Scuola

Il futuro della scuola è l’apprendimento

12 Gennaio 2021

A febbraio sarà un anno. Dodici mesi in cui gli studenti e i loro insegnanti, soprattutto di università e licei, si sono separati.
Niente più lezioni frontali. Niente più socialità. Nessuna interazione diretta. Niente più interrogazioni e compiti in classe. Da quasi un anno dentro le scuole gli insegnanti hanno abdicato, giocoforza, al rapporto con i loro studenti. Il Covid, e le contromisure adottate da un Parlamento la cui formazione culturale è tra le più approssimative che la storia ricordi, hanno prodotto questo isolamento sociale.
Di più: l’apprendimento si è ridotto di oltre il 30% ( dati del Sole 24 ore) e si sta alzando la soglia di abbandono scolastico in Italia e in Europa.
In una recente aula di formazione, organizzata da una nota società milanese che si occupa proprio di formare all’apprendimento, è emerso che i primi ad essere preoccupati della capacità d’apprendimento dei ragazzi sono, guardo il caso, gli insegnanti.

Mauro Cantoia, formatore e docente dei docenti, si occupa di fare proprio questo: sostenere gli insegnanti in questo percorso di formazione, affinché adottino delle metodiche a supporto della capacità cognitiva dei ragazzi, e perché facciano proprie anche le soft skills per insegnare come stare in aula, come aiutare gli studenti a seguire le lezioni. Tanto più oggi che in aula non è possibile andarci.

Se un docente possiede le tecniche per incuriosire uno studente e per insegnare a essere attratto dallo studio, tanto da innamorarsene; se cioè un professore possiede uno strumento per far si che lo studio in sé diventi un modo per generare nello studente il piacere di stare sui libri, di apprendere da qualunque cosa lo appassioni, anche fuori dal percorso scolastico, allora un insegnante sarebbe in possesso di un passepartout. Ovvero del segreto nascosto con cui accompagnare la crescita intellettuale, culturale e morale di un ragazzo o di una ragazza. Un tributo che potrebbe contribuire alla crescita di una collettività, alla sua dirittura etica e alla sua competenza professionale.

Secondo Mauro Cantoia, “Con la società per cui lavoro, siamo riusciti a entrare a far parte dei progetti del Miur per insegnare i metodi di formazione all’apprendimento, agli insegnanti. Affinché li trasferiscano agli studenti. In questo modo l’intera filiera didattica e culturale muta pelle. Se insegniamo ai nostri figli ad innamorarsi dello studio, stiamo cominciando a cambiare il mondo: a partire da quello della scuola”.

Aggiunge la professoressa Letizia Andreozzi, che insegna matematica in una scuola media a Catania, all’Istituto Malerba: “Con l’utilizzo delle mappe mentali (uno degli strumenti messi a disposizione dei docenti, da parte di questa scuola di formazione all’apprendimento) ho scoperto che i miei studenti hanno completamente cambiato la capacità di apprendere. Ho fatto anche una prova testando due studenti in un due momenti dell’anno. A distanza di quattro mesi dalla prima interrogazione, i ragazzi con uno semplice sguardo alla mappa mentale, hanno saputo ripetere per intero la lezione”
Un tool di notevole rilievo, considerando che si sta testando il superamento della diade ‘sottolinea e ripeti’, che per anni si è tradotta da una generazione ad un’altra. È anche un importante innalzamento del livello cognitivo individuale, in cui si declina il principio scientifico di capire come pensa il pensiero in modo soggettivo.

Non solo quindi una scuola di apprendimento, ma un modello scientifico che cambia la qualità della vita delle persone e che connette il mondo dello studio a quello del lavoro. Le soft skills infatti diventano un’arteria importante, che pompano il sangue della cultura nel cuore del mondo del lavoro. Non solo la parte ‘hardware’ delle competenze conta infatti in un contesto professionale, ma anche le soft skills individuali, come la gestione dei rapporti, l’ascolto dei problemi, la resilienza, la gestione dello stress. È quanto accade, del resto, pure ad un docente in aula. “Una cosa è farsi capire e ascoltare tra i ragazzi seduti nelle prime fila,un’altra arrivare a quelli in fondo all’aula”

Il mondo della scuola cambia se si ascoltano i bisogni dei professori, prima di tutto. Soft skills,appunto. E se si appronta un hardware nella capacità cognitiva dei ragazzi,fornendo un file in grado di rendere più veloce ed efficiente la loro capacità di apprendere.

Ecco un breve brano dell’intervista condotta con la professoressa Letizia Andreozzi

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