si assumano, cioè, una responsabilità indeterminata senza un pagamento quantificabile.
Nella scuola, dopo l’approvazione della 107 voluta da Renzi, non vi è l’obbligo, come in ogni pubblica amministrazione, di rendere trasparente le voci di spesa, le rappresentanze sindacali sono figure quasi trasparenti, per essere più combattivi sarebbe necessario che fossero lavoratori esterni all’istituzione scolastica.
Poiché, inoltre, lavoro del docente è anche quello di saper cogliere gli umori degli alunni con i quali si relaziona, pare che questo ritorno in un clima quasi militaresco in cui la possibilità di rapportarsi al compagno è ormai venuta meno, renda stanchi e scocciati anche loro.
Il ritorno a scuola avrebbe avuto senso in una situazione di normalità, la maggior parte dei docenti ha un’età media di sessant’anni e il clima che si respira in questi giorni a scuola sembra essere quello della pubblicità di Tornatore, in cui quella plastica che separa le persone è sintomatico di un rapporto freddo e artificiale.
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